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14.12.2024

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L’altra letteratura. Perchè Peguy oggi?
28 Settembre 2014

L’altra letteratura. Perchè Peguy oggi?

Socialista, convertito al cattolicesimo, tradizionalista, patriota. Profeta disperato del malessere spirituale moderno. Comprese che la scomparsa della tradizione, il declino della religiosità, la miopia dei chierici e intellettuali e la decomposizione della famiglia avrebbero condotto alla desolazione
“Non ci sono precedenti. Per la prima volta nella storia del mondo le potenze spirituali sono state ricacciate, risospinte tutte insieme non dico dalle potenze materiali ma da una sola potenza materiale che è la potenza del denaro [ … l per la prima volta nella storia del mondo il denaro è padrone senza limiti e senza misura; [… l; per la prima volta nella storia del mondo il denaro è solo davanti a Dio. [ …] l È un cataclisma così nuovo, un evento così mostruoso, un fenomeno altrettanto fraudolento, come né più né meno se il calendario si mettesse a essere l'anno in persona [ … ]. Di qui è venuta l'immensa prostituzione del mondo moderno. Non viene dalla lussuria: viene dal denaro; viene da questa universale interscambiabitità”
 
La deriva del mondo moderno
Così scriveva Charles Péguy. Ecco un
campione della sua prosa vibrante, della sua tempra di intellettuale impegnato; che si concordi o no con la disamina (la pagina è tratta dalla Nota congiunta su Cartesio e la filosofia cartesiana, scritta nel 1913 ma uscita postuma), si può almeno apprezzare l'apparentemente orgogliosa umiltà di "un testimone qualificato della verità. Un bandito da ogni società", come lo definiva von Balthasar.
Difatti, oggi Péguy sarebbe l'esatto opposto dell'individuo tipico dell'Europa dell'euro e del Trattato di Lisbona. Perché amava il bello della vita senza essere edonista, non si concedeva alcuna auto­ gratificazione per concedersi, al contrario, all'azione politica, e prendere a cuore la sorte dei ceti inferiori della società (lui, intellettuale "socialista" e "anarchico" era a sua volta figlio di un falegname e di una impagliatrice di sedie di Orléans). Perché, pur vivendo nella Belle Epoque, non credette mai nel potere salvifico del "progresso": anzi, invitava a mettere i sistemi al servizio degli uomini, non viceversa. Ma ciò che lo fa opposto all'uomo-medio di questo 2014 è aver accusato la mentalità moderna di barare.
"Subito dopo di noi comincia il mondo che noi abbiamo chiamato e continueremo a chiamare il mondo moderno [ … ]: il mondo delle persone che non credono più a niente, neppure all'ateismo, che non si danno, non si sacrificano mai. Precisamente: il mondo di quelli che non hanno una mistica. E se ne vantano». Così scriveva a chiare lettere, nel saggio La nostra giovinezza, uscito nel 1910.
 
La fede ritrovata
Da che pulpito veniva la predica? Da nessun pulpito. Péguy fu scrittore disarmato anche se si schierò a favore di Dreyfus nel celebre "affaire"; fu editore in proprio di una rivista da lui redatta per intero e sostenuta solo dagli abbonamenti, e padre di famiglia. Per trovare uomini della sua stoffa, occorre cercare nel folto e non accontentarsi delle apparenze. Riapriamo dunque i libri péguiani, liberi da indebite letture strumentali: adesso che nessuno sa che, dopo morto, egli fu annesso tra i precursori del fascismo (cfr. Enciclopedia Italiana, voI. XIV, 1932, p. 848; voce redatta da Evola e Gentile ma firmata da Mussolini).
Nel settembre del 1908, quando una malattia al fegato lo costrinse a letto per settimane, Péguy provò la sensazione di essere giunto alla fine. L'amico J. Lotte annota una loro conversazione: «L'ho trovato prostrato, esaurito [ … ]. Mi ha parlato del suo sconforto, della sua fame di riposo [ … ]. Ad un certo punto si alzò sul gomito, con gli occhi pieni di lacrime: "Non ti ho detto tutto [ … ] ho ritrovato la fede [ … ] sono cattolico"». Accettare senza pudori la propria debolezza, vivere la precarietà totale come dono di Dio, sentir germinare la speranza proprio nel punto più buio, fanno della sua biografia un esempio per l'uomo contemporaneo.
Anche per artisti o pensatori: ricordiamo che nel 1897 Péguy pubblicò la piece teatrale Giovanna D'Arco, completamente ignorata da pubblico e critica, il cui testo vendette appena una copia. Sarà così anche col monumentale poema intitolato Eva e composto di oltre 11.000 versi: della prima edizione, se ne vendette soltanto uno.
Tutto l'operare si fondava dunque sulla pubblicazione della rivista "Cahiers de la Quinzaine": per tredici anni, dal gennaio 1900, uscì ogni quindici giorni, per un totale di 229 numeri. Lì è la miniera dove ancora oggi scavare per trovare pietre preziose come: il Dialogo della storia con l'anima carnale (Véronique) o il Dialogo della storia e dell'anima pagana (Clio) o lo stupendo Portico del mistero della seconda virtù, o anche Il mistero dei santi innocenti. C'è anche la pagina del «lavoro ben fatto», nel saggio Il denaro (1913).
Sono opere-poemi in cui lirica e pensiero e atto sacramentale vanno insieme, alla maniera medioevale, in pieno Novecento. Niente male per un francese qualunque, nato nella dolce campagna della Beauce da un padre falegname e da una madre che dovette imparare un mestiere quando divenne precocemente vedova (il piccolo aveva solo undici mesi): sarà la nonna materna a insegnare al bambino a parlare in francese, a lavorare a mano la paglia; lei gli narrò oralmente le storie della tradizione contadina. Forse proviene da lì il ritmo inconfondibile della poesia péguyana, che Giovanni Casoli ha definito «un respiro riposante». Poi, però venne la guerra, e Péguy partì per il fronte.
 
Il vero avventuriero? Il padre di famiglia
Riferiscono le testimonianze che il sottotenente Péguy, mentre era di stanza con altri soldati in trincea nelle vicinanze di un convento, abbia passato la notte prima di morire a raccogliere fiori da mettere ai piedi di una statua della Madonna. Da anni compiva a piedi il pellegrinaggio a Chartres per chiedere grazie alla Vergine Maria. Il mattino dopo, 5 settembre 1914, una pallottola lo colpì mentre si trovava alla testa del plotone, nei pressi di Villeroy, primo giorno di battaglia dell'offensiva sulla Marna.
Bella anche la sua desolante definizione del nostro tempo presente, quello della «rinuncia di tutto il mondo a tutto il cristianesimo».
Da conoscere, infine, le pagine sul padre di famiglia: «C'è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moderno: è il padre di famiglia. Gli altri, i peggiori avventurieri non sono nulla, non lo sono per niente al suo confronto. Non corrono assolutamente alcun pericolo, al suo confronto. Tutto nel mondo moderno, e soprattutto il disprezzo, è organizzato [ … ] contro l'audace, contro l'uomo che ha tale audacia, avere moglie e bambini, contro l'uomo che osa fondare una famiglia. Tutto è contro di lui. Tutto è sapientemente organizzato contro di lui. Tutto si rivolta e congiura contro di lui. Gli uomini, i fatti; l'accadere, la società; tutto il congegno automatico delle leggi economiche. E infine il resto. Tutto è contro il capo famiglia, contro il padre di famiglia; e di conseguenza contro la famiglia stessa, contro la vita di famiglia. Solo lui è letteralmente coinvolto nel mondo, nel secolo. Solo lui è letteralmente un avventuriero».
Così, nella nostra epoca di decadenza in piena Europa dell'euro, le inquietudini provate cento anni fa dal Péguy socialista, dreyfusardo, convertito al cattolicesimo, tradizionalista, patriota, indicano un sentiero: secondo il filosofo parigino Alain Finkielkraut, egli fu un «profeta disperato» del malessere spirituale moderno. Animo perennemente insoddisfatto, sempre alla ricerca di una verità più grande di quella della scienza e dell'ideologia, e non limitata all'orizzonte della storia e del sapere umano. Le sue intuizioni: che il nazionalismo avrebbe portato alla prima guerra mondiale, che la scomparsa della tradizione, il declino della religiosità, la miopia di chierici e intellettuali, la decomposizione della famiglia, avrebbero condotto alla desolazione, sono imprescindibili per chiunque voglia "agire contro" la crisi di oggi.
Con vigore dolce, alla Péguy, poiché «Noi ci dobbiamo salvare insieme. Noi dobbiamo arrivare presso il buon Dio insieme. Che cosa direbbe se arrivassimo da lui, se arrivassimo a casa senza gli altri?» .•

Per saperne di più…
Chartes Péguy, Lui è qui, Bur, 1997.
Charles Péguy, Véronique. Dialogo della storia e dell'anima carnale, Piemme, 2002.
AA.W., Ciò che conta è lo stupore, San Paolo, 2001.
Giovanni Casoli, Presenza e assenza di Dio nella letteratura contemporanea, Città Nuova, 1995.

 
Il Timone – Settembre/Ottobre 2014

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