È stato uno dei primi apologeti. Aveva tre fondamentali obiettivi: respingere le calunnie, smascherandone la falsità; far emergere l’assurdità e l’immoralità delle dottrine e della vita dei pagani; mostrare che solo il cristianesimo rivela l’intera verità
Ci sono alcune impressionanti somiglianze fra le condizioni nelle quali si trovarono a vivere le comunità cristiane delle origini e quelle in cui esse vivono oggi.
La nascita dell’apologetica
Il celebre studioso Johannes Quasten, nella sua grande opera intitolata Patrologia, così descrive la situazione dei cristiani del II secolo: «Tra la plebaglia circolavano pettegolezzi e calunnie molto grossolane. Lo Stato considerava l’adesione al cristianesimo come un delitto capitale contro il culto ufficiale e la maestà dell’imperatore. Il giudizio illuminato dei dotti e l’opinione delle classi colte condannavano del pari la nuova religione come una minaccia incessantemente crescente per il dominio di Roma sull’universo». In quel contesto così difficile, ai cristiani si impose un’esigenza nuova: di fronte all’aumentata aggressività del paganesimo essi dovettero infatti difendersi e difendere la loro fede.
Nacque così la letteratura apologetica, che ebbe tre fondamentali obiettivi: respingere le calunnie, smascherando la loro falsità e dimostrando che il cristianesimo possedeva una forza positiva e salvifica; far emergere l’assurdità e l’immoralità delle dottrine e della vita dei pagani; mostrare con chiarezza l’insufficienza della cultura classica, incapace di giungere a quella verità che, invece, il cristianesimo aveva pienamente rivelato.
Cenni biografici
Tra i primi scrittori che si cimentarono con successo in questo delicato e importante compito, va ricordato San Giustino martire, autore di due famose Apologie, sulle quali soffermerò la mia attenzione.
Nato a Flavia Neapolis, l’antica Sichem, in Palestina, intorno all’anno 100, egli si dotò di una notevole cultura, soprattutto in campo filosofico, e nel 130 circa si convertì al cristianesimo, ricevendo il battesimo. Verso il 150 scrisse la Prima Apologia, dedicandola all’imperatore Antonino Pio. Qualche anno più tardi compose il Dialogo con Trifone, nel quale sostenne che Cristo rappresenta l’autentico compimento dell’Antico Testamento. La Seconda Apologia, diretta al senato di Roma, risale agli anni finali della sua esistenza, che si concluse probabilmente nel 165, a motivo della condanna a morte comminatagli dall’autorità romana al tempo dell’imperatore Marco Aurelio.
La Prima Apologia
Nella parte iniziale della Prima Apologia Giustino si rivolge direttamente ad Antonino Pio affinché si interessi in prima persona delle vicende dei cristiani, senza lasciarsi condizionare dalle dicerie e dalla faziosità dei molti che tramano contro di loro. Poi, l’autore passa a denunciare con forza le gravi irregolarità che caratterizzano i procedimenti giudiziari contro i cristiani, nei confronti dei quali vengono mosse accuse del tutto infondate: in realtà i seguaci del Vangelo non sono atei come si vorrebbe far credere, né si comportano in modo malvagio come alcuni asseriscono: la loro fede e, in particolare, il timore che essi hanno del castigo eterno, li dissuadono dal compiere azioni cattive e riprovevoli. Giustino dedica la parte più ampia della Prima Apologia all’accurata descrizione della dottrina cristiana e all’esposizione dei validissimi motivi per i quali essa è meritevole di essere accolta e vivamente approvata. Respinta l’accusa di ateismo, il grande apologeta afferma che i cristiani venerano il vero Dio, cosa che li conduce a vivere un’esistenza all’insegna delle più alte virtù, prime fra tutte la castità e la carità. Essi, poi, si oppongono al male facendo il bene, perché a loro è richiesta la coerenza tra fede e vita, che rappresenta la prova migliore della loro autentica appartenenza a Cristo. Da tutto ciò discende una conseguenza importantissima: attenendosi a quelle regole, i cristiani diventano anche cittadini esemplari. Inoltre, la nuova religione insegna che l’anima è immortale e che ci sarà la resurrezione dei corpi, perché niente è impossibile a Dio.
Giustino si preoccupa di dimostrare la superiorità del cristianesimo rispetto alle credenze, alla sapienza e ai miti pagani, e, a questo riguardo, non può fare a meno di denunciare la grave ingiustizia che viene perpetrata ai danni dei seguaci del Vangelo: infatti essi soli sono perseguitati, mentre si permette qualunque altro culto, per quanto strampalato e immorale sia. I cristiani, a differenza di molti, stanno alla larga da riti e costumi corrotti, eppure vengono puniti: questo è davvero intollerabile, afferma Giustino.
Il santo martire si sofferma a lungo a dimostrare che Gesù Cristo rappresenta il compimento delle antiche profezie: anche la sua nascita verginale era stata predetta, come pure la sua venuta alla luce nella città di Betlemme. I profeti avevano prefigurato persino il suo nascondimento, le sue sofferenze, la sua vittoria e il suo regno eterno: ognuno di questi eventi si è avverato e i cristiani hanno ottime ragioni per adorare Cristo Re. La profezia – chiarisce Giustino – niente ha a che vedere con il fato: i cristiani non sono fatalisti, ma credono nella libertà, soprattutto per ciò che riguarda le responsabilità morali che ciascuno ha di fronte a Dio e al prossimo. Non v’è dubbio – egli prosegue – che nell’antica sapienza si possano riscontrare semi di verità, ma è altrettanto certo che la pienezza di tale verità si sia realizzata soltanto con la venuta nel mondo del Figlio di Dio: Egli è il centro della storia. Anche Platone, che agli occhi di Giustino è il più importante di tutti i filosofi pagani, non ha compreso fino in fondo le profezie veterotestamentarie; anche se ben più gravi sono le distorsioni indotte dai demoni che hanno ingannato poeti e scrittori che hanno raccontato favole false e pericolose. Giustino descrive i sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia e sottolinea il valore della festa domenicale; infine conclude il suo scritto chiedendo di nuovo giustizia per i cristiani ingiustamente perseguitati.
La seconda Apologia
Nella Seconda Apologia, il Santo martire prende spunto dalla tragica decapitazione di tre cristiani uccisi in odio alla loro fede e ribadisce la convinzione che quelle che vengono mosse contro i credenti in Cristo sono soltanto calunnie infondate: in realtà, i cristiani vengono perseguitati su istigazione dei demoni, che tuttavia Cristo sconfiggerà immancabilmente. I cristiani sono persone buone e virtuose, mentre è proprio la condotta dei pagani che lascia alquanto a desiderare.
Certo – ripete Giustino – la cultura precristiana ha intravisto qualche traccia della verità, ma la pienezza di essa è stata rivelata soltanto nel Vangelo di Gesù. E termina la sua appassionata Apologia con la seguente invocazione: «Preghiamo che tutti gli uomini indistintamente siano fatti degni della verità e ci auguriamo ardentemente che anche voi, come pietà e filosofia richiedono, e per il vostro stesso interesse, giudichiate con giustizia».
Ricorda
«Nel complesso la figura e l’opera di Giustino segnano la decisa opzione della Chiesa antica per la filosofia, per la ragione, piuttosto che per la religione dei pagani. Con la religione pagana, infatti, i primi cristiani rifiutarono strenuamente ogni compromesso. La ritenevano idolatria, a costo di essere tacciati per questo di “empietà” e di “ateismo”. In particolare Giustino, specialmente nella sua prima Apologia, condusse una critica implacabile nei confronti della religione pagana e dei suoi miti, considerati da lui come diabolici “depistaggi” nel cammino della verità. La filosofia rappresentò invece l’area privilegiata dell’incontro tra paganesimo, giudaismo e cristianesimo proprio sul piano della critica alla religione pagana e ai suoi falsi miti».
(Benedetto XVI, Udienza del 21 marzo 2007, reperibile su www.vatican.va ).
Per saperne di più…
Giustino, Le due apologie, Edizioni Paoline, Milano 2004.
Johannes Quasten, Patrologia, Marietti, 1980, vol. I, pp. 175-194.
IL TIMONE N. 121 – ANNO XV – Marzo 2013 – pag. 32 – 33
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