Il successo di un metodo per rivitalizzare comunità cattoliche in crisi, elaborato da don Pigi Perini, che dalla Basilica di Sant’Eustorgio a Milano si è diffuso in tutto il mondo
Che sia necessario tempo, anche molto tempo per capire le virtualità di un Concilio è una cosa che si dice spesso, guardando alla storia della Chiesa. Di fatto, di sorprese che rimandano alle vie misteriose dello Spirito negli ultimi 50 anni ce ne sono state numerose. Tanto per citarne alcune: il Concilio Vaticano II, che pure aveva insistito sul ruolo dei laici, non aveva previsto la nascita dei movimenti e il loro protagonismo negli anni a venire; per quanto riguarda l’ecumenismo, il dialogo con il mondo protestante che avevano in mente i padri conciliari era rivolto al luteranesimo e alle Chiese storiche della riforma, che nel frattempo si sono liquefatte; sfuggiva la marea montante del rinnovamento carismatico o pentecostale, che avrebbe diffuso forme e stili di cristianesimo nuovi; sfuggiva anche il cedimento che stava per manifestarsi delle parrocchie, almeno in Occidente: colpite dalla secolarizzazione, dallo scadimento liturgico, da una generale crisi di identità. Quello delle “cellule parrocchiali di evangelizzazione” lanciate da don Piergiorgio Perini a livello internazionale è un caso paradigmatico, che racchiude in sé tutte queste novità.
Un prete che non si rassegna
Don Pigi, come lo chiamano tutti, nato nel 1931, è un prete dell’arcidiocesi di Milano a cui nel 1977 viene assegnata la parrocchia di Sant’Eustorgio, che fa perno sulla Basilica omonima. La chiesa sorge sul luogo in cui secondo la tradizione Barnaba battezzò i primi cristiani di Mediolanum e la sua fondazione viene attribuita appunto a Eustorgio, vescovo tra il 344 e il 350 d.C. Si tratta del memoriale in pietra della primissima evangelizzazione, che iniziò come un granello di senape in una metropoli pagana e nel giro di tre secoli la trasformò in uno dei fari della Chiesa universale: basti pensare alle figure di Ambrogio e alla conversione di Agostino.
Dopo otto anni da parroco don Pigi però non è contento. Non si rassegna a vedere la vita della comunità che perde di tono, come i muscoli di un atleta che invecchia, la parrocchia che pian piano diventa un semplice distributore di servizi ecclesiali. E da buon prete ambrosiano non riesce a starsene con le mani in mano. La scintilla arriva nel 1986, quando legge su una rivista americana, The New Covenant, un articolo il cui titolo dice tutto: “Parish on flame”, parrocchia in fiamme. Parla della rinascita di una parrocchia in Florida, a Pembroke Pines per la precisione, guidata da padre Michael J. Eivers. Costui era un sacerdote che, alle prese con un’esperienza simile a quella vissuta da don Pigi, all’inizio degli anni ’80 si era guardato intorno ed era andato fino in Corea, attirato dalla metodologia di quella che oggi è considerata la più grande “chiesa” pentecostale del mondo, la Yoido Full Gospel Church, fondata dal pastore David Yonggi Cho. Il motore di quella realtà era e resta l’evangelizzazione tramite “cellule”: unità di credenti che si fanno forza tra loro, che nella preghiera comune e nel confronto settimanale tengono viva la fede e lo slancio missionario negli ambienti che frequentano: famiglia, amici, posto di lavoro. Eivers era quindi tornato in patria e aveva iniziato a organizzare cellule anche fra i suoi parrocchiani. Don Pigi nell’86 va in Florida e torna a Milano facendo la stessa cosa. O meglio, prima pensa a una proposta di cui aveva constatato l’efficacia sul campo: l’adorazione eucaristica.
La medicina dell’adorazione
A Pembroke Pines l’adorazione si teneva ogni giorno, dalle 6 di mattina fino a mezzanotte. Don Pigi inizia organizzando due giorni di adorazione, non senza un filo di scetticismo: rimanere in ginocchio per un’ora o più davanti all’Eucaristia non è chiedere troppo a persone che hanno perso l’abitudine a pregare anche prima di addormentarsi la sera? La risposta è invece sorprendente e già dopo poche settimane si passa all’adorazione quotidiana. È quello, racconterà il sacerdote, il momento di svolta verso un cammino di nuova evangelizzazione (già questo dovrebbe far riflettere: quanti nel dopo Concilio hanno snobbato l’adorazione eucaristica alla ricerca di innovative quanto vacue offerte pastorali…).
Subito dopo arrivava la proposta delle cellule, che ha la semplicità delle idee geniali, ovvero costituire gruppi piccoli, che si ritrovano settimanalmente a casa di uno degli affiliati per un incontro cadenzato su alcuni punti essenziali: canti e preghiera di lode, condivisione di quello che il Signore ha fatto nella vita di ognuno e di ciò che ognuno nell’ultima settimana ha fatto per il Signore, ascolto di una meditazione registrata del parroco, avvisi e informazioni su quello che si muove nella comunità parrocchiale, preghiera di intercessione per gli assenti e preghiera di guarigione per le difficoltà di uno dei presenti.
«La Chiesa esiste per l’evangelizzazione»
Se un nodo mai completamente risolto, quando movimenti o associazioni entrano in una parrocchia strutturata, è il “conflitto di interessi” che si crea, con le cellule di evangelizzazione il problema non si pone: il loro fine è di essere a servizio della parrocchia e non di se stesse. L’ascolto della parola del parroco durante gli incontri, e quindi il riconoscimento del suo ruolo pastorale, ne è un segno. Questo avviene anche con la cosiddetta evangelizzazione dell’oikos, che in greco sta per “casa”, cioè la testimonianza portata negli ambienti della vita quotidiana: è un’irradiazione di fede le cui ricadute arricchiscono le cellule, con l’arrivo di nuovi membri, e quindi la vita parrocchiale.
Nell’impostazione delle cellule ci sono due tratti che rimandano a un’origine pentecostale, ma che debitamente inquadrati diventano naturaliter cattolici: l’attenzione posta sulla leadership, sul ruolo e la formazione appunto dei leader a cui è affidata la responsabilità delle cellule, e l’attenzione alla verifica del lavoro compiuto, ai frutti dell’apostolato. Il che non è proselitismo, ma è il far sì che non venga mai meno la tensione verso l’evangelizzazione, perché, come ricordava Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi, passaggio ripreso più volte anche da Benedetto XVI, «la Chiesa esiste per evangelizzare». La cellula raggiunge infatti i propri obiettivi se si riproduce costantemente: giunta a una certa dimensione si scinde e ne genera altre. È come se si trattasse di cellule staminali: duttili, capaci di moltiplicarsi e di rigenerare il tessuto su cui si innestano.
Dalla Calabria alla Nuova Caledonia
L’aspetto eclatante di questa storia è la diffusione che le cellule parrocchiali hanno avuto nel mondo, in un relativo silenzio, grazie agli sforzi di don Pigi per farle conoscere e agli incontri provvidenziali con realtà di diversi Paesi. Oggi ci sono congregazioni come quella degli eudisti, fondata dal francese san Giovanni Eudes (1601- 1680), che le hanno adottate per risvegliare le parrocchie loro affidate in America Latina. Le cellule sono arrivate nel cuore dell’Europa scristianizzata – dalla Scozia, alla Danimarca, al Belgio – così come, via Francia, in terre estreme quali la Nuova Caledonia o nell’Africa profonda, in Congo e Uganda, e stanno penetrando in Cina.
Nell’ultimo seminario internazionale che si è tenuto a Milano lo scorso maggio, erano presenti “leader” anche da Albania, Argentina, Austria, Brasile, Canada, Repubblica Ceca, Congo, Inghilterra, Guatemala, Germania, Ungheria, Indonesia, Irlanda, Malta, Isole Mauritius, Perù, Polonia, Slovacchia, Svizzera e Stati Uniti. Ovviamente sono presenti e si stanno espandendo in Italia, da nord – Lombardo- Veneto soprattutto – a sud. In una piccola parrocchia come quella di San Sebastiano a Thiene, in provincia di Vicenza, se ne contano ben 26. A Mestre, la parrocchia di Santa Maria Goretti, guidata dal dinamico don Narciso Danieli, è diventata grazie alle cellule un “porto di mare” della fede ed è ormai al tredicesimo anno di adorazione perpetua. Nella Capitale l’esperienza delle cellule ha ricevuto un grande impulso dall’opera di don Gian Matteo Botto, parroco del Preziosissimo Sangue; in Calabria è stata recentemente presentata a tutte le parrocchie dell’arcidiocesi di Rossano-Cariati su richiesta dell’arcivescovo. E la Santa Sede ne ha riconosciuto ufficialmente l’importanza: il Pontificio Consiglio dei laici ha approvato ad experimentum gli statuti dell’Organismo Internazionale di Servizio delle Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione, con sede a Sant’Eustorgio a Milano, diretto sempre da don Pigi.
IL TIMONE N. 129 – ANNO XVI – Gennaio 2014 – pag. 28 – 29
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl