Cento milioni di assassinati secondo una stima minimalista. Ma il costo di vite umane è solo un aspetto della catastrofe comunista, dice Stéphane Courtois, autore del più conosciuto tentativo di fare un bilancio del costo umano del comunismo.
E’ stato fra i primi a mettere il comunismo rosso sul libro nero. A trascrivere il colore che sembrava proprio della passione e del cuore nell’inchiostro dell’odio, della cattiveria, dell’orrore. A conteggiare tutte le malefatte di quella che forse è stata l’utopia più grandiosa e mortifera dell’umanità: il comunismo.
Stéphane Courtois, con il suo «Libro nero del comunismo» uscito in Francia nel 1997 e presto tradotto in trenta Paesi, si è attirato i fulmini di migliaia di progressisti, indignati dal veder così allineati i crimini di un’ideologia sempre presentata come «proletaria» e «umanista». Ma Courtois non parla per ideologia e sa bene quel che scrive: in gioventù è stato infatti maoista, inoltre è specialista di storia del comunismo e oggi è direttore di ricerca nel Cnr francese. Ecco il suo parere.
Professor Courtois, qual è stato il prezzo umano del comunismo nella storia del secolo scorso, secondo lei?
«Lo si può valutare in due modi. Si può, certo, stilare un bilancio “contabile” della tragedia comunista, stabilendo le cifre delle vittime del terrore nei vari regimi. Questi dati, come in tutti i massacri di massa, sono forzatamente approssimativi, sia perché i carnefici non si sono preoccupati di tenere la contabilità delle vittime, sia perché gli archivi sono stati distrutti oppure non sono ancora accessibili (è il caso, ad esempio, della Cina o della Corea del Nord). Si può tuttavia stimare che, cumulando gli assassinii diretti – ad esempio il Grande Terrore che nell’Urss fece 700 mila fucilati tra il luglio 1937 e l’ottobre 1938 -, le persone morte durante la deportazione e i lavori forzati (gulag, laogai – cioè il gulag cinese-, eccetera) e quelle decedute nelle grandi carestie provocate dalla politica di collettivizzazione dell’agricoltura, la cifra sale a circa 100 milioni di morti. I contingenti maggiori riguardano l’Urss dal 1918 al 1956 (20 milioni) e la Cina maoista (60 milioni). Ma forse alcuni numeri meno spettacolari sono ancora più terrificanti: per esempio i due milioni di cambogiani vittime del regime di Poi Pot tra il 1975 e il 1979, corrispondenti a un quarto della popolazione del Paese. In ogni caso, il prezzo umano dev’essere valutato anche considerando la distruzione generale compiuta dai regimi comunisti, l’eliminazione dei gruppi sociali (la borghesia, la nobiltà, i contadini, il clero…), i disastri economici ed ecologici, l’annullamento delle basi morali della società, l’instaurazione della menzogna continua e della delazione che distruggono dall’interno le relazioni umane, persino nelle famiglie e tra genitori e figli».
Si è detto spesso che il comunismo è comunque preferibile al nazismo, perché quello aveva un anelito umanitario, mentre Hitler era il «male assoluto». Che cosa ne pensa?
«Mi sembra assurdo voler stabilire una gerarchia del male tra nazismo e comunismo al potere. I due tipi di regime sono stati ugualmente criminali contro l’umanità e non ci possono essere gradazioni nell’orrore. Sia l’uno che l’altro promettevano “il bene”: il bene per “il proletariato e il popolo”, il bene per “la nazione tedesca e la razza ariana”. Ma in ambedue i casi, il mezzo per raggiungere tale “bene” passava attraverso la guerra di classe o di razza e quindi lo sterminio di parte dell’umanità. Da questo punto di vista, non capisco come si possa definire universalista il progetto comunista quando Lenin, Stalin e persino Marx pretendevano la guerra civile e la “liquidazione” dei “nemici”. È nel maggio 1918 che Lenin ha lanciato lo slogan “Morte ai kulaki” (i piccoli proprietari terrieri, ndr), divenuto sotto Stalin “Liquidiamo la classe dei kulaki”, che portò alla morte di milioni di contadini ucraini o kazachi tra il 1930 e il 1933. La situazione è un po’ diversa per i partiti comunisti delle nostre democrazie occidentali. Molti dei loro aderenti erano giunti al comunismo durante la resistenza al fascismo o all’occupazione nazista, e parecchi di loro erano pieni di illusioni e di ingenuità su ciò che è davvero il potere comunista. Ciò nonostante, gli apparati che dirigevano quei partiti erano strettamente selezionati e controllati da Mosca e dal Komintern, e si sono mostrati sempre solidali con i poteri comunisti totalitari. Abbiamo dovuto aspettare la metà degli anni Ottanta del secolo scorso perché il Pci abbandonasse sul serio tale solidarietà, che era in effetti una complicità politica e morale. Quanto al Partito comunista francese, è rimasto legato a Mosca fino alla fine».
La presenza del comunismo oggi: lei la vede ancora? E dove?
«Un potente apparato totalitario, come è stato il sistema comunista mondiale per oltre 70 anni, non scompare in un giorno. E ciò semplicemente perché gli uomini che lo facevano funzionare sono ancora vivi e in maggioranza non hanno subito un pubblico giudizio. Alle verità storiche che sottolineano la dimensione criminale del comunismo, i comunisti oppongono una memoria gloriosa: quella della resistenza al nazismo, o delle lotte sociali. Dimenticano un po’ presto che Stalin fu corresponsabile dello scatenarsi della seconda guerra mondiale (con i suoi due trattati di spartizione dell’Europa centrale, stipulati con Hitler il 23 agosto e il 28 settembre 1939), e che i comunisti non sono stati gli unici nell’ultimo secolo a tendere al progresso sociale (almeno là dove non erano al potere!): molti altri hanno favorito il miglioramento della condizione popolare. Una totale mancanza di rispetto nei confronti della memoria di milioni di vittime del comunismo sconfina talvolta in un vero e proprio negazionismo comunista, che rifiuta per esempio di ammettere che Lenin, Stalin o Mao sono stati criminali contro l’umanità. Di recente si è tenuta a Roma una riunione per costituire un Partito comunista europeo; e i comunisti francesi, che proclamano alto e forte il loro orientamento democratico, non sono sembrati sconvolti di ritrovarsi con l’ultimo capo del Partito comunista della Germania Est, il quale ancora nel 1989 inviò un messaggio di felicitazioni ai dirigenti cinesi dopo il massacro degli studenti che chiedevano democrazia a piazza Tien An Men a Pechino… Parecchi partigiani del comunismo non vogliono ammettere che l’ideologia marxista-leninista e i partiti comunisti al potere nel XX secolo sono stati criminali».
È ancora forte, secondo lei, il potere del comunismo nel settore delle idee, dell’informazione, della cultura?
«La distruzione dei regimi comunisti è stata provocata dal crollo interno di un sistema assurdo che non poteva reggersi se non sulla menzogna, la corruzione e il terrore. A differenza del nazismo, non è stato vinto militarmente né condannato da un tribunale di Norimberga. I comunisti possono dunque continuare a far credere che non è l’idea comunista ad essersi dissolta nel sangue e nella miseria, bensì le sue cattive applicazioni. Le basi di quell’idea restano perciò forti: la passione rivoluzionaria, la passione utopista e quella scientista. Queste tre passioni, che richiedono e proclamano la morte di Dio e l’onnipotenza dell’uomo, sono nel cuore dell’uomo e hanno trovato molto spazio nel XX secolo. Senza dubbio si tratta del lato eccessivo e negativo di un’affermazione dell’individuo che ha segnato il periodo moderno».
Come giudica il comportamento tenuto dai cristiani dell’Est e dell’Ovest nei confronti del comunismo?
«Molti cristiani mi sembrano aver dimenticato che al centro dell’ideologia e della pratica dei regimi totalitari, in particolare comunisti e nazisti, c’erano la negazione di Dio e la distruzione delle Chiese. Coloro che rifiutano ogni paragone tra nazismo e comunismo sembrano aver dimenticato che nel marzo 1937, a una settimana di distanza, papa Pio XI ha emanato due encicliche, una contro il nazismo e l’altra contro il comunismo.
Mi sembra che la concezione cristiana dell’uomo resti assolutamente incompatibile con le visioni totalitarie, in particolare con quella comunista. Se la giustizia sulla terra è una preoccupazione importante del cristiano, essa non può annullare l’idea di libertà dell’uomo che è al cuore del cristianesimo e che ha permesso lo sviluppo dell’Europa e la nascita delle nostre democrazie».
Dossier: Considerazioni sul Comunismo
IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 42 – 43