Credenze popolari legate alla festa del santo precursore di Cristo. La Chiesa intervenne per evitare forme di superstizione.Ma qualcosa è rimasto.
Faceva molto caldo quella notte sulla grande terrazza del palazzo di Erode Antipa. Il Tetrarca di Giudea si annoiava in mezzo ai suoi convitati e pregò la ?gliastra Salomé di danzare per lui: in cambio avrebbe esaudito qualsiasi suo desiderio. Dietro consiglio della madre Erodiade la fanciulla, coperta soltanto da sette candidi veli, chiese la testa di Giovanni. Quando vi arrivò su un vassoio d’argento una grande nuvola nera coprì la luna piena che illuminava la notte e le stelle scomparvero lasciando la scena al buio. Erodiade accostò le labbra irriverenti a quelle ancora calde del Battista e improvvisamente un raggio di luna squarciò l’oscurità illuminando le due donne mentre dalla bocca del profeta fuoriuscì un profondo e gelido sof?o che le travolse spingendole nell’aria. D’allora, narra la leggenda, Erodiade e Salomé vagano per il mondo come streghe, cariche di catene, espiando la loro colpa: aver ucciso colui che annunciava la Luce del mondo.
Questo raccontino medioevale ha dato luogo a una lunga serie di credenze e usanze connesse alla festa di San Giovanni Battista del 24 giugno: la tradizione vuole che la notte della vigilia Erodiade, Salomé e la dea Diana con il loro stuolo di streghe tra cui le Arpie, la Papessa Giovanna, le Moire, Ecate e altre, s’incontrino a mezza notte per il gran sabba sotto un noce secolare situato a Benevento. E si favoleggia che per dispetto passavano, volando sulle loro scope magiche, sopra la basilica di San Giovanni in Laterano a Roma dedicata al Battista. I fedeli aspettavano questo passaggio scrutando l’orizzonte e intanto si danzava, si cantava, si beveva e si mangiava. Nelle case temporaneamente abbandonate erano stati escogitati molti sistemi per allontanare le streghe: scope incrociate dietro l’uscio, corni rossi appesi alle ?nestre e manciate di sale davanti alla porta d’ingresso in modo che la strega intrusa fosse costretta a contare i granelli ?no all’alba.
Davanti alla Basilica la folla occupava ogni centimetro di prato con decine di tovaglie distese sull’erba per la tradizionale cena della notte di San Giovanni con lo scambio rituale delle lumache. Ogni famiglia portava il callaro con le lumache al sugo: un’enorme pentolone pieno di squisite lumache di vigna, le cosiddette rigatelle col guscio listato, oppure le monachelle più piccole e con il guscio bianco. I romani ne erano talmente ghiotti che addirittura adoperavano il nome dialettale, ciumachelle, per vezzeggiare le ragazze. E nei versi di una ?lastrocca romanesca c’era la ricetta per cucinarle.
Un proverbio assicurava infatti che “per ogni corna di lumaca mangiata la notte di San Giovanni una sventura era scongiurata”. D’altronde in tante credenze e riti di tutto il mondo le lumache hanno una funzione beneaugurante, sono simbolo di fertilità e conciliano le amicizie, gli amori e i legami di companatico.
In realtà la festività del Battista non era altro che la tras?gurazione cristiana di una festa pagana antichissima del solstizio d’estate: un periodo ritenuto sacro, di diretta comunicazione fra l’invisibile e il visibile grazie al sole che raggiunge nel cielo la sua massima declinazione positiva. Midsummer day, giorno di mezza estate, lo chiamano gli inglesi perché lo considerano il cuore dell’estate nonostante che questa sia appena cominciata. La gente comune, come sempre succede, mescolò credenze pagane e cristiane: si disse che Giovanni era simboleggiato dal sole estivo che sarebbe diminuito, sceso sull’orizzonte, mentre il Cristo era simboleggiato dal Sole del solstizio invernale che sarebbe cresciuto sull’orizzonte. Si trovò anche la giusti?cazione nel Vangelo dove Giovanni diceva: “Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato prima di lui. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire”.
Nelle credenze popolari dunque la vigilia di San Giovanni è ritenuta la notte magica per eccellenza, e tutto ciò che è connesso alla generazione e alla frutti?cazione ne subisce un in?usso positivo. In molti Paesi cristiani si è creduto che le erbe su cui era caduta la rugiada durante la notte del 23 giugno avessero virtù medicinali oppure tenessero lontani streghe e demoni. A tali scopi venivano raccolte nove erbe diverse che cambiavano secondo i luoghi; tra queste tuttavia era sempre presente l’iperico o “erba di San Giovanni” per eccellenza, chiamata nel medioevo “fuga dei demoni”: chi ne portava un ramoscello poteva ritenersi al sicuro, così come chi raccoglieva i frutti rossi del ribes che vengono chiamati “bacche di San Giovanni”. Si credeva che anche le streghe andassero nei boschi quella notte a cercare le nove erbe per i loro ?ltri e pozioni magiche, sicché un decreto del Sinodo di Ferrara del 1612 proibì quella e altre usanze: “Vietiamo e proibiamo che la notte di San Giovanni si raccolgano erbe di nessun tipo o vengano esposti alla rugiada panni, o venga essa raccolta, per evitare superstizioni dannose per le anime”. Ma le usanze della notte di San Giovanni rimasero ancora per secoli, ?nché furono represse sistematicamente dal governo italiano dal 1872, succeduto al Papa, soprattutto a Roma, perché quell’atmosfera carnascialesca era considerata poco consona alla dignità della capitale.
Alcune però restarono, come la consuetudine di comperare il giorno di San Giovanni l’aglio, simbolo dell’abbondanza e amuleto contro streghe, vampiri e demoni, oltre che condimento indispensabile per le tradizionali lumache. In Romagna si assicura infatti che sarà povero tutto l’anno chi non lo acquista: “Ch’n compra i ai al dè’d San Zuan è puvratt tott l’an”. Un tempo a Roma, fra i tavoli delle osterie, nella notte dedicata al Santo, si aggiravano decine di venditori ambulanti che offrivano enormi capi d’aglio da appendere fuori dalle ?nestre come protezione. Dicono anche che le cipolle cotte nei falò, che in molti luoghi si accendono per San Giovanni per aiutare il sole a salire sull’orizzonte, acquisiscono virtù medicinali e chi le mangia sarà protetto dalle streghe. D’altra parte, le noci da cui si ottiene il liquore Nocino devono essere raccolte la notte di San Giovanni: la tradizione vuole che siano le donne a farlo ma a piedi nudi e con una falce o lama di legno, mai di metallo.
Esci, esci corna
fja d’na donna,
esci, esci, che te torna;
c’è la sora Menicuccia
che cià pronta la mentuccia
ajo, ojo e peperoncino,
una presa di sale ?no,
quattro alici, un pummidoro,
te prepara un sugo d’oro.
Sarai magnata ar chiaro di luna
Perché le corna porteno fortuna!
IL TIMONE – N. 34 – ANNO VI – Giugno 2004 – pag. 50 – 51