Succede che la ricerca scientifica avvalori tradizioni prodigiose, dando fondamento credibile a narrazioni che altrimenti apparirebbero pure leggende. Capita così alla Santa Casa di Loreto.
La stanza nella quale Maria nacque.
Per un’antica devozione confermata in sette secoli da santi, in rivelazioni mistiche, e da Pontefici, la Santa Casa di Loreto è la stessa «camera» in muratura della Madonna esistente a Nazareth, in Galilea, dove – sono parole di Pio IX – «la Vergine Santissima predestinata da tutta l’eternità e perfettamente esente dalla colpa originale è stata concepita, è nata, è cresciuta, dove il celeste messaggero l’ha salutata piena di grazia e benedetta fra le donne; dove, ripiena di Dio e sotto l’opera feconda dello Spirito Santo, senza nulla perdere della sua inviolabile verginità, è diventata Madre del Figlio Unigenito di Dio».
La «camera» sarebbe poi stata trasportata miracolosamente da Nazareth a Tersatto, in Dalmazia, nel 1291, e infine a Loreto, la cittadina marchigiana famosa proprio per la Santa Casa, definita da papa Wojtyla «il primo santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e, per diversi secoli, vero cuore mariano della cristianità». Benedetto XVI, per la celebrazione liturgica della miracolosa traslazione, il 10 dicembre 2005 ha fatto pervenire al vescovo di Loreto una stupenda preghiera da recitarsi nel santuario, in cui tra l’altro si afferma: «Santa Maria, Madre di Dio, ti salutiamo nella tua casa: qui hai vissuto, qui hai pregato con Lui, qui avete letto insieme le Sacre Scritture».
La stessa tecnica diffusa in Galilea ai tempi di Gesù.
Le pietre dell’altare dei Santi Apostoli della Santa Casa di Loreto hanno le stesse caratteristiche delle pietre della grotta dell’Annunciazione di Nazareth. Sono queste le conclusioni dell’indagine dell’archeologo-ingegnere Nanni Monelli e di padre Giuseppe Santarelli, direttore della Congregazione universale della Santa Casa di Loreto.
A Loreto ci sono le tre pareti che costituivano «la Camera» di Maria, comunemente denominata «Santa Casa», ove avvenne l’Annunciazione, e che sorgeva a Nazareth dinanzi a una grotta facendo un sol corpo con essa. A Nazareth sono rimaste la grotta e le fondamenta della Casa in muratura, mentre a Loreto è venerata l’autentica Casa in muratura, senza fondamenta. Più semplicemente: a Nazareth ci sono le fondamenta senza la Casa, a Loreto c’è la Casa senza le fondamenta. Delle tre pareti originarie le sezioni inferiori, per tre metri di altezza, sono costituite prevalentemente da filari di pietre, per lo più arenarie, come quelle rintracciabili a Nazareth. Le sezioni superiori, aggiunte in seguito, sono in mattoni locali. Alcune pietre risultano rifinite esternamente con una tecnica che richiama quella dei nabatei, diffusa in Palestina e Galilea ai tempi di Gesù. Vi sono incisi una sessantina di graffiti, molti identici a quelli giudeo-cristiani di epoca remota della Terrasanta. Le sezioni superiori delle pareti furono coperte nel secolo XIV da dipinti a fresco, mentre le sottostanti in pietra sono state lasciate a vista, esposte alla venerazione.
Il mistero dei due altari.
Gli studi di Monelli e Santarelli tengono conto di testimonianze che documentano, in origine, la presenza a Nazareth di due altari: uno dove la Madonna pregava quando le fu inviato l’Arcangelo Gabriele; un altro dove stava lo stesso Gabriele durante l’Annunciazione. Uno a oriente, l’altro a occidente. Dopo la traslazione (1291) «scompare» uno dei due altari. Fondamentale, secondo Santarelli, la testimonianza di Ricoldo da Montecroce, che visita Nazareth tra il 1288 e il 1289, cioè poco prima della data fissata dalla tradizione per il trasporto della «Camera di Maria» prima in Dalmazia e poi a Loreto. È proprio Ricoldo a citare i due altari. Dopo la traslazione, la prima testimonianza è quella del veneziano Marin Sanudo, in visita nel 1321: è lui a segnalare la presenza di un solo altare. «Per secoli» osserva Santarelli «gli studi loretani hanno degnato di scarsa attenzione l’altare della Santa Casa». Le ricerche condotte con Monelli, invece, mostrano straordinarie analogie con le pietre dell’altare «gemello» di Nazareth.
Il trasporto miracoloso grazie al «ministero angelico».
Intervistato dall’agenzia Zenit, Giorgio Nicolini, autore del libro La veridicità storica della miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, ha dichiarato che le ricerche dei due studiosi sono decisive perché, oltre a fornire ulteriori prove dell’autenticità della Casa di Loreto come la Casa nazaretana di Maria, forniscono anche una «prova» ancor più evidente a riguardo della «miracolosità» della traslazione della Santa Casa. Infatti, la tradizione ha sempre attestato che le tre pareti della Casa di Nazareth sono state trasportate prodigiosamente, per «il ministero angelico», e assieme alle tre pareti è trasportato anche l’altare degli Apostoli, uno dei due presenti nella casa di Nazareth. Così, in un certo senso, il «miracolo» è duplice, perché sono state «trasportate» non solo le tre pareti «integre» ma, insieme ad esse, e distinto da esse, anche l’altare degli Apostoli. Sono accertate almeno cinque traslazioni miracolose tra il 1291 e il 1296: a Tersatto, ad Ancona (località Posatora), nella selva della signora Loreta nella pianura sottostante l’attuale Loreto (il cui nome deriva proprio da quella signora); poi sul campo di due fratelli sul colle lauretano (o Monte Prodo), e infine sulla pubblica strada, dove ancor oggi si trova, sotto la cupola dell’attuale basilica.
Fatti documentati.
Questi fatti soprannaturali sono tramandati da testimoni oculari, nei vari luoghi ove avvengono, e sono rigorosamente controllati dai vescovi locali. C’è tuttavia chi sostiene che furono i Crociati, in nave, a trasportare a Loreto le pietre della Casa di Maria, che vennero poi riassemblate sotto forma di «casa». A Zenit Nicolini ha dichiarato che «l’ipo-tesi di un trasporto umano, oltre a essere priva di documentazione, è insostenibile per ragioni architettoniche e scientifiche. Ad esempio, l’ipotesi di un trasporto umano mediante la scomposizione dei muri della Casa in singoli blocchi di pietra effettuata a Nazareth e ricomposta prima in Dalmazia e poi per altre quattro volte sulla costa adriatica, dopo duemila chilometri di peregrinazione per terra e per mare, è poco credibile anche dal punto di vista temporale. Lo attesta la simultaneità delle date di partenza da Nazareth (sicuramente nel maggio 1291) e di arrivo a Tersatto (9-10 maggio 1291), come riportato da una lapide dell’epoca» Inoltre, «l’analisi della malta, poi, nei punti dove attualmente tiene unite le pietre, presenta caratteristiche chimiche particolari, proprie della zona di Nazareth, con un’omogeneità della tessitura muraria che esclude ogni ipotetico smontaggio e rimontaggio. Infatti, la malta che tiene unite le pietre è uniforme in tutti i punti e risulta costituita da solfato di calcio idrato (gesso) impastato con polvere di carbone di legna secondo una tecnica dell’epoca, nota nella Palestina di 2000 anni fa, ma mai impiegata in Italia. (…) La collocazione finale poi su una pubblica strada, a Loreto, ove ancor oggi si trova, è ugualmente umanamente impossibile, come ha attestato chi ha esaminato nei secoli il sottosuolo della Santa Casa e la strada pubblica su cui si è posata. L’architetto Giuseppe Sacconi (1854-1905), ad esempio, dichiarò di aver constatato che «la Santa Casa sta, parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo». Disse inoltre che bisognava ammettere che non poteva essere stata fabbricata, come è, nel posto in cui si trova. Un dato da rilevare, in proposito, a dimostrazione che le tre sante pareti “si posarono” sulla strada, e non che vi furono ricostruite, è la singolarità di un cespuglio spinoso che si trovava sul bordo della strada al momento dell’impatto, e che vi è rimasto imprigionato».
IL TIMONE – N.60 – ANNO IX – Febbraio 2007 pag. 12-13