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14.12.2024

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Le tavole di Verona
31 Gennaio 2014

Le tavole di Verona

 

 

 

 

Educazione, carità, politica: l’azione dei cattolici trova origine e senso soltanto nella Risurrezione di Gesù Cristo. E’ su questa strada che deve crescere la Chiesa italiana. Parola di Benedetto XVI.

«La Risurrezione è un fatto avvenuto nella storia… la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova… che riguarda tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo». Così Benedetto XVI ha iniziato il discorso alla Chiesa italiana svolto a Verona il 19 ottobre in occasione del IV Convegno ecclesiale nazionale.
Non è un discorso qualunque, è il messaggio che segnerà il cammino della Chiesa italiana per i prossimi dieci anni, è una sorta di discorso programmatico, ciò che il Papa – e perciò la Chiesa universale – si aspetta dai cattolici italiani. Il Papa ha perciò toccato diversi aspetti riguardo alle priorità della Chiesa nella società italiana, dai rapporti con la scienza al tema dell’educazione, dall’apologetica alle opere di carità fino alla politica. Ma il primo punto, la questione fondante senza le quali anche le altre perdono significato è la Risurrezione di Cristo. Benedetto XVI vi si è soffermato a lungo e non a caso: la Risurrezione non è un evento che riguarda la sfera spirituale, un mistero della fede da tenere ben conservato nelle celebrazioni liturgiche, ma è il più importante “fatto storico” mai accaduto, il più grande evento “politico” e “sociale” della storia, da cui discendono una serie di conseguenze, personali e pubbliche. Perché se la Risurrezione è avvenuta – e noi siamo certi che lo sia – allora la Chiesa non vive che per testimoniare questo; allora l’amore (che il Papa definisce «la cifra del mistero» della Risurrezione) diventa la sorgente e la modalità del nostro agire; allora questo diventa la chiave per comprendere e dialogare con le altre religioni e culture; allora la scienza e la tecnologia vengono accolte come uno strumento importante ma anche con la consapevolezza del loro limite; allora l’educazione diventa la questione chiave per lo sviluppo della società; allora le opere della carità hanno un senso solo se tese alla testimonianza di Cristo; allora la tutela della vita umana e la promozione della famiglia sono il principale motivo dell’azione politica. Tutto ha origine e motivo nella Risurrezione di Cristo. Questo ha detto con forza il Papa alla Chiesa italiana.
Non è possibile, per ragioni di spazio, soffermarsi su tutti i punti toccati da Benedetto XVI. Possiamo però sottolinearne alcuni, importanti soprattutto perché colgono alcuni aspetti che per la Chiesa italiana sono controversi.

Educazione. Il Papa insiste sull’importanza della scuola cattolica perché – ha detto lui stesso – «nei suoi confronti sussistono ancora antichi pregiudizi che generano ritardi dannosi, e ormai non più giustificabili, nel riconoscerne la funzione e nel permetterne in concreto l’attività». Un discorso chiaramente rivolto allo Stato italiano, purtroppo pervaso da un anacronistico laicismo, ma è anche occasione di riflessione per chi gestisce le scuole cattoliche. Esse sono infatti una delle «molteplici forme» dell’educazione alla persona, che consiste nel trasmettere da una generazione all’altra «l’esperienza della fede e dell’amore cristiano» permettendo che «sia accolta e vissuta». La scuola cattolica perciò deve curarsi sì della formazione dell’intelligenza, ma «senza trascurare (la formazione) della libertà e della capacità di amare». Su questo identikit tracciato dal Papa c’è urgente bisogno di una verifica da parte di chi guida le scuole, così come lo Stato deve chiarirsi in cosa consiste l’educazione: un dovere reso più urgente dal dibattito provocato dalla cosiddetta scuola islamica.

Carità. Lo scopo è «rendere visibile l’amore di Dio nel mondo» e non di creare agenzie umanitarie e attività terzo e quartomondiste. Non per niente il Papa cita «i Santi della carità» di cui la Chiesa italiana ha piena la storia, e questi devono diventare la pietra di paragone delle tante attività caritative presenti, dalla Caritas alle varie forme di volontariato sociale e parrocchiale. Perché se «l’autenticità della nostra adesione a Cristo si verifica specialmente nell’amore e nella sollecitudine concreta per i più deboli e i più poveri», d’altra parte «è quanto mai importante che tutte queste testimonianze di carità conservino sempre alto e luminoso il loro profilo specifico, nutrendosi di umiltà e di fiducia nel Signore, mantenendosi libere da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche, e soprattutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo di Cristo».

Politica. «La Chiesa non è e non intende essere un agente politico», la distinzione tra religione e politica è stata chiarita perfettamente e definitivamente da Gesù Cristo (e anche qui si nota una specificità in confronto all’islam). Ma i cattolici, proprio in virtù di quell’amore di Cristo «per l’uomo reale e concreto», hanno «un interesse profondo» e una responsabilità verso «il bene della comunità politica». Le sfide non mancano e il Papa ne elenca alcune: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili epidemie. Ma la sfida per eccellenza che ci sta di fronte riguarda «il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio». Un no chiaro e deciso dunque a qualsiasi riconoscimento delle unioni di fatto e omosessuali, «forme di unione che contribuirebbero a destabilizzare (la famiglia), oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale». E un no altrettanto chiaro e deciso all’ideologia della “identità di genere” che trova sempre maggiore credito nell’opinione pubblica; l’idea cioè che non esista una distinzione naturale tra uomo e donna, ma che esistano invece diversi generi (maschio, femmina, trans, omosex) che ognuno sceglie a seconda del suo orientamento sessuale. Non è una questione moralistica, ma fa «parte di quel grande “sì” che come credenti in Cristo diciamo all’uomo amato da Dio».
La questione politica posta da Benedetto XVI è importante anche perché fa piazza pulita del cosiddetto “cattolicesimo adulto”, secondo cui si crede personalmente in certi valori ma poi nella sfera pubblica ci si comporta a seconda delle circostanze, in nome della laicità. Il Papa invita chiaramente a «resistere a quella “secolarizzazione interna” che insidia la Chiesa nel nostro tempo». Per la Chiesa è adulto chi è «unito a Cristo» (la preghiera e l’adorazione eucaristica è indicata come l’azione che «ci rende davvero liberi e ci dà i criteri per il nostro agire») ed è dunque in grado di cogliere il nesso tra la Risurrezione e le scelte di ogni giorno. Vale per ognuno di noi in qualsiasi circostanza, ma è particolarmente importante per chi svolge un impegno politico.

 


 
 
 
RICORDA
 
«Gesù Cristo risorge dai morti perché tutto il suo essere è perfetta e intima unione con Dio, che è l’amore davvero più forte della morte. (…) La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé».
(Benedetto XVI, Discorso alla Chiesa italiana, Verona 19 ottobre 2006).

 

 
 
 
IL TIMONE – N. 58 – ANNO VIII – Dicembre 2006 – pag. 10 – 11

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