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13.12.2024

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Legittima “ingerenza”
31 Gennaio 2014

Legittima “ingerenza”

 

 

 

 

Accusata di invadere il campo dello Stato, la Chiesa ha tutte le ragioni – e il dovere – di denunciare una norma iniqua e di indicare all'uomo la via della legge naturale. Che ciascuno può conoscere.
L'alternativa è il silenzio. Come vorrebbe il laicismo.

Davvero  la  Chiesa invade il campo dello Stato quando intima di cambiare leggi che ammettono,  ad esempio, l'aborto o l'eutanasia?
Vediamo di ragionare. Alla Chiesa si prospetterebbero tre strade percorribili nei fatti.
a) Tacere. Sottointendendo: quello che lo Stato decide, per noi va sempre bene.
Sarebbe esattamente ciò che il mondo laicista si attende. Ciò significherebbe la completa astensione del Magistero dal giudizio su qualsiasi manovra del potere costituito, il che implicherebbe l'automatica riduzione della Chiesa a “chiesa di Stato”, proprio come è avvenuto alle comunioni protestanti. Alla luce di questa condotta, tutta la storia dell'umanità sarebbe cambiata: nel 390 nessuna pubblica penitenza per l'imperatore, perché Sant'Ambrogio si è ben guardato dal condannare la strage ordinata da Teodosio a Tessalonica; nel corso dei secoli nessuna parola è spesa contro le ingiustizie perpetrate a danno dei poveri, perché “alla Chiesa interessano solo le anime”; nell’800 la voce di Leone XIII resta muta di fronte al tema dei rapporti tra imprenditori e lavoratori, perché quella è “questione che riguarda lo Stato”. Ecco un piccolo assaggio di quella che sarebbe stata la storia, se la Chiesa avesse taciuto. 
b) La Chiesa potrebbe reagire con un progetto di “confessionalizzazione” dello Stato; cioè tentare di far coincidere perfettamente la società con tutti i precetti cristiani, sovrapponendo in foto diritto e morale. Si tratta di una mentalità che non appartiene alla tradizione cattolica, che mantenne sempre ben chiara la differenza tra la Chiesa e il mondo. E che risponde piuttosto alla visione dell'Islam, per il quale la giurisprudenza coincide con la teologia. I cristiani sanno che non tutto ciò che è male deve necessariamente essere proibito dalle leggi civili, ma soltanto le condotte più gravi: l'omicidio in tutte le sue forme, le violenze, i furti.
c) La Chiesa potrebbe proclamare urbi et orbi i precetti contenuti nella legge naturale. E questo è ciò che effettivamente accade ogni volta in cui gli Stati moderni disconoscono apertamente le norme, non scritte e immutabili, che costituiscono il patrimonio del “diritto naturale”. “Non uccidere l'innocente” può essere considerata la più classica fra queste norme, che trova oggi nuove, più sottili e diaboliche applicazioni proprio nel campo della bioetica.
Dunque, la Chiesa non invade assolutamente il campo dello Stato quando interviene, anche duramente, per contestare leggi o progetti politici aberranti. Vi sono almeno sette buoni motivi che giustificano l'interventismo del Magistero. Vediamoli insieme.
1. Esiste un criterio oggettivo per giudicare la bontà di una legge, e questo criterio può essere  colto  da  ogni uomo, a prescindere dalla sua conoscenza della Rivelazione cristiana: “La legge umana in tanto è tale in quanto è conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla legge eterna: quando invece una legge è in contrasto con la ragione, la si denomina legge iniqua; in tal caso però cessa di essere legge e diviene piuttosto un atto di violenza”.
Parole di Tommaso d'Aquino il quale, si noti bene, per definire la legge ingiusta non fa appello al Vangelo, ma alla norma che contrasti con la “ragione”.
2. La Chiesa deve parlare in virtù   delle   caratteristiche stesse dell'uomo, così come l'ha voluto il Creatore. “Quando i pagani – scrive San  Paolo nella  Lettera ai Romani  (2.14) – che  non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori   come   risulta   dalla testimonianza della loro coscienza”. Ciò significa che quando la Chiesa ribadisce la verità, non solo morale ma giuridica, sui  principali temi di bioetica, essa si limita a  ricordare a tutti  una “verità sull'uomo”.
3. Parimenti, la Chiesa interviene non per sostituirsi allo Stato nel fare le leggi, ma per spingere lo Stato ad assolvere il proprio compito. Basta ricordare le chiarissime  parole contenute nell'Evangelium vitae (n.70): “Quando una maggioranza parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora  nata,   non  assume forse una decisione tirannica nei confronti dell'essere umano più debole e indifeso?… Il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove”. La Chiesa ricorda agli Stati moderni “democratici” che si stanno convertendo in sofisticate forme di totalitarismo.
4. Paradossalmente,   proprio questo atteggiamento della Chiesa verso la legge naturale permette al cattolicesimo  di  convivere  bene con sistemi di potere retti da non cattolici: ciò che conta è la capacità di esercitare il buon governo, cioè di scrivere leggi per una “società a misura d'uomo e secondo il piano di Dio”. Ne scaturisce   un'idea   di   “societas christiana” intesa non come società dove tutti sono cristiani, né tanto meno in cui la fede viene imposta con la forza,  ma  piuttosto come società in cui lo Stato garantisce il rispetto del diritto e della verità naturali.
5. La Chiesa ha un compito essenziale: annunziare Gesù Cristo, Figlio di Dio morto e risorto  per  la  salvezza  di ogni uomo.
Ora, ponendo l'accento sul diritto naturale e sulla morale, il Magistero non rischia forse di annacquare il cuore del proprio messaggio dentro un pericoloso moralismo sincretistico, dove tutte le religioni si equivalgono e dicono la stessa cosa? Assolutamente no. Anzi: la realtà di tutti i giorni dimostra che queste verità sull'uomo – che dovrebbero costituire il terreno comune di dialogo con il mondo e con le altre religioni – sono invece segno di contraddizione perfino con moltissime   confessioni   cristiane riformate.
6. La Chiesa non coltiva illusioni  utopistiche sulla  costruzione di paradisi su questa terra: sa perfettamente che anche il sistema giuridico  più  sofisticato  rimane lontanissimo dal cuore della morale evangelica. Ed è giusto che sia così: il diritto ha il  compito  di  garantire  la convivenza civile nel rispetto dei  diritti  fondamentali  di ogni  uomo.  Per intenderci con un esempio “leggero”: il diritto mi impone di “tollerare”  mia suocera.  Il Vangelo mi chiede di amarla.
Tuttavia, le leggi contribuiscono grandemente a orientare  il  senso  comune  dei popoli, e quindi sono in grado di educare – come, al contrario,  di sovvertire – i cuori degli uomini.
7. La Chiesa porta all'uomo di ogni tempo non soltanto informazioni su “che cosa è giusto fare”, cioè una stella polare   per   distinguere   il bene dal male. “L'uomo che comincia a pensare senza i primi  opportuni   principi   – scrive Chesterton – diventa matto:  diventa   un  uomo che pensa falso”. Per giustificare la legalizzazione dell'omicidio – in tutte le sue forme, dall'aborto all'eutanasia   –  occorre   “pensare falso”,  semplicemente alla luce   della   pura   ragione umana.  La  legge  naturale “è universale nei suoi precetti e si estende a tutti gli uomini”  (Catechismo della Chiesa  Cattolica,  n.1956), con estensione che riguarda sia lo spazio – vale per tutti i popoli di ogni regione del mondo – che il tempo: Cicerone, pagano, scrive nel De repubblica che la vera legge è “la retta ragione che, conforme alla natura, si trova in tutti gli uomini… è un delitto sostituirla con una legge contraria”. Non solo: la possibilità di conoscere questa legge, data anche a coloro che nella propria vita non abbiano mai sentito parlare del Decalogo, è il sigillo della dignità della persona: “L'uomo – scrive Tertulliano – è il solo tra tutti gli esseri animati che possa gloriarsi d'essere stato degno di ricevere una legge da Dio”. D'altra parte, sarà bene aggiungere a scanso di equivoci che “il termine della legge è Cristo” (Rm 10.4). Per cui la Chiesa rivela all'uomo anche la cosa più importante, “perché” fare il bene.
Alla ragione dell'uomo non può bastare il kantiano “devi perché devi”. Solo la Chiesa ha una parola ultima e definitiva per rendere ragione fino in fondo della dignità di ogni uomo, e della fatica dell'agire morale. Questa parola è in realtà una persona: Gesù di Nazareth, unico Salvatore del mondo. Come direbbe ancora il grande Chesterton: “Tutti gli uomini che hanno il cuore duro devono rassegnarsi a finire con il cervello tenero”.

BIBLIOGRAFIA

Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, Città del Vaticano 1995.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1949 e ss.
G. K. Chesterton, Ortodossia, Morcelliana, Brescia 1995.
G. K. Chesterton, Perché sono cattolico, Gribaudi, Milano 1995.
T. S. Eliot, L'idea di una società cristiana, Gribaudi, Milano 1998.
R. Garcia de Haro, L'agire morale & le virtù, Ares, Milano 1988.


 


IL TIMONE  N. 12 – ANNO III – Marzo/Aprile 2001 – pag. 42-43
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