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11.12.2024

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Lettere al Direttore
31 Gennaio 2014

Lettere al Direttore

 

 

Il Timone n. 31 – anno 2004 –

Caro direttore,
saluto lei e voi tutti del Timone. Vi scrivo dopo aver letto il libro di Antonio Socci “Uno strano cristiano”, pubblicizzato sul numero di dicembre. Desidero invitare tutti a leggerlo e regalarlo, perché ha una carica esplosiva. Un libricino che contiene il cammino per giungere alla consapevolezza che Dio c’è e che ci ama. Leggendolo, ho rivisto in parte il cammino che ho seguito per giungere a Dio. La mia fede non nasce (come in molti casi avviene) dall’aver ricevuto un’educazione cristiana o dall’essere cresciuto all’ombra di un oratorio. Dopo aver passato l’adolescenza nel collettivo “Che Guevara” del mio paese, ho scoperto per caso il piacere di leggere libri di carattere scientifico, e in quei libri, invece di trovare le vie dell’ateismo, ho scoperto che l’artefice del tutto non è il “caso” ma un Creatore. “Poca scienza ci allontana da Dio, molta riconduce a Lui”. Avevo scoperto gli stessi principi che Socci descrive nei primi capitoli del suo libro. Un Creatore dunque esiste, ma da lì a divenire cattolico, c’è voluto ancora qualche passo, passo compiuto sui libri del Carsten P. Thiede e di Messori, che, proprio come leggo nel libro di Socci, aprono la mia coscienza alla storicità dei vangeli, al contrario di un pensiero dominante che vuole ridurre a mito il Cristo. Alla fine del cammino, oltre al Creatore ho trovato Cristo e la sua Chiesa. (…) Tutto questo per dirvi che il libro del Socci è come una guida alla quale appoggiarsi per giungere alla conoscenza della verità. Leggetelo e fatelo conoscere a chi ha bisogno di “capire per credere”, di modo che attraverso questa via molti possano giungere a “toccare” il Cristo e a pronunciare “mio Signore e mio Dio”.
Pasquale Maiocchi, Bussero (MI).

Caro direttore,
ho rinnovato con entusiasmo l’abbonamento per il 2004. Ho letto con molto interesse lo scorso anno articoli su tantissimi temi che ci toccano tutti molto da vicino: fecondazione, scuola, letteratura, vari personaggi storici, il ruolo degli USA nel mondo, aborto, guerra, risorgimento e tanti altri con una chiarezza di esposizione e una semplicità unici. Ho tra le mani il n. 29 della nostra rivista e leggendo il sommario noto l’elenco dei vari collaboratori: le confesso che vedere insieme nomi come Messori, Introvigne, Cammilleri, Caprara e Cardini (senza nulla togliere a tutti gli altri valenti collaboratori) è per me un fatto eccezionale. Tocco con molto rispetto e quasi con riverenza la nostra rivista pensando alla qualità dei suoi collaboratori (una squadra di campioni). Mi permette di dirle che mi ha abituato male? Si, perché se nel passato “il Timone” era una rivista di buon livello oggi è una rivista di ottimo livello: ogni mese mi aspetto qualcosa di unico, di eccezionale, di speciale e sono sicuro che lei non mi deluderà. Ringrazio lei e tutti i suoi collaboratori per il lavoro svolto e che svolgerete e mi congedo con un augurio marinaresco: avanti tutta, barra a dritta,
Lucio Catullo, Paderno Dugnano (MI).

Caro Direttore,
In occasione della nuova veste grafica e del passaggio a mensile della “nostra” rivista, desideriamo complimentarci e ringraziare Lei e tutto il suo staff per l’impegno e la dedizione con cui curate dettagli, contenuti, opinioni di ogni servizio trattato. Ottima l’iniziativa di proporre i “Quaderni”, strumenti pratici di sussidio per molteplici attività di apostolato; anche le segnalazioni di interessanti siti internet risultano particolarmente graditi! Già in occasione degli incontri annuali di Regnum Chriti, Le abbiamo espresso la nostra più profonda stima e, ora più che mai, La invitiamo a proseguire per questa strada, assicurandoLe la nostra preghiera affinché Maria guidi Lei e tutti i suoi collaboratori ad operare con grande fiducia e serenità. Un sincero ed affettuoso grazie,
Antonella e Rossano Creti, Maserà di Padova (PD).

Caro Direttore,
sto leggendo il numero di gennaio de “il Timone” che Le avevo richiesto e che mi ha inviato in omaggio. Mi interessava soprattutto “Vivaio” di Vittorio Messori, scrittore che conosco e apprezzo da quando, nel 1976, pubblicò “Ipotesi su Gesù”. Ho così avuto l’occasione di vedere la struttura della sua rivista ed è stata una magnifica sorpresa. Era proprio il mensile che cercavo perché contribuisce a rafforzare la certezza della verità della nostra fede cattolica con tantissime prove. Molto interessanti ed esposti con chiarezza gli articoli di carattere storico e il “dossier” di attualità sull’Italia. Insomma, una rivista che ravviva la gioia e l’orgoglio di essere cattolici e che ci aiuta ad esporre agli altri le fondate ragioni di appartenenza alla nostra Chiesa. Ben volentieri, perciò, Le comunico di essermi abbonato a “Il Timone” e Le invio i miei più cordiali saluti.
Sandro Girò, Novara.

Caro direttore,
ho letto con interesse l’articolo di Marta Sordi “Paolo, il primo evangelizzatore d’Europa”. Vorrei richiamare l’attenzione su un episodio del viaggio di S. Paolo verso Roma, l’evangelizzazione di Malta durante la sosta forzata nell’inverno 55-56. Anche se non ce n’è traccia nel racconto degli “Atti degli Apostoli”, ormai tutto proteso verso l’arrivo dell’Apostolo a Roma, abbiamo una “prova linguistica” del fatto nella parola maltese per “Chiesa”, “Knisja”. Non ha nessuna parentela con le parole, derivate da “Ecclesia”, delle lingue neolatine, ma è totalmente semitica: è identica – con una diversa vocalizzazione, evidentemente punico-melitense – all’espressione ebraica “knas-jah”, “Il Signore (JHWH) raduna”, vale a dire “Ecclesia Domini”. Solo un buon conoscitore dell’ebraico biblico come l’ex allievo di Gamaliele Saulo di Tarso può aver coniato quella parola, unica in Europa, evangelizzando i maltesi “nella loro lingua”. Grazie per l’attenzione,
Giulio Dante Guerra, Pisa.

Caro direttore,
sono un affezionato lettore e oserei aggiungere “accanito” perché divoro letteralmente tanti articoli, in particolare quelli riguardanti la difesa della vita dal suo concepimento fino alla morte. Sarebbe bello e interessante dedicare l’inserto di un prossimo numero all’embrione umano: approfondire la sua identità di vera e propria persona già concepita, in particolare riportando dettagliatamente gli studi svolti dalla comunità scientifica spesso bypassati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla comunità Europea per i motivi ormai arcinoti (ricordarli comunque non guasta). In questo contesto si potrebbe inserire anche un articolo – magari di Mario Palmaro – che aggiorna il lettore sul continuo evolversi dei diritti dell’embrione nell’ambito legislativo nostro, europeo e mondiale. Un cristiano, di fronte all’affermazione che l’embrione è già una persona, potrebbe rispondere che si tratta della scoperta dell’acqua calda, visto che è la fede ad illuminarlo su questa verità. Ma quando a questo cristiano tocca dichiararlo apertamente a chi non intende accettare questo “scomodo paletto”, cosa può portare a sostegno alla sua tesi? Proporre a chi lo ascolta di meditare i primi misteri gaudiosi del Rosario, ma dubito che l’invito possa riscuotere consenso. Ecco che qualche prova scientifica in più potrebbe essere di aiuto al suo – sempre più – importante intento. Concludo mandando i migliori auguri di buon lavoro insieme all’invito a sgranare e divulgare il santo Rosario come preghiera a Maria per la difesa della vita in ogni suo momento,
Vittorio Baldini, Bologna.

PENSIERI di Maurizio Schoepflin

“A. A. A. Cercasi ateo; meglio se vero mangiapreti; astenersi incerti e pentiti”. Prima o poi finirà che qualcuno pagherà un’inserzione come questa, perché andando avanti così, tra pochissimo tempo la “gloriosa razza” degli autentici “senza Dio” si sarà estinta, dal momento che non c’è cantante, o calciatore, o attricetta che non palesi un attento e partecipe interesse per le cose della religione. Per non parlare degli intellettuali, tra i quali è tutto un correre a dichiarare un’indubbia attenzione per il cristianesimo, non foss’altro a motivo dell’indiscutibile rilevanza che esso ha avuto nella storia e nella cultura dell’Occidente. Qualcuno potrebbe sostenere che “a cavai donato non si guarda in bocca”: perché ci si dovrebbe lamentare se la fede cristiana non solo non viene più avversata in maniera esplicita, ma viene addirittura guardata con rispetto e deferenza? Perché non accogliere con favore le tante attestazioni di stima per il Santo Padre e i numerosi riconoscimenti nei confronti di quello che Chateaubriand chiamò il genio del cristianesimo? La risposta è nelle parole che Virgilio, nell’Eneide, mette in bocca a Laocoonte, vanamente impegnato a convincere i Troiani a non accogliere il cavallo preparato dai Greci:” Quidquid est, timeo Danaos et dona ferentes”, “qualunque cosa sia, temo i Greci anche quando portano doni”. Non si tratta di chiudere la porta al dialogo, ma di dialogare nella chiarezza delle posizioni. Faccio un esempio, piccolo ma secondo me assai indicativo, la cui modesta lezione potrebbe essere estesa a molti altri casi, anche più drammatici: che senso ha affermare il valore storico-culturale del cristianesimo e poi fare di tutto perché il crocifisso scompaia dalle aule delle nostre scuole? San Girolamo, che non si preoccupava di essere “politically correct”, sentenziò: “Ultroneas putere merces”, “la roba offerta gratis puzza”. Cercasi ateo disperatamente!

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Detesto sinceramente le scritte sui muri; ma quella che ho letto qualche giorno fa nei pressi del palazzo di giustizia di Roma mi ha lasciato a bocca aperta. In uno stampatello incerto e un po’ sghembo, con l’immancabile, e anch’esso secondo me detestabile, ricorso a simboli matematici all’interno di una frase italiana, una mano anonima (o forse, non ricordo bene, c’era pure una firma) aveva lasciato questo messaggio, che ho trovato tanto struggente quanto ricco di significato: “Baba e Cris x la vita e oltre”. Non ho potuto fare a meno di ricostruire quello che mi è sembrato il senso più autentico di quelle poche scarne parole. Si trattava certamente di un grido d’amore, che testimoniava l’auspicio, se non addirittura la certezza, che due persone non possono amarsi se non per tutta la vita; anzi, che la vita non basta a contenere tutto l’amore che unisce in modo indissolubile due anime e due corpi, e che pertanto è necessario credere in un “oltre”, che superi la barriera stessa del tempo. Insomma – ma forse ho commesso una forzatura?! – in quel graffito tracciato con lo spray nero ho letto la speranza e la fede nella vita eterna e ho letto pure la certezza che tale fede e tale speranza sono fondate sull’amore: una straordinaria e inappuntabile lezione di filosofia e di teologia! Forse addirittura una preghiera semplice e profonda. Chissà che in questi tempi così strani non ci tocchi pure di veder annunciare il Vangelo sui muri! Il Signore aveva chiesto di predicarlo sui tetti: la differenza non mi pare poi molta.

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IL TIMONE – N. 31 – ANNO VI – Marzo 2004 – pag. 4 – 5
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