Se ci dicessero che con i soldi delle nostre tasse finanziamo, tra l’altro, la diffusione dell’aborto e della contraccezione nel mondo, avremmo senz’altro un moto di reazione. Forse ci organizzeremmo per protestare e chiedere conto dei nostri soldi. Infatti nessuno ce lo dice. Però a Bruxelles – intesa come capitale dell’Unione Europea – lo fanno, e in misura sempre più massiccia. Prendiamo l’ultimo fatto: lo scorso 14 ottobre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite si è svolta una giornata dedicata alla celebrazione dei dieci anni della Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo, quella – per intenderci – che rese universale il concetto di salute e diritti riproduttivi, tra cui rientra l’aborto. Ebbene, con un intervento passato inosservato, il rappresentante dell’Unione Europea,l’olandese Hans Van Den Broek, ha annunciato che la Ue farà una donazione straordinaria di 75 milioni di dollari per garantire preservativi e kit abortivi ai Paesi in via di sviluppo. A dire il vero Van Den Broek non si è espresso esattamente in modo così brutale (c’è sempre una certa raffinatezza nel presentare il male), ma ha detto che quella somma di denaro è destinata al “Fondo ONU per gli strumenti di salute riproduttiva” e si tratta della “intera somma per sanare il bilancio”. Se poi andate a cercare nel sito internet del l’UNFPA (il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, che amministra tale Fondo), troverete che tali strumenti consistono in: preservativi, test per la gravidanza e materiale per il pronto soccorso ostetrico. Non lasciatevi ingannare dalle parole: il “materiale per il pronto soccorso ostetrico” è usato essen-zialmente per provvedere aborti, come tutti gli esperti ben sanno. Del resto, lo stesso Van Den Broek – il cui intervento ha segnato la degna conclusione della Commissione Prodi – ha ribadito l’impegno dell’Unione Europea nel promuovere programmi di “salute riproduttiva” nel quadro degli aiuti allo sviluppo. Cosa peraltro di cui non dubitavamo affatto, visto che negli ultimi anni la Commissione Europea ha moltiplicato a dismisura i programmi di aiuti allo sviluppo finalizzati proprio alla “salute riproduttiva” (ovvero il controllo delle nascite nel Terzo Mondo): basti pensare che solo dal 2002 al 2004 c’è stato un aumento di oltre il 120% nel finanziamento di tali programmi mentre la cifra totale degli aiuti allo sviluppo è rimasta stabile.
In precedenza, nel settembre 2002, la stessa Commissione Europea aveva firmato il protocollo per una nuova cooperazione con l’UNFPA e l’lnternational Planned Parenthood Federation (IPPF, la più grande multinazionale dell’aborto), praticamente per colmare il vuoto di fondi lasciato dal-l’amministrazione Bush che intende punire due agenzie corresponsabili in Cina di programmi di controllo delle nascite che prevedono l’aborto forzato. E due mesi dopo il Consiglio dell’Unione Europea approvava il Rapporto Sandbaek, che lega la politica di cooperazione allo sviluppo della UE alla disponibilità di “servizi di salute riproduttiva”. Questo rapporto peraltro segna una svolta importante: nella legislazione precedente, . fatti, i programmi sulla popolazione erano comunque inseriti in più ampi progetti di sviluppo – dall’acqua bevibile all’educazione – mentre qui l’accento è posto unicamente sulla salute e sui diritti riproduttivi, al punto che il moltiplicarsi dei fondi per tali progetti va a scapito anche di programmi per l’educazione, come hanno denunciato alcuni eurodeputati.
Lo zelo dell’Unione Europea nel diffondere l’aborto non si limita soltanto ai Paesi in via di sviluppo, ma si rivolge anche al proprio interno: si ricorderanno le polemiche che nel luglio 2002 accompagnarono l’approvazione in sede di Parlamento Europeo della Risoluzione Van Lancker, in cui si chiede a tutti gli Stati dell’Unione Europea e ai Paesi candidati di liberalizzare l’aborto, favorire la contraccezione, introdurre l’educazione sessuale fin dalle elementari e assicurare la contraccezione e l’aborto anche agli adolescenti non rendendo necessario il consenso dei genitori. Si trattò di una clamorosa ingerenza negli affari interni dei singoli Stati, visto che la materia non rientra nelle competenze dell’Unione Europea, ma ciononostante quella risoluzione “opera” in modi sorprendenti. Sono stati proprio i delegati europei, infatti, lo scorso novembre tra i più attivi sostenitori alle Nazioni Unite (in commissioni dell’Assemblea generale) della condanna alla Polonia e a Malta per le loro leggi restrittive in materia di aborto, con la richiesta pressante di porvi rimedio in fretta. E il “caso Polonia” è già in calendario per la prossima sessione di marzo della Commissione ONU per i diritti umani con sede a Ginevra.
L’ostinato attivismo anti-vita dell’Europa non si limita all’aborto. Ancora una volta sono stati un gruppo di Paesi europei – Inghilterra, Francia e Spagna in testa – a far fallire alle Nazioni Unite il tentativo di approvare il bando totale alla clonazione umana, lo scorso novembre.
Prendere coscienza di questa situazione non può risolversi in una semplice condanna dell’Europa e di chi l’ha guidata in questi anni e di chi la guiderà ancora (da questo punto di vista la Commissione Barroso non nasce sotto migliori auspici). Si tratta anzitutto di rinnovare un impegno a vivere la fede e a costruire spazi umani nuovi. Sarebbe sterile invocare il richiamo alle radici cristiane dell’Europa se Cristo non fosse presente, vivo e incontrabile oggi. Se le cattedrali fossero soltanto una memoria del passato, pur belle e stupefacenti sarebbero però inutili all’uomo europeo di oggi. In secondo luogo è necessario che la fede vissuta si traduca in opere sociali, in grado di ricostruire quella cultura europea così clamorosamente negata dalla Costituzione recentemente approvata. E nel frattempo sarebbe opportuno che invitassimo i governi europei a vigilare e a rendere conto del modo in cui vengono spese le nostre tasse.
RICORDA
«Chiesa in Europa, la nuova evangelizzazione è il compito che ti attende! Sappi ritrovare l’entusiasmo dell’annuncio. […] L’annuncio di Gesù, che è il Vangelo della speranza, sia il tuo vanto e la tua ragion d’essere. Continua con rinnovato ardore nello stesso spirito missionario che, lungo questi venti secoli e incominciando dalla predicazione degli apostoli Pietro e Paolo, ha animato tanti Santi e Sante, autentici evangelizzatori del continente europeo».
(Giovanni Paolo Il, Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003, n. 45).