Accoglienti e aperti al mondo, ma radicati in Gesù Cristo e nella sua Chiesa. Consapevoli che il Signore in cui crediamo non è un Dio generico ma è Amore e per questo è Trinità.
Dicevamo la volta scorsa delle difficoltà in cui oggi si trova il cristianesimo, difficoltà che nascono sia dal confronto con altre religioni e spiritualità, sia dal fatto che i credenti sono ormai minoranza dal punto di vista culturale. Aggiungevamo che questo comporta, per chi cristiano voglia rimanere, la necessità di ritrovare una forte "identità".
Chiariamo subito che essere profondamente radicati nella propria fede non significa affatto diventare degli intolleranti, chiudersi o combattere come avversari coloro che la pensano in modo diverso, compresi quelli che ci disistimano e qualche volta ci aggrediscono. Potremo difenderci, naturalmente, quando sarà il caso, ma sempre tenendo presente che tra le cose che il Vangelo ci insegna è che tutti, cristiani o no, siamo figli dello stesso Padre. Se ci riflettiamo bene, infatti, ci rendiamo conto che c'è un mistero in questa "Babele", in questa contemporanea presenza di credenza e di non credenza, di fedi spesso profondamente diverse le une dalle altre che, ora che il mondo si è fatto piccolo, possono anche confonderci e turbarci. Eppure, andando più a fondo, ci accorgiamo che ancora una volta ci troviamo di fronte all'opera di quel Dio che sembra nascondersi non per crudeltà o disinteresse nei nostri confronti ma per rispettare la nostra libertà. Potrebbe, che so, apparire sulle nubi e chiarirci una volta per tutte, in modo indubitabile, come stiano le cose cosicché l'intero mondo creda. No, questa verità sarà palese solo alla fine dei tempi con il ritorno glorioso di Cristo. Per ora, Egli dona sufficiente luce perché la fede sia presente nel mondo, ma anche abbastanza tenebre perché altri possano non farla propria. Il Suo Spirito ha certamente vegliato sui popoli, che tutti indistintamente ama, perché, seppure in modi diversi, lo cercassero. Eppure, soltanto a un piccolo gruppo, del quale noi siamo gli eredi, ha storicamente riservato la straordinaria rilevazione che ci fa conoscere la Sua natura trinitaria, cioè quel Suo essere Amore e quella incarnazione del Verbo in Gesù che ha radicalmente trasformato l'essenza e il destino di ogni persona umana.
Per aggirare il problema, oggi spesso si sostiene che, se Dio c'è, è uno solo e che, dunque, tutte le religioni si equivalgono come vie diverse per giungere alla stessa meta. Così, in fondo, anche chi non crede, se si comporta bene, si trova nella stessa situazione del credente. Peccato che questa affermazione abbia come conseguenza un generale relativismo e che, nella realtà, essa smorzi ogni profondità nella ricerca e nell'impegno.
Per un cristiano, poi, questo significa una cosa molto grave: e, cioè non credere più alla verità di ciò che è stato rivelato e che è presente nella Scrittura. E cioè che il Signore in cui crediamo non è un Dio generico ma è Amore e per questo è Trinità. Così, se è vero che se Dio c'è è uno solo, è al contempo vero che noi sappiamo una cosa in più, e questo perché Dio stesso ha voluto farcela sapere, e cioè che Egli, nella sua essenza stessa, è Amore, è Paternità, quella stessa che Egli vive all'interno della Santa Trinità e che è estesa naturalmente a tutti, anche a coloro che non lo sanno. Così come a noi è dato di sapere che la seconda Persona di questa Trinità, cioè il Verbo, si è incarnata in Gesù Cristo Uomo – Dio. Il quale non è un profeta, per quanto eccelso, non è un avatar cioè un'apparizione in cui Dio si manifesti in modo particolare con la Sua grazia. No, è Dio lui stesso, vero Dio e, al contempo, vero uomo. E tutto questo lo ha fatto per riportare l'uomo alla sua condizione originaria prima del peccato, anzi per portarlo ancor più in alto di prima, inserendolo da quel momento in poi per sempre, tramite Gesù, all'interno stesso della Trinità, figli nel Figlio. Questa rivelazione e questo evento straordinario che si sono verificati nella storia non valgono solo per i cristiani, ma per tutti gli uomini. Tutti, infatti, che lo sappiano o no, sono diventati figli nel Figlio, tutti partecipano misteriosamente di quella Croce e di quella Risurrezione, tutti sono inseriti nella dinamica dello Spirito, tutti, in una parola, se saranno salvati, cioè se raggiungeranno la pienezza della vita e dell'amore, lo dovranno a Gesù. Questa è la "Buona Novella" quella vera, la più bella, la più desiderabile. Ed è davvero una tragedia non ascoltarla oppure sottovalutarla quando si è avuta la grazia di intenderla e di essere educati in essa. Così come sarebbe davvero una mancanza di amore verso i fratelli rinunciare ad annunziarla, pur tra tante difficoltà, impedendo così ad altri di riconoscersi in essa e di ritrovarvi la pienezza della vita.
Ecco, dunque, quale è la vera identità cristiana. Credere con fermezza, con serietà, in Dio Trinità e nel Verbo che si è fatto carne e che è diventato così Via, Verità e Vita. E, poi, credere con altrettanta fermezza nella Chiesa sua Sposa che Egli ha lasciato come strumento perché agli uomini di ogni generazione e di ogni Paese del mondo giungano la Scrittura Sacra e i sacramenti. Perché cioè ciascuno, oggi, possa riudire quella rivelazione straordinaria di cui abbiamo parlato e possa essere concretamente raggiunto dalla salvezza che Gesù ci ha guadagnato.
All'interno della vita cristiana, quella morale certamente esigente che oggi scandalizza molti e che li porta a guardare alla Chiesa come ad una matrigna più che a una madre, non è il prius. Il punto di partenza è la fede e si sbaglia quando non si tiene conto di questo nell'annuncio cristiano perché si rischia, insistendo troppo sugli aspetti morali, di rendere il cristianesimo incomprensibile per l'uomo d'oggi. È l'incontro con Gesù Cristo che va anzitutto proposto e che noi per primi dobbiamo realizzare, se vogliamo essere testimoni che sanno quel che dicono. È il contatto con la Sua persona guaritrice, con l'amore del Padre che Egli ci trasmette, con lo Spirito santificatore che ci fa comprendere davvero chi siamo e quale sia il nostro destino. Allora, e solo allora, "capiremo". Capiremo che quel di più che ci viene richiesto e che il mondo spesso non capisce non è una gabbia soffocante e castratrice. Ma è un meglio. È la "via stretta" che apre ad una gioia più grande, è la liberazione progressiva, compiuta con l'aiuto della grazia, dai nostri egoismi, è l'apertura del cuore alla dimensione di Dio.
Per questo, un rispetto pieno della morale, anche a costo di sacrificio personale, fa parte di una piena identità cristiana. Ma deve essere sostenuto e corroborato dalla fede, altrimenti diventa un moralismo rigido, forse disumano dietro il quale per il "mondo" sarà difficile intravedere quell'amore e quella gioia che è il cuore del cristianesimo.
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«Che ti vale confessare il Signore, onorare Dio, lodarlo, riconoscere il suo Figliuolo, e confessare che egli siede alla destra del Padre, se bestemmi la sua Chiesa? Se tu avessi un protettore al quale prestassi ogni di ossequio, e tuttavia oltraggiassi la sua sposa con una grave accusa, avresti tu ardire di entrare ancora in casa di questo protettore? Abbiate dunque, carissimi, abbiate tutti concordamente Iddio per vostro Padre, e per vostra madre la Chiesa»
(5. Agostino, Enarrat. In Psalm. 88, Sermo 2, 14).
IL TIMONE – N.42 – ANNO VII – Aprile 2005 – pag. 56 – 57