Mosè rimase sul monte Sinai quaranta giorni. Possiamo pensare che egli sia stato in un’estasi continua alla presenza del Signore. Una presenza che non possiamo immaginare, non vista con gli occhi del corpo perché il Signore stesso gli dirà: «…nessun uomo può vedermi e restare vivo» (Es 33,20), ma avvertita in una tale evidenza da assumere in sé ogni facoltà dell’essere umano.
Mosè poté rimanere in quell’estasi senza necessità di nutrirsi, né di dormire, in uno stato simile a quello degli angeli santi. E mentre egli era lassù e Giosuè lo attendeva a una certa distanza, beneficiando anch’egli dello straordinario aiuto divino per il suo sostentamento, il popolo accampato ai piedi del Sinai cominciò ad agitarsi. Mosè non tornava. Per noi è causa di grande stupore il fatto che nessuno si sia preoccupato per la sorte di Mosè. Se si fosse sentito male? Se si fosse sperduto su quella impervia montagna?
È pur vero che vi era stata la proibizione assoluta, per il popolo, di salire sul Sinai e che nessuno avrebbe osato trasgredirla, ma sarebbe stato molto bello vedere almeno alcuni riunirsi per pregare il Signore per lui. Il discorso che invece il popolo fece ad Aronne – e, si noti bene, affollandosi intorno a lui – fu questo: «Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto» (Es 32,1).
E qui accade l’inverosimile. Aronne che a fianco di Mosè aveva operato, nel nome di Dio, prodigi grandiosi in Egitto davanti al faraone, Aronne che con Mosè si era già avvicinato alla vetta del Sinai, ora chiede agli israeliti di portargli tutti i monili d’oro che posseggono, li fa fondere e plasma con quell’oro un vitello. Compiaciuto il popolo esclama: «Ecco il tuo dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!». Poi Aronne fa costruire un altare davanti al vitello ed esclama: «Domani sarà festa in onore del Signore ». Che cosa dice Aronne? In onore del Signore? Quel vitello d’oro poteva forse rappresentare il Signore? O Aronne è preso dal panico per quella folla che sembra impazzita e non sa come placarla? Ed ecco che: «Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo si sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento».
Sul monte, intanto, il Signore rivela a Mosè quello che il popolo sta facendo e gli manifesta la sua volontà di distruggerlo. Poi gli propone di fare di lui una grande nazione. Mosè non si rallegra per nulla di una simile proposta, anzi parla al Signore con tali argomenti da indurlo a non attuare il suo proposito: «Perché dovranno dire gli egiziani: Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire fra le montagne e farli sparire dalla terra? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre”. Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo».
Ci sia concesso di ritenere che questa preghiera di Mosè sia stata tanto gradita al Signore. Mosè non vuole che il santo nome del suo Dio sia disonorato agli occhi degli egiziani e chiede implicitamente al Signore di perdonare quel popolo che è discendenza di Abramo. E ora scende dal monte portando le tavole della Legge delle quali è scritto: «Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole». Erano, dunque, preziose oltre ogni dire. Ora gli avvenimenti precipitano. Mosè viene raggiunto da Giosuè e scendono insieme. Odono un grande clamore che Giosuè interpreta come rumore di guerra. Giunti all’accampamento vedono il vitello d’oro e gli israeliti che gli danzano intorno ed acclamano.
Mosè è preso da un’ira incontenibile: scaglia contro le rocce della montagna le tavole della Legge che si frantumano; afferra il vitello d’oro, lo getta nel fuoco, lo riduce in polvere, getta quella polvere nell’acqua e costringe gli israeliti a berla. Poi affronta Aronne e gli chiede conto di quello che ha fatto. Aronne balbetta delle scuse pieno di confusione e di vergogna. Infine Mosè chiama a raccolta tutti coloro che vogliono stare dalla parte del Signore. È scritto che: «Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi», tutti coloro, dunque, che come Mosè appartenevano a quella tribù.
IL TIMONE – N. 51 – ANNO VIII – Marzo 2006 – pag. 60