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14.12.2024

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L’Italia dopo Berlusconi
31 Gennaio 2014

L’Italia dopo Berlusconi


 

 

Che cosa accadrà nell’Italia senza Silvio? Il Timone prova a immaginare gli scenari più probabili. Il criterio di giudizio? I principi non negoziabili e le scelte della politica. Con l’aiuto della “scala del danno”

 

Il ciclo politico di Silvio Berlusconi sembra giunto al capolinea. Che resti al governo, o che sia costretto a dimettersi, la sensazione è comunque la stessa: si avvicina il momento in cui gli italiani dovranno fare a meno di lui. Ovviamente, chi lo detesta gioisce, chi lo ama se ne rammarica. Giudizi opinabili, simpatie e antipatie che qui poco ci interessano.
La vera domanda, sotto il profilo apologetico, é un’altra: che cosa ci aspetta, come cattolici e come difensori di “principi non negoziabili”, una volta che Berlusconi sarà uscito di scena?

Politica e valori: la “scala del danno”
Stiamo parlando dei grandi temi del divorzio, dell’aborto, della fecondazione artificiale, della famiglia, dell’omosessualità, dell’eutanasia, della droga, del rapporto Stato-Chiesa. Dopo Berlusconi, il barometro che indica il clima politico su queste frontiere segnerà bel tempo, variabile, pioggia oppure tempesta?
Messa di fronte a queste materie cruciali, una maggioranza di governo può assumere quattro diverse condotte, che corrispondono a una specie di “scala del danno”, e che sono così riassumibili in ordine crescente:
1. agire per eliminare leggi ingiuste già esistenti;
2. resistere per evitare nuove leggi ingiuste;
3. rimanere totalmente indifferente e neutrale;
4. agire per promuovere ulteriori leggi ingiuste e peggiorare quelle esistenti.

Il fattore Berlusconi…

Come si vede dalla nostra analisi, c’è poco da stare allegri. Le ragioni di questo pessimismo sul terreno dei principi non negoziabili discendono dalle peculiarità di Silvio Berlusconi, e dal vuoto che si apre con la sua uscita di scena. La politica assomiglia spesso al tifo calcistico, e la gente si lascia trascinare dall’emotività. Ma al cattolico è richiesto, qui come altrove, di usare la testa. La ragione ci dice che Berlusconi ha rappresentato una grande anomalia politica: il suo carisma personale ha dato vita a un’alleanza di governo che senza di lui è difficilmente pensabile. Forza Italia prima e Pdl poi hanno fuso insieme elettori del Movimento sociale italiano, della Democrazia cristiana, dei piccoli partiti laici e del partito socialista: pensiero reazionario e rivoluzionario, cattolicesimo e anticlericalismo amalgamati insieme, in un’alchimia politica impensabile senza l’ascendente di un simile leader. Questo ircocervo ha portato in Parlamento una massa di parlamentari in larga prevalenza non ostili alla Chiesa e non disastrosi sul terreno dei principi non negoziabili. Terreno sul quale si è dimostrato ancora più robusto il blocco parlamentare della Lega. Ovviamente, prenderebbe un clamoroso abbaglio chi pensasse che Berlusconi sia un paladino dei principi della legge naturale, o un perfetto interprete pubblico della dottrina sociale della Chiesa. Ma è chiaro che, dopo di lui, questo pur modesto “zoccolo duro” di resistenza si dissolverà, e nessun neocentrismo post democristiano sembra in grado di rimpiazzarlo.

…e il berlusconismo
In tutto questo c’è però un paradosso. Al disfacimento del tessuto morale del nostro Paese – già in atto da molti decenni – ha contribuito proprio una certa “cultura” riconducibile al leader di Arcore. Più che Berlusconi, poté il berlusconismo. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata a quello che da anni le reti televisive di Mediaset continuano a propinare al pubblico: superficialità, cattivo gusto, soldi, sesso, benessere, apparenza, edonismo, divorzismo, nichilismo, relativismo, rimestamento nel peccato e nel torbido dell’umana miseria. Un vero e proprio campionario pratico del pensiero debole e di quella cultura radical chic che, in politica, Berlusconi si è trovato a combattere. Paradossalmente, di questa straordinaria e particolarissima stagione politica, ciò che resta e ciò che rischia di rimanere saldamente radicato negli italiani è proprio questo mondo senza Dio e senza Cristo, senza legge naturale e senza Chiesa. Un terribile disastro morale rispetto al quale lo zapaterismo della sinistra radicale, o il buonismo della sinistra moderata, o il brodino caldo del “centro moderato” appaiono tutti perfettamente equivalenti e adeguati.

Gli scenari più probabili

Stiamo per entrare in una fase politica convulsa e piena di incognite, e nessuno sa che cosa accadrà domani. Tuttavia, usando un po’ di buon senso possiamo azzardare gli scenari futuri più probabili.


Prima ipotesi: l’Italia va a sinistra

I partiti di sinistra serrano i ranghi, dando vita a un’alleanza fra cattolici di sinistra, progressisti, radical chic ed esponenti della cultura marxista, ambientalista e omosessualista. Una simile maggioranza avrebbe rilevanti affinità con il governo spagnolo di Luis Zapatero, anche se gli italiani hanno sempre dimostrato di applicare gli schemi ideologici in maniera più blanda e sfumata: il fascismo non fu come il nazismo, e il comunismo di Togliatti e soprattutto di Berlinguer non fu come quello di Stalin. Tuttavia, un simile governo dovrebbe dare al suo elettorato segnali forti proprio contro i principi non negoziabili: si collocherebbe quindi al livello 4 nella scala del danno. Verrebbero sostenute la legittimazione culturale e giuridica dell’omosessualità, l’ambientalismo spinto, l’autodeterminazione dei malati di fronte alla morte, l’ulteriore diffusione della contraccezione nelle scuole, la tolleranza sulle droghe leggere, l’ulteriore socializzazione della maternità per spingere più donne lontano dalla famiglia verso il mercato del lavoro, con più asili nido, più tempo pieno scolastico, più assistenza sociale. I rapporti con la Chiesa subirebbero un peggioramento, l’8 per mille potrebbe essere messo in discussione.

Seconda ipotesi: l’Italia corre al centro
È lo scenario più probabile. Dopo anni di politica dai toni accesi e spettacolari, una fetta della vecchia classe dirigente si ripresenta agli elettori come soluzione di moderazione, equilibrio e pacificazione nazionale. Questo scenario implica lo sconvolgimento delle formazioni politiche attuali, e in particolare del Pdl, che si dissolve. I centristi – guidati soprattutto da esponenti di estrazione cattolica – escludono dal potere le aree considerate impresentabili: a sinistra vengono congelati all’opposizione i partiti di ispirazione marxista; a destra, viene “tagliata” la Lega e le residue modeste formazioni più estreme. Si forma così una maggioranza di difficile qualificazione ideologica, il cui unico valore di coesione è la moderazione, e una probabile alleanza sotterranea con i poteri forti. Molto difficile prevedere a quale punto della “scala del danno” un simile governo possa collocarsi. Storicamente, questo scenario assomiglia moltissimo al consociativismo della “prima repubblica”: e in quell’epoca la maggioranza, che godeva di una fortissima presenza cattolica, non seppe impedire né la legalizzazione del divorzio, né quella dell’aborto. Paradossalmente, potremmo ritrovarci al livello 2 oppure al 4 della scala, perché molto dipenderebbe dalla composizione del parlamento più che dalla volontà dell’esecutivo. Una simile maggioranza dedicherebbe molte attenzioni al rapporto con la Chiesa, l’8 per mille non sarebbe minacciato.

Terza ipotesi: l’Italia torna al centrosinistra
Il Pd si allea con una parte dei partiti moderati, forse con la sinistra radicale. Quello che rimane del centrodestra e la Lega finiscono all’opposizione. L’Italia ha già sperimentato questo scenario dal 2006 al 2008, all’epoca del secondo governo Prodi. Un’esperienza politica breve, ma intensa e indimenticabile, durante la quale politici anche cattolici del governo si diedero da fare per approvare leggi ingiuste, difendendo quelle che già c’erano. Scenario da livello 4 della scala del danno. Rapporti burrascosi con la Chiesa.


Quarta ipotesi: l’Italia resta al centrodestra

È l’ipotesi più improbabile. Il Pdl riesce a trovare un leader per il dopo Berlusconi, salva l’alleanza con la Lega, rimane al potere. L’esperienza di questi anni ha dimostrato che i governi di centrodestra non si collocano mai al livello 1 della scala del danno: non hanno infatti né la volontà, né la formazione culturale, né la forza politica per promuovere l’abolizione o la restrizione di leggi ingiuste. Sono governi di destra solo per modo di dire. Al massimo vengono sostenute leggi cosiddette imperfette, che sono comunque ingiuste, ma “meno” ingiuste di altre peggiori. I rapporti con la Chiesa restano buoni. Tutto lascia prevedere che in un simile scenario, l’Italia galleggerebbe fra il livello 2 e il livello 3 della nostra scala, oscillando tra la resistenza e la resa alla dissoluzione giuridica della nostra civiltà. Su temi come l’omosessualità, la sua valorizzazione etico sociale e il suo status giuridico, ministri del governo Berlusconi, sindaci e presidenti di provincia del Pdl hanno espresso condotte che meritano a pieno titolo il livello 4 nella scala del danno.

IL TIMONE  N. 105 – ANNO XIII – Luglio/Agosto 2011 – pag. 14 – 15

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