C’è un «filo rosso» che lega le cinquanta propositiones contenenti le conclusioni del Sinodo sull’eucaristia che si è celebrato in Vaticano nelle prime tre settimane d’ottobre: l’attenzione alla liturgia bene celebrata e il recupero di alcune pratiche cadute in disuso in molte parrocchie del mondo.
Anche se sui giornali e sulle Tv a tenere banco è stato il problema della comunione ai divorziati risposati, o quello del celibato dei sacerdoti, dalla lettura del testo delle proposizioni – rese pubbliche per volontà di Benedetto XVI (con il suo predecessore era accaduto soltanto una volta, nel 1985) – ci si rende conto di quale sia stata la preoccupazione dei 252 padri sinodali. Va sottolineato che ognuna delle cinquanta proposizioni è stata votata separatamente e ha ottenuto una significativa maggioranza: si possono dunque considerare questi testi come un importante frutto collegiale e allo stesso tempo uno specchio fedele delle preoccupazioni dei pastori della Chiesa universale nei vari Paesi del mondo.
Nella proposizione 2, il Sinodo ricorda «il benefico influsso» della «riforma liturgica attuata a partire dal Concilio», che «ha messo in evidenza la bellezza dell’azione eucaristica». «Abusi si sono verificati nel passato, non mancano neppure oggi anche se sono alquanto diminuiti. Tuttavia simili episodi non possono oscurare la bontà e la validità della riforma, che contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate; piuttosto urgono ad una maggior attenzione nei confronti dell’ars celebrandi (l’arte di celebrare, ndr) da cui viene pienamente favorita l’actuosa participatio (la partecipazione attiva dei fedeli, ndr)».
Al numero 6, il Sinodo rilancia come importante per la vita della Chiesa la pratica dell’adorazione eucaristica, così come ha sempre chiesto Papa Wojtyla. Benedetto XVI ha voluto che un pomeriggio i lavori sinodali fossero sospesi e tutti i padri partecipassero all’adorazione in San Pietro. Lo stesso Pontefice ha voluto che proprio con l’adorazione eucaristica culminasse la Giornata mondiale della Gioventù di Colonia, come pure l’incontro con i bambini della prima comunione che si è svolto sabato 15 ottobre in piazza San Pietro. Noncurante delle «esigenze televisive», e dei consigli di chi chiedeva di non fare questi gesti (effettivamente inediti in occasioni simili trasmesse in diretta Tv), il Papa li ha fortemente voluti, anche per mettere bene in chiaro quale sia il centro, il cuore, la meta del cammino di fede e poi anche per togliere se stesso, «l’umile lavoratore della vigna del Signore», dal centro della scena.
Il Sinodo chiede che l’adorazione sia «mantenuta e promossa», e che «la pastorale accompagni le comunità e i movimenti a conoscere il giusto posto dell’adorazione eucaristica allo scopo di coltivare l’atteggiamento di stupore di fronte al grande dono della presenza reale di Cristo». Viene anche chiesto che le chiese che conservano il Santissimo restino il più possibile aperte, per favorire la visita di chi vuole adorare in silenzio. Nella proposizione numero 7, dedicata al sacramento della penitenza, dopo aver ammonito che le assoluzioni collettive possono essere date soltanto in casi eccezionali, il Sinodo chiede che sia approfondita la pratica delle indulgenze e «incoraggia una catechesi rinnovata» per comprenderne il significato.
Benedetto XVI, nonostante la Gmg si tenesse in Germania, la patria di Martin Lutero che prese proprio spunto dagli abusi sulle indulgenze per attuare la riforma protestante, ha voluto che i giovani presenti a Colonia potessero lucrare l’indulgenza plenaria. Un segnale preciso a tutta la Chiesa.
Al numero 19, il Sinodo afferma che «la migliore catechesi sull’eucaristia è la stessa eucaristia ben celebrata. Per questo si chiede ai ministri ordinati di considerare la celebrazione come loro principale dovere» e chiede che sia posta particolare cura nel preparare l’omelia e che «l’omelia ponga la Parola di Dio proclamata nella celebrazione in stretta relazione con la celebrazione sacramentale».
Al numero 23, i padri sinodali lamentano che il «segno della pace» si trasforma talvolta in un momento di confusione proprio prima di accostarsi alla comunione, soprattutto quando si protrae troppo a lungo, e suggeriscono di prendere in considerazione la possibilità di anteporlo all’inizio della liturgia eucaristica, come avviene ad esempio nel rito ambrosiano.
Nella proposizione 25, dedicata alla «dignità della celebrazione», il Sinodo chiede che «si eviti l’eccesso di interventi che può condurre ad una manipolazione della Santa Messa, come per esempio quando si sostituiscono i testi liturgici con testi estranei o quando si dà alla celebrazione una connotazione non liturgica». Fenomeno purtroppo usuale in molte parrocchie, anche in Italia. «Un’autentica azione liturgica – scrivono ancora i padri sinodali – esprime la sacralità del mistero eucaristico. Questa dovrebbe trasparire nelle parole e nelle azioni del sacerdote celebrante».
Al numero 27 e 28, il Sinodo parla dell’arte e dell’architettura: punto dolente, se si guardano gli edifici sacri costruiti negli ultimi decenni. Chiese che non richiamano in alcun modo al senso del sacro e assomigliano invece a garage, a cubi di cemento, a capannoni.
Costruzioni che non sono state pensate per lo scopo a cui servono. «Una approfondita conoscenza delle forme che l’arte sacra ha saputo produrre lungo i secoli può aiutare coloro che sono chiamati a collaborare con gli architetti e gli artisti a pianificare adeguatamente, a servizio della vita eucaristica delle comunità di oggi, tanto gli spazi celebrativi quanto la programmazione iconografica.
Nel caso di conflitti tra aspetto artistico e celebrativo – precisa il Sinodo – si dia priorità alle necessità liturgiche della celebrazione secondo la riforma approvata dalla Chiesa». Per quanto riguarda la collocazione del tabernacolo, i padri raccomandano che abbia «nella chiesa una collocazione nobile, di riguardo, ben visibile, curata sotto il profilo artistico e adatta alla preghiera».
Anche il «canto e la musica» devono corrispondere «al mistero celebrato e al tempo liturgico». Nella proposizione 34, il Sinodo chiede la giusta riverenza davanti all’ostia consacrata: «Si osservi la pratica della genuflessione o di altri gesti di adorazione secondo le differenti culture. Si raccomanda l’importanza di inginocchiarsi durante i momenti salienti della preghiera eucaristica, in senso di adorazione e di lode al Signore presente nell’Eucaristia. Si promuova inoltre il ringraziamento dopo la comunione, anche con un tempo di silenzio». Nelle chiese moderne è invalsa l’abitudine di sostituire le sedie alle panche con inginocchiatoio: mentre con le prime quasi tutti vengono obbligati a non inginocchiarsi, specialmente le persone più anziane, con le seconde non si obbliga nessuno alla genuflessione, ma si permette che chi desidera farla lo possa fare più agevolmente. Anche in questo caso, c’è un grande lavoro di catechesi e di educazione che attende le comunità.
Infine, al numero 36, il Sinodo chiede che durante gli incontri internazionali venga utilizzato il latino e sia usato il canto gregoriano (che, vale la pena di ricordarlo, la Costituzione conciliare sulla liturgia Sacrosanctum Concilium chiedeva di preservare e promuovere).
Si raccomanda che «i sacerdoti, fin dal seminario, siano preparati a comprendere e celebrare la Santa Messa in latino, nonché a utilizzare preghiere latine e a saper valorizzare il canto gregoriano» e «di non trascurare la possibilità che gli stessi fedeli siano educati in questo senso».
IL TIMONE – N. 48 – ANNO VII – Dicembre 2005 – pag. 14 – 15