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12.12.2024

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Lo Spirito Santo e l’Islam
31 Gennaio 2014

Lo Spirito Santo e l’Islam

 

 

 
 
Per i musulmani, Gesù non avrebbe annunciato il futuro invio del Consolatore, lo Spirito santo, ma di Maometto. E’ una tesi insostenibile. Fondata su un errore madornale. Ecco quale.
 
 
 
 
Per i cristiani il Paraclito è lo Spirito santo. Basta leggere il vangelo di Giovanni che è molto chiaro. Egli parla del "Consolatore" (paràcletos in greco) e promette di inviarlo dopo la sua ascesa al cielo: «Ma il Consolatore, lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26) ed inoltre: «Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore (paràcletos); ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future» (Gv 16,7,13).
I cristiani hanno interpretato e creduto fin dall'inizio, senza ombra di dubbio, che queste espressioni ed altre contenute nei vangeli si riferiscono al dono dello Spirito che dà origine alla Chiesa. In ambito islamico invece la promessa di Gesù sarebbe rivolta ad annunciare la venuta di Maometto. Che esistesse questa interpretazione, evidentemente, si sapeva e non da oggi, ma era considerata una questione di disputa tra esperti. Attualmente si va diffondendo, insieme ad una più puntuale informazione sull'lslàm e alla lettura diretta del Corano, ed è sostenuta nell'insegnamento delle scuole coraniche e nella propaganda musulmana, attivata soprattutto da ex-cristiani.
Non sembri fuori luogo, pertanto, farne oggetto di riflessione. La deviazione interpretativa di questi testi è suffragata da una trasformazione del termine greco «paràcletos», in «periclytòs». Questo secondo vocabolo significa «esaltatissimo», «molto lodato» e sarebbe tradotto in arabo con il vocabolo Ahmad, il nome di Mu-hamad, Maometto in italiano. Ciò è affermato nel Corano nella Sura 61 al versetto 6, dove Dio rimprovera gli Israeliti perché non hanno creduto a Gesù figlio di Maria quando disse: «lo sono inviato a voi da Dio come confermatore della Torà e come annunziatore di un Inviato, di nome Ahmad, che verrà dopo di me». (Vedi" Corano, Utet, colI. Classici, a c. di M.M. Moreno 1967, p 510, nota; cf. anche altre edizioni del Corano, ad esempio" Corano, a c. di F. Peirone, Mondadori, Milano 1979, voi 2°, p. 779, nota p. 782).
Il termine Ahmad sarebbe la traduzione non tanto di «Paràcletos», ma di «Periclytòs». La trasformazione del vocabolo da paràcletos a periclytòs sarebbe desunta da un tardivo Vangelo apocrifo detto di Barnaba. Nelle discussioni con i cristiani, i musulmani ritengono che «paràcletos» sarebbe una lezione manipolata, come manipolati sarebbero altri passi del Vangelo (vedi L. Tescaroli, Cristiani e musulmani. Dialogo o monologo?, Emi, Bologna 1981, p. 79; M. Borrmans, Orientamenti per un dialogo tra cristiani e musulmani, Pont. Un. Urbaniana Roma 1988, p. 110; G. Dal Ferro, Nel segno di Abramo, Ebraismo e Islàm a confronto con il Cristianesimo, Ed Messaggero Padova, 2002, p. 277).
Questa interpretazione è divulgata nel "catechismo" islamico in lingua italiana, dove è detto: «Nel vangelo di Giovanni XIV, 16 e XVI, 7 Gesù, durante l'ultima cena, annuncia ai discepoli la venuta del "periclytos" che fu corrotto in "paracletos" (le due parole greche sono riportate in caratteri greci) e tradotto con Consolatore, mentre come viene detto nel Corano, la forma originale significa "colui che è lodato" cioè Ahmad che deriva dal radicale "h-m-d" che significa lode. Il nome Ahmed è praticamente un sinonimo di Muhammad ed entrambi significano "il lodatissimo", «colui che è lodato"» (Abu Bakr Dyabar al Dyazari, La via del musulmano, a c. Unione studenti islamici, Centro culturale islamico di Milano e Lombardia e Ucoi, Milano 1990, p.38).
Questa operazione religiosa e culturale rientra nell'ottica dell'affermazione radicale e intransigente del monoteismo assoluto e nel presupposto che i testi cristiani, come quelli ebraici, sono sottoposti all'unica legittima e veridica interpretazione che parta dalla ultimativa rivelazione coranica, nella quale si trova la spiegazione e il compimento delle parole che Dio ha affidato ai profeti che l'hanno preceduta. Questa interpretazione è evidentemente rifiutata dagli studiosi cristiani sulla base della Lettera dia agli Ebrei (Eb 1,1-2) e di tutto il Nuovo Testamento che ritiene conclusa la rivelazione divina con l'avvento di Gesù.
Da quanto detto, si può dedurre che la concezione del Cristianesimo presente nella teologia e nella coscienza dei musulmani è quella di una religione "divina" ma provvisoria, destinata a confluire. e a preparare la definitiva religione "divina" che Dio ha rivelata all'ultimo profeta, Maometto, sigillo dei profeti.
Il processo storico dello sviluppo della rivelazione fino alla "pienezza dei tempi" (GaI 4,4) che ha fondamento, per i cristiani, all'interno della storia della salvezza narrata nel primo e nel secondo Testamento, all'interno dell'unica rivelazione biblica che si apre con Mosè e si chiude con gli Apostoli di Gesù, è stata estesa dalla geniale fantasia mistica di Muhammad alla religione islamica con evidente superamento e decadimento delle religioni precedenti.
I cristiani sono chiamati a riflettere e ad interrogarsi se siano disposti, oltre a tutto, a considerarsi i precursori dei musulmani e la porta d'ingresso della loro fede.
Queste osservazioni impongono un dialogo serio e senza reticenze tra cristiani e musulmani, e non intendono escludere che vi sia un disegno di salvezza per coloro che appartengono alla famiglia di Abramo attraverso il figlio Ismaele e, secondo la Bibbia, oggetto di benedizione e dentro un disegno di Dio, clemente e misericordioso e non escludendo stima, rispetto, ricerca di collaborazione come insegna la Chiesa nella Dichiarazione del Concilio Vaticano II, Nostra aetate, Dichiarazione sulle relazioni con le religioni non cristiane (n. 3).

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«Chiunque, conoscendo l'Antico e il Nuovo Testamento legga il Corano, vede con chiarezza il processo di riduzione della Divina Rivelazione che in esso s'è compiuto. È impossibile non notare l'allontanamento da ciò che Dio ha detto di se stesso, prima nell'Antico Testamento per mezzo dei profeti, e poi in modo definitivo nel Nuovo per mezzo del Suo Figlio. 'futta questa ricchezza dell'autorivelazione di Dio, che costituisce il patrimonio dell'Antico e del Nuovo Testamento, nell'islamismo è stata di fatto accantonata».
(Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza. Intervista di Vittorio Messori, Mondadori, Milano 1994, pp. 103-104).

IL TIMONE – N.42 – ANNO VII – Aprile 2005 pag. 54-55

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