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14.12.2024

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Louis de Wohl: nell’anima della storia
31 Gennaio 2014

Louis de Wohl: nell’anima della storia

 

 

 

 

Scrittore dimenticato, fino alla pubblicazione in Italia del romanzo L’ultimo crociato. Eppure i suoi libri, tradotti in dodici lingue, hanno superato il milione di copie. Il cardinal Schuster gli aveva detto: “Scriva bene, perché sulle parole scritte un giorno lei sarà giudicato”.

 

 

Oltre quaranta libri pubblicati durante una lunga, fecondissima carriera di narratore. Un impegno letterario diviso in due dal discrimine dell'avvento del Nazionalsocialismo in Germania; il seguente autoesilio in Gran Bretagna, dove farà di tutto per essere arruolato nell'esercito, riuscendoci con lo stratagemma di inventare su misura (di se stesso) un "dipartimento per la guerra psicologica".
L'esperienza del contatto continuo con la morte durante i bombardamenti di Londra. Il coraggio. Poi la speranza nella ricostruzione, con un lungo decennio da dedicare alla semina e al raccolto nella "vigna del Signore", forte dei propri strumenti prediletti: la penna, la pagina, il racconto.
Vista così, la vita di Louis de Wohl meriterebbe già una biografia romanzata e romanzesca: eppure, per quasi mezzo secolo, l'oblio più opaco è caduto non solo sulla sua figura quanto, purtroppo, sull'intero corpus della sua opera letteraria.
Mentre le cronache culturali degli anni Trenta lo videro autore di numerosi e apprezzati best-seller, thriller, storie d'avventura: sedici novelle sceneggiate in altrettanti film dell'epoca. La frattura fra primo e secondo momento, in de Wohl, è talmente scomposta da imporci di guardarla con occhio attento allo sfondo dentro il quale (e contro il quale) egli maturò la propria risposta alla vocazione dell'arte. E dirò subito che il secondo "tempo" della narrativa dewohliana è superiore al primo perché lo completa, lo sconfessa, lo emenda alla luce di un fatto nuovo che allo scrittore capitò di vivere: la vicinanza di Cristo, cioè la fede. Per questo la frattura tra i suoi primi anni e il finale della carriera è anche il trauma che la cultura europea tutta dovette subire, ossia il distacco dall'ultimo legame con il cristianesimo.

Due romanzi, ovvero il "caso italiano"
Quando nel 2001 uscì per la collana Rizzoli-Libri dello Spirito Cristiano, il romanzo L'ultimo crociato era un testo del tutto ignoto e de Wohl un perfetto sconosciuto: ma la vita dell'uomo che vinse la battaglia di Lepanto fu in breve un libro assai letto. I recenti fatti di attualità, l'avanzata del terrorismo islamico, creavano aspettative in un pubblico altrimenti poco interessato alla battaglia di Lepanto.
Con una trama che scorre bene e personaggi ben ritratti, la lunga preparazione di Don Giovanni d'Austria a divenire l'eroe "involontario" di quel 7 ottobre 1571 si fa novella gradevole e istruttiva. Il protagonista è poco più che un ragazzo, ma vuole imparare a guidare le truppe cristiane a una vittoria navale che finirà per fermare la conquista musulmana dell'Europa. Figlio naturale di Carlo V e fratello di Filippo Il re di Spagna, Don Giovanni d'Austria fu valente ammiraglio, appassionato dagli ideali patriottici, eroe della repressione dei Mori: la vicenda del romanzo si estende su un ampio arco della storia europea del Cinquecento (dal 1554 al 1571 ), ragion per cui si può vedere un uomo rinascimentale in azione, tra limiti, peccati, riscatto e amore di Dio.
All'inizio della storia, trasportati in una Spagna fuori del tempo, piena di sole, da un momento all'altro aspet tiamo di veder apparire Don Chisciotte seguito dal fido Sancho Panza. lo stesso ho avuto la fortuna di leggere queste pagine mentre visitavo, per la prima volta, Vienna: guardandomi intorno, ai monumenti vetusti, provai gratitudine verso un semplice uomo grazie al quale il destino storico europeo poté essere preservato (insieme all'arte, all'architettura, alla musica) da una possibile trasformazione islamica. Anche così De Wohl riuscì, col suo stile e col tratteggio delle vicende quotidiane e psicologiche dei personaggi, a rivelare l'anima della storia.
La repubblica delle lettere però non diede grande eco né al libro né alla sua sorprendente fortuna. Non molto differente è stata la sorte del secondo romanzo uscito presso il medesimo editore, nel 2002, col titolo di La liberazione del gigante.
Qui de Wohl affronta, in un grande romanzo storico, un nodo cruciale della storia occidentale. Nel seguire le vicende ricche e movimentate dell'imperatore svevo Federico Il e del teologo san Tommaso d'Aquino, l'autore entra nel fuoco del problema da cui è nata la civiltà europea: il rapporto tra fede e ragione. Oggi, i pensatori dominanti, da noi, fingono di interessarsi alla questione, affondati come sono nelle paludi del nichilismo pratico di un panorama intellettuale di bassissimo livello: per questo e altri motivi, ancora una volta de Wohl non ha costituito il (meritato) caso letterario; pazienza, verranno tempi migliori.

Nell'anima della storia
Capiremo infatti di vivere in un'epoca più bella quando gli uomini di studio, e l'industria culturale, torneranno – a interessarsi davvero all'anima della storia, cioè alle vicende degli uomini nel tempo, a ciò che nel passa to i nostri fratelli hanno oscuramente vissuto, sperato, desiderato.
Allora si riscoprirà anche la scrittura di Louis de Wohl, assieme alla sua biografia così eccentrica: nato in Germania nel 1903 da padre ungherese e madre austriaca, fuggito dalla Germania nel 1935, fu instancabile viaggiatore, astronomo, uno degli scrittori più letti negli Stati Uniti.
Nel dopoguerra, il cardinal Schuster gli aveva detto:. «Scriva bene, perché sulle parole scritte un giorno lei sarà giudicato».
Dei suoi romanzi, tradotti in dodici lingue, ne sono state I pubblicate più di un milione di copie.
Tra le sue opere troviamo L'albero della vita (sulla vita dell'imperatrice sant'Elena), Così tramontò il sole (sull'imperatore Giuliano l'Apostata) e Attila. La bufera dall'Oriente.
Morto nel 1961 , ora attende che i lettori si chinino, pietosi, sui suoi libri così rispettosi dell'anima della storia.

RICORDA

"Ma qual era allora l'importanza di quel giorno di vittoria? Sarebbe stato celebrato in tante nazioni, certamente, vi sarebbero stati ricevimenti e banchetti, solenni discorsi e mendaci omaggi. Ma il Mediterraneo aveva visto tante battaglie e ben poco importava, se tante navi e tanti uomini vi avevano trovato la morte. Ne avrebbero sempre avuto abbastanza le madri per piangere il mancato ritorno dei loro figli. Una generazione o due sarebbero passate e la battaglia non sarebbe stata altro che una data da ricordarsi dagli scolari! "Il giorno 7 ottobre, Anno Domini 1571, la flotta della Lega Santa al comando di certo don Juan d'Austria sconfisse la flotta turca nel golfo di Lepanto". In questo modo avrebbero scritto, in questo modo avrebbero insegnato ai loro bambini. Ed era errato. Perché in verità Dio si era servito di numerosi suoi servi per arrestare il progresso della Mezzaluna nel nome della Croce".
Loius de Wohl, L'ultimo crociato. II ragazzo che vinse a Lepanto, Rizzoli-Libri dello Spirito Cristiano 2001, p. 387).

 

 

 

 

IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 52 – 53

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