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11.12.2024

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L’unità del genere umano
31 Gennaio 2014

L’unità del genere umano


 

Ad Assisi, nel 1986, papa Giovanni Paolo II raduna i rappresentanti delle diverse religioni per chiedere a Dio il dono della pace. Ma vuole anche compiere un passo verso l’unità visibile del genere umano, ancora nascosta ma fermamente voluta da Dio. Unità che può realizzarsi solo in Cristo, vero Dio e vero Uomo. Una riflessione prima del nuovo incontro voluto da Benedetto XVI

La certezza che ogni uomo che viene alla luce sia voluto e amato da Dio e che per la sua salvezza Cristo sia morto e risorto è una verità fondamentale insegnata dalla Chiesa cattolica ed è alla base dell’impegno all’apostolato a cui il Signore chiama ogni battezzato. Si tratta del mistero dell’unità del genere umano, cioè del fatto che ogni uomo appartiene ed è chiamato a riconoscersi nell’unica famiglia umana. La Chiesa cattolica, che nasce dal sacrificio di Cristo, raccoglie nella storia questa vocazione divina a costruire l’unità di tutti gli uomini, sotto un solo Signore e un unico pastore.
Non essendo un teologo, scrivo queste cose soltanto per cercare di capire come la Chiesa si muova nella storia sotto l’autorità del Romano Pontefice che la guida. Così, ho trovato questi concetti così importanti espressi e argomentati in un lungo discorso rivolto dal beato Giovanni Paolo II alla curia romana in occasione del Natale del 1986. Un discorso con il quale il Papa ha esplicitamente voluto spiegare il significato dell’incontro di preghiera fra i rappresentanti delle diverse religioni per ottenere da Dio il dono della pace, avvenuto pochi mesi prima ad Assisi, nel mese di ottobre dello stesso anno.

Rendere visibile l’unico progetto divino

Indubbiamente il Papa ha attribuito una grande importanza all’incontro di Assisi. Il suo scopo era quello di ottenere la pace coinvolgendo in questo sforzo i rappresentanti delle diverse religioni, in un’epoca storica in cui la minaccia di una guerra nucleare era reale così come la divisione del mondo in due blocchi contrapposti.
Ma non era soltanto questo il motivo che ispirò al Papa la decisione di convocare la riunione di Assisi. Lo spiega lui stesso: «Infatti in quella giornata, e nella preghiera che ne era il motivo e l’unico contenuto, sembrava per un attimo esprimersi anche visibilmente l’unità nascosta ma radicale che il Verbo divino, “nel quale tutto fu creato e nel quale tutto sussiste” (Col 1,16; Gv 1,3), ha stabilito tra gli uomini e le donne di questo mondo, coloro che adesso condividono insieme le ansie e coloro che ci hanno preceduto nella storia e coloro che prenderanno il nostro posto “finché venga il Signore” (cf. 1 Cor 11,26)».
Ossia, nelle intenzioni del Papa, l’incontro di Assisi era l’occasione in cui mostrare anche fisicamente al mondo intero l’unità del genere umano come esito auspicabile e raggiungibile, nell’obbedienza a Dio da parte delle diverse religioni e auspicando il riconoscimento di Cristo come unico Salvatore di ogni uomo e del mondo, testimoniato dal fatto che era stato appunto il suo Vicario a convocare i rappresentanti delle religioni.
Assisi «ci invita a una “lettura” […] alla luce della nostra fede cristiana e cattolica. Infatti la chiave appropriata di lettura per un avvenimento così grande scaturisce dall’insegnamento del concilio Vaticano II, il quale associa in maniera stupenda la rigorosa fedeltà alla rivelazione biblica e alla tradizione della Chiesa, con la consapevolezza dei bisogni e delle inquietudini del nostro tempo, espressi in tanti “segni” eloquenti (cf. Gaudiam et Spes, 4)». Fra questi bisogni c’è certamente quello di aiutare gli uomini di oggi a riconoscersi figli dello stesso Dio, riconoscendo che l’unità fra gli uomini nell’essenziale è più importante delle differenze. Alcune di queste differenze, dice il Papa, sono legittime e sono peculiarità dei popoli che nascono dalle diverse culture. Altre, e sono le differenze religiose, sono sorte per iniziativa degli uomini e possono essere superate nel riconoscimento appunto dell’unico progetto divino: «Perciò non c’è che un solo disegno divino per ogni essere umano che viene a questo mondo (cf. Gv 1,9), un unico principio e fine, qualunque sia il colore della sua pelle, l’orizzonte storico e geografico in cui gli avviene di vivere e agire, la cultura in cui è cresciuto e si esprime. Le differenze sono un elemento meno importante rispetto all’unità che invece è radicale, basilare e determinante».

L’errore gnostico e la centralità di Cristo
Potrebbe apparire a qualcuno che esista un unico progetto divino al di sopra delle diverse religioni. È la vecchia eresia e pretesa gnostica che prevede l’esistenza di una conoscenza superiore, esoterica, adatta solo a pochi perché solo in pochi sono in grado di conoscerla. Ma non è così. Il cristianesimo non è una via accanto ad altre: «Il disegno divino, unico e definitivo, ha il suo centro in Gesù Cristo, Dio e uomo “nel quale gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose” (Nostra Aetate, 2)» ed è importante notare che questa affermazione, ribadita da Giovanni Paolo II nel 1986, viene ripresa dal documento del Vaticano II che forse più di tutti gli altri viene accusato di sincretismo.
Ma come può avvenire questa unificazione, come gli uomini possono riconoscere lo stesso Dio creatore e la Redenzione operata da Cristo, se sono così divisi proprio sul piano religioso? Il Papa è consapevole del problema, della sua portata e del mistero che lo contraddistingue: «Gli uomini potranno spesso non essere consapevoli di questa loro radicale unità di origine, di destinazione e d’inserimento nello stesso piano divino; e quando professano religioni diverse e incompatibili tra loro potranno anche sentire come insuperabili le loro divisioni. Ma nonostante queste, essi sono inclusi nel grande e unico disegno di Dio, in Gesù Cristo, il quale “si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes, 22), anche se questi non ne è consapevole».
La risposta è la Chiesa, e la sua missione. «… la Chiesa è chiamata a operare con tutte le forze (l’evangelizzazione, la preghiera, il dialogo) perché si ricompongano le fratture e le divisioni degli uomini, che li allontanano dal loro principio e fine e li rendono ostili tra di loro», perché «l’intero genere umano, nell’infinita complessità della sua storia, con le sue differenti culture, è “chiamato a formare il nuovo popolo di Dio” nel quale si risana, si consolida e si eleva la benedetta unione di Dio con l’uomo e l’unità della famiglia umana: “Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale e alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini, che dalla grazia di Dio sono chiamati alla salvezza” (Lumen Gentium, 13)».
Per il Papa, Assisi è una catechesi e mostra nei fatti questo progetto missionario. Egli fornisce anche le modalità di lettura dei documenti del Magistero per sostenere questa lettura: il documento Unitatis redintegratio per quanto riguarda il rapporto fra le diverse confessioni cristiane, la già ricordata Nostra Aetate per il rapporto con le altre religioni, entrambe nell’ottica della Lumen gentium, cioè della costituzione conciliare sulla Chiesa, che si sofferma appunto sul Mistero del corpo di Cristo. Ma il tutto al servizio del desiderio di comunicare Cristo Salvatore a tutti gli uomini, per radunarli, «finché gli eletti si riuniscano nella Città Santa che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (Nostra Aetate, 1)».
In un certo senso, conclude Giovanni Paolo II, anche attraverso l’incontro di Assisi, la Chiesa ha aumentato la propria comprensione della missione che il Signore le ha affidato di riunire in Cristo tutti i popoli, testimoniando così l’unità del genere umano, creato e redento dallo stesso Dio: «In questo senso, si deve anche dire che la stessa identità della Chiesa cattolica e la coscienza che essa ha di se stessa sono state rafforzate ad Assisi. La Chiesa infatti, cioè noi stessi, abbiamo meglio capito, alla luce dell’avvenimento, qual è il vero senso del mistero di unità e di riconciliazione che il Signore ci ha affidato, e che egli ha esercitato per primo, quando ha offerto la sua vita “non soltanto per il popolo, ma anche per unire i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11,52)».

RICORDA
«Tuttavia, da quanto fin qui è stato ricordato sulla mediazione di Gesù Cristo e sulla relazione singolare e unica che la Chiesa ha con il Regno di Dio tra gli uomini, che in sostanza è il Regno di Cristo salvatore universale, è chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni, le quali sarebbero complementari alla Chiesa, anzi sostanzialmente equivalenti ad essa, pur se convergenti con questa verso il Regno di Dio escatologico». (Sacra Congreazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, 6 agosto 2000, n. 14).

Per saperne di più…

Il discorso di papa Giovanni Paolo II alla curia romana è del 22 dicembre 1986. Il primo incontro per la pace si era svolto ad Assisi il 27 ottobre dello stesso anno. Un altro incontro si svolse sempre ad Assisi il 24 gennaio 2002, dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001: da questo incontro nacque un Decalogo per la pace, successivamente inviato a tutti i Capi di Stato, nella convinzione che oggi «l’umanità deve scegliere fra l’amore e l’odio». Precedentemente, il 9 e 10 gennaio 1993, si era svolta ad Assisi una giornata di preghiera e digiuno più ristretta, con lo scopo di chiedere la pace in Europa, a fronte della guerra in corso nei Balcani.
Papa Benedetto XVI ha convocato durante l’Angelus della messa di Capodanno 2011 un nuovo incontro ad Assisi, per il prossimo mese di ottobre, nel 25° anniversario del primo incontro voluto dal suo predecessore.

 

 

 

 

 

IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 58 – 59

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