Sfere di cristallo, candele, tarocchi, oroscopi, talismani…, antichi ricordi di un passato oscuro e tenebroso? Pare proprio di no a giudicare dai risultati di una recente indagine SWG-Confesercenti effettuata su un campione di 600 persone, da cui risulta che l’interesse per le pratiche magiche coinvolge il 22% (corrispondente a oltre dieci milioni) degli italiani. Il giro di affari è notevole: si parla di 832 miliardi spesi per consulti e pratiche magiche, 66 miliardi per testi specializzati, 38 miliardi per riviste e 7 miliardi per “filmati su temi magici. Effettivamente, non occorre fare troppi sforzi per notare che, oggigiorno, il mondo dell’occulto rappresenta una realtà in piena attività e in grande sviluppo. Basta infatti sfogliare le “Pagine gialle”, riviste e giornali o ascoltare alcune emittenti radiofoniche per notare numerose inserzioni di maghi, sensitivi, guaritori, cartomanti, professionisti dell’ occulto o esperti di vita interiore. Inoltre, gli studi televisivi delle emittenti locali formicolano di queste stesse presenze nel corso di lunghe trasmissioni in cui lo spettatore può chiedere una consulenza al “professionista” il quale, però, preferisce generalmente rimandare la “vera” soluzione del problema ad un successivo appuntamento fissato nel proprio studio privato, trasformando cosìl’ascoltatore in cliente.
Secondo le categorie della sociologia religiosa, la realtà di tutti coloro che si qualificano come “professionisti dell’ occulto” – nel nostro Paese sono qualche migliaio – rientra nel contesto che due sociologi statunitensi, Rodney Stark e William Sims Bainbridge, definiscono
“client cults”, cioè “culti di clientela”. Altri studiosi parlano in maniera altrettanto adeguata di magia popolare”
folk magic, (l’aggettivo “popolare” è riferito al livello culturale, non a quello socioeconomico, talora alto, di praticanti e clienti), costituita da maghi che, dietro compensi che vanno dal modesto all’astronomico, promettono guarigioni, risoluzione di problemi economici e affettivi, lanciano fatture….. Di fronte alla diffusione della magia popolare, che esercita una forte attrattiva in particolare sui ceti urbani emergenti e professionali (diplomati, laureati, dirigenti, tecnici, commercianti, medici), Monsignor Giuseppe Casale (Presidente onorario del Centro Studi sulle Nuove Religioni), nella Lettera Pastorale Nuova religiosità e Nuova Evangelizzazione (6.3.1993), afferma che se nell’ opinione di Karl Marx (1818-1883) la religione era intesa come “oppio del popolo”, oggi la magia può essere considerata ”l’oppio’ di una certa borghesia”. Sulla scia del celebre fenomenologo delle religioni rumeno Mircea Eliade (1907-1986), si può distinguere la magia dalla religione in quanto l’esperienza magica più che un’ esperienza del Divino o del sacro (ierofania) è un’ esperienza del potere (cratofania), dove l’uomo manipola il sacro e lo mette al proprio servizio. Il contesto della magia è dunque caratterizzato da una pretesa di appropriarsi e possedere con la volontà ciò che nell’esperienza religiosa può essere concepito solo come dono. Quindi, la magia parte dal presupposto di voler dominare le forze occulte attribuendosi un potere sovrumano e cercando di affermare il proprio desiderio di potenza sulla natura, il presente, il futuro, il prossimo, gli oggetti, gli eventi della storia e lo stesso mondo ultra terreno; in sostanza, non è altro che il tentare di impadronirsi del potere stesso di Dio e di tutti i Suoi requisiti e cioè la vera e propria pretesa di sostituirsi a Dio. Dunque, ancora oggi, anche attraverso le pratiche magiche, sempre viva ed insistente risuona la voce del tentatore che si rivolse ai progenitori con parole eloquenti: “… diventereste come Dio…” (Genesi 3,5).
Se molte volte i termini adatti a rendere conto dei fenomeni magici sono caso, finzione, frode, altre volte le spiegazioni adottate sono di ordine psicologico (la “volontà di credere” da parte di chi si rivolge al mago, l’effetto placebo) o fanno perno sul concetto peraltro controverso di paranormale (si sostiene che, essendo poco conosciuti, i fenomeni magici sono in realtà fenomeni naturali fatti impropriamente oggetto di interpretazione soprannaturale). Ma, seguendo le indicazioni di importanti Documenti del Magistero e condividendo il pensiero di Massimo Introvigne, è necessario affermare che il cattolico, leggendo la realtà della magia, deve essere disposto a fare un passo in più rispetto allo scienziato: nella spiegazione dei fenomeni magici, infatti, non si può negare la possibilità di un’ azione del demonio, anche se nel valutare questo aspetto occorre essere molto prudenti, al fine di non cadere in facili e ingenue “demonizzazioni”. Parlare di demoni non consiste nel far riecheggiare qualche eco di antiche credenze medioevali, ma semplicemente ribadire la Dottrina della Chiesa, affermata in anni recenti nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nelle catechesi di Giovanni Paolo II (anche all’Udienza generale del 18.8.1999) e di Paolo VI, il quale il 16 novembre 1972 affermava: “Oggi, uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male che chiamiamo demonio. Un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà, misteriosa e paurosa. Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi rifiuta di riconoscerla esistente”. La condanna verso ogni forma di magia e superstizione, espressa nella Bibbia, è illustrata ai numeri 2115-2117 del Catechismo della Chiesa Cattolica. Anche quando – nella maggioranza dei casi – sarebbe eccessivo presupporre un intervento del demonio, si tratta pur sempre di un atteggiamento psicologico e “culturale” incompatibile con la fede.
In conclusione, resta da rilevare come l’epoca del trionfo della magia nella storia dell’Occidente non sia il Medioevo e neppure il Rinascimento (dove comunque gli interessi magici erano molteplici), ma la nostra era informatica e post-moderna. Quello in cui viviamo è il periodo critico che fa seguito ai secoli della propaganda atea, positivista e materialista che, in nome della “Dea Ragione”, del partito e della classe sociale, della razza o del proprio ego, ha condotto all’allontanamento dal Dio cristiano e dalla Verità dottrinale custodita dalla Chiesa cattolica. Oggi domina il relativismo nel senso più assoluto, l’uomo post-moderno vive in quello che dal punto di vista culturale Aleksàndr Isaevic’ Solzenicyn ha efficacemente definito come “un mondo in frantumi”. In questo mondo, l’opzione religiosa più diffusa è il “credere senza appartenere” o il “credo, a modo mio”. Risulta evidente come ciò lasci largo spazio alla diffusione di credenze e pratiche religiose – o presunte tali – quantomeno bizzarre. Vale la pena di notare come il processo di progressiva rivendicazione dell’autonomia del singolo e della società dalla Chiesa cattolica, incominciato con l’Illuminismo settecentesco e con l’esaltazione della “Ragione” su quello che gli illuministi definivano “l’oscurantismo della fede”, abbia condotto – come esito ultimo e paradossale – al trionfo dell’irrazionale e del superstizioso.
Dunque, aveva ragione il filosofo italiano Augusta del Noce (1910-1989) quando acutamente osservava che la secolarizzazione non si accompagna solo all”’espansione dell’ ateismo”, ma anche all’ emergere di “nuove forme di mitologismo”. E aveva altrettanta ragione lo scrittore cattolico Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), il quale scrisse che quando non si crede più in Dio non è che non si creda più a nulla: si crede a tutto.
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