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14.12.2024

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Marchetto: il Concilio secondo Francesco
28 Febbraio 2014

Marchetto: il Concilio secondo Francesco

Dichiarando mons. Marchetto «il miglior ermeneuta del Concilio Vaticano II», il Papa ha voluto che fosse chiara l’interpretazione bergogliana. Non è la primavera della Chiesa, dopo secoli di oscurità, e nemmeno la cancellazione della Tradizione. Silenzio assordante della Scuola di Bologna, in lutto. Il Timone invece ha intervistato l’arcivescovo

«Una volta Le ho detto, e oggi desidero ripeterlo, che La considero il migliore ermeneuta del Concilio Vaticano II. So che é un dono di Dio, ma so anche che Ella lo ha fatto fruttificare». Era il 12 novembre 2013, in Campidoglio era in corso la presentazione del volume (edito da Libreria Editrice Vaticana e curato da Jean Ehret) dal titolo Primato pontificio ed episcopato. Dal primo millennio al Concilio ecumenico Vaticano II – Studi in onore dell’arcivescovo Agostino Marchetto. In quell’occasione è stata resa pubblica una lettera, inviata poco più di un mese prima, il 7 ottobre, proprio ad Agostino Marchetto, Segretario emerito del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e gli itineranti, canonista, giurista ed attento studioso del Concilio Vaticano II. Un messaggio a firma di Papa Francesco che cominciava così: «Con queste righe desidero farmi a Lei vicino», lasciando cioè intravedere un sentimento di familiarità, oltre che di stima, tra il Santo Padre e l’arcivescovo, che ancora oggi tradisce un po’ di imbarazzo se gli chiediamo che effetto fa sentirsi dare del «miglior ermeneuta del Concilio» proprio dal Santo Padre.
«Mi sono sentito sprofondare. Non è una cosa da poco ascoltare un Papa che ti dice che sei il migliore. Certamente non è stata una sorpresa, perché me lo aveva detto ben prima di salire al soglio di Pietro, ma proprio per questo è stata un’affermazione di ancor più grande valore in quanto rappresentava una dichiarazione pubblica. A questo si aggiungeva il fatto che il Papa mi avesse chiesto che il suo messaggio venisse letto, nonostante io avessi ritenuto opportuno o non necessario renderlo noto… ».

E Francesco che cosa le ha risposto?
«Ha detto semplicemente: “no no, invece la leggiamo. So che Lei non vorrebbe che fosse letta, invece lo faremo”. Io ero ancora titubante e allora ho replicato “Magari potremmo però saltare una frase e mettere i puntini di sospensione…”, ma lui ha replicato: “no no, Lei farà leggere anche quella frase”. È stato davvero un gesto di carità e incoraggiamento nei miei confronti, ma soprattutto la manifestazione del desiderio che si conoscesse il suo pensiero. Non più dunque il suo orientamento personale, ma l’indirizzo del Papa sull’ermeneutica del Concilio Vaticano II, una delle questioni cruciali per quanto riguarda la Chiesa».

Possiamo dire che il Papa ha dunque risposto, sconfessandola, alla lettura prevalente del Concilio che porta avanti l’aspetto di rottura e rinnovamento trascurando la Tradizione?
«A mio modo di vedere ci sono tre gradini su cui occorre ragionare. Il primo è quello del piano di una storia che deve essere obiettiva, io dico veritiera, lo so che il termine potrebbe spaventare qualcuno, ma io parlo di ricerca della verità nei fatti storici, non di come ideologicamente pensiamo che questi fatti avrebbero dovuto svolgersi; poi abbiamo l’ermeneutica che deve essere, così come indicato anche da Papa Benedetto XVI, della riforma o del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa e quindi una corretta ricezione che poi deve realizzarsi. La grande diversità è tra ermeneutica della rottura ed ermeneutica della riforma. Certamente anche nella riforma c’è qualche elemento di novità, qualcosa che deve essere cambiato, ma molti si rifugiano e si proteggono con questo e non affrontano il problema della verità».

In effetti, gli esponenti della Scuola di Bologna piuttosto che i sostenitori della rottura non sembrano aver commentato questo messaggio del Papa sul quale, anzi, si è registrato un sostanziale silenzio…

«Ognuno affronta le questioni dal proprio punto di vista, a volte è meglio star zitti per non dare rilievo a chi la pensa diversamente, perciò fino a che si è potuto è stato fatto silenzio contro questa scuola di pensiero che io sostengo da anni contro venti e maree. Con questo messaggio il Santo Padre ha detto qualcosa di importante e gli uomini di buona volontà devono tenerne conto, indipendentemente dalle proprie posizioni o preferenze, posto che secondo me nella Chiesa ci sono due posizioni importanti, che devono coesistere. C’è chi è più portato a sostenere la fedeltà alla Tradizione e c’è chi è più portato a cercare il desiderio dell’incarnazione nell’incontro con l’uomo di oggi. La cosa importante è che le due posizioni stiano insieme come nel Concilio e che non ci sia una mancanza di dialogo, bisogna trovare il consenso di queste due anime, e in questo il Magistero ha un compito fondamentale».

Anche i mass media, che da quasi un anno hanno gli occhi puntati su Francesco tanto da scrivere, riportare, raccontare anche episodi che sembrano marginali, hanno trascurato questo scritto, come mai? Lei conosce Bergoglio personalmente da tanti anni, trova che l’immagine che ne danno i mass media sia autentica e completa?
«Trovo che sia una questione di filtro. Io non posso che rallegrarmi che la stampa metta in risalto le virtù di questo nuovo Papa, è l’evidenza che non è vero che il mondo moderno è insensibile o contrario a certi valori evangelici di cui il Papa è portatore, tuttavia è evidente che la stampa filtri unicamente quello che conviene o è in linea a una determinata visione. Ed è un problema che riguarda tutti: anche nell’opinione pubblica cattolica facilmente non si tiene conto del contesto e delle sfumature straordinarie dei suoi discorsi che sono molto vigorosi, ma che non possono essere compresi a pieno se non se ne legge la profondità. Il suo linguaggio, segnato dall’influsso latino americano e dal tratto gesuita, non può essere capito se si cerca di generalizzare o incasellare, occorre considerare le sfumature. Del resto, sappiamo bene che le venature fanno la storia e leggere le parole del Papa senza le venature delle sue parole può essere bello, piacevole, ma non è compiuto. Francesco non può essere semplificato e nemmeno compreso se non guardato nella sua interezza».

Quale è l’aspetto principale che è stato trascurato in questo primo anno di Pontificato?

«Faccio un esempio concreto, riferendomi all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Il discorso di Francesco è totalmente incentrato sulla missionarietà, la trasformazione missionaria della Chiesa, la Chiesa in stato permanente di missione e questo certamente è la stessa linea del Concilio Vaticano II, perché l’impegno conciliare, a partire dei discorsi di Papa Giovanni prima e di Paolo VI poi, era tutto per la missione. E c’è tutto un back ground che permette la fioritura di quello che è la presentazione del programma di Papa Francesco.
Prendiamo la stessa sinodalità cui fa riferimento il Santo Padre: è vero che si parla di una conversione del papato, ma senza che si perda quello che è fondamentale nell’esercizio del primato, richiamando in questo Giovanni Paolo II. Se non teniamo conto della collegialità nella distinzione tra il senso stretto e senso largo della collegialità affettiva ed effettiva, come nel testo dell’esortazione apostolica, non cogliamo la continuità dell’insegnamento e presentiamo aspetti che sono, sì, di una certa novità, ma senza contesto.
Quando si auspica una più estesa autorità dottrinale delle Conferenze Episcopali c’è nel testo di Papa Francesco un aggettivo straordinario che dà profumo a tutto e vale la pena ricordare: autentica autorità dottrinale. Questo implica che non ci può essere un insegnamento a ruota libera, senza tener conto della Tradizione. Mi rendo conto che sia difficile tener conto di questa complessità, ma se riduciamo il Papa secondo il nostro modo di vedere, se lo semplifichiamo, perdiamo la ricchezza di questo uomo, perdiamo l’opportunità di vedere il Papa come autenticamente è. Mi auguro quindi che da parte di tutti ci sia l’impegno di trasmettere con fedeltà il suo pensiero, che poi è il pensiero, come lui stesso dice, “di un figlio della Chiesa” che é anche Vescovo di Roma e Successore del clavigero Pietro».


Ricorda

«Un apprezzamento come questo nessuno se lo aspettava da papa Francesco. Eppure è arrivato. E ha del clamoroso […]. A Bologna, nel santuario di quella “scuola” oggi diretta dal professor Alberto Melloni che ha il monopolio mondiale dell’interpretazione del Concilio Vaticano II, avranno listato le bandiere a lutto. Perché Agostino Marchetto era la loro bestia nera, il loro critico più irriducibile, da sempre. […]. Di papa Francesco fino a ieri dicevano entusiasti che “del Concilio parla poco perché lo attua nei fatti”, a modo loro, naturalmente. Mentre alle critiche di Marchetto non hanno mai puntualmente replicato. Semplicemente se ne facevano beffe, lo irridevano. E ora se lo ritrovano davanti come “il migliore ermeneuta del Concilio”, insignito di ciò nientemeno che dal loro fu beniamino Jorge Mario Bergoglio».
(Sandro Magister, Melloni & C. in lutto, traditi dal “loro” papa, reperibile on line)

IL TIMONE –  Marzo 2014 (pag. 40-41)  

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