Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

11.12.2024

/
Meeting, la cultura come incontro
31 Gennaio 2014

Meeting, la cultura come incontro

 

 

 


A Rimini, una sinfonia di esperienze e di voci, da Giovanni Paolo II a Madre Teresa di Calcutta, da don Giussani a Lech Walesa.
Per raccontare la vita di un popolo
Se guardo a questi trent'anni di storia del Meeting per {'amicizia fra i popoli, come mi è capitato di fare sfogliando l'inserto dell'ultimo numero di Tracce ad esso dedicato, non posso non vedere nel cammino compiuto l'espressione di una cultura vera, che ha coniugato, fin dalla prima edizione, l'amore per la verità e il desiderio della missione.

Passione di comunicazione e di creatività. Il Meeting è l'espressione della cultura del popolo cattolico; una cultura che, come ha detto Giovanni Paolo Il ai membri di Comunione e Liberazione, ricevuti in occasione del trentesimo anniversario della nascita del loro movimento, è capacità di incontrare, di conoscere e valorizzare. Del resto Giovanni Paolo Il, proprio nel corso della sua visita al Meeting, nel 1982, aveva sottolineato questa natura di incontro e, parlando del Meeting, aveva detto: «Anzitutto stiamo vivendo un incontro. Ognuno di voi, in questi giorni, ha potuto fare questa esperienza». E sempre in quell'occasione ebbe modo di precisare come il Meeting fosse «nato dalla passione di comunicazione, di creatività, di dialogo che la fede cristiana, vissuta integralmente, sempre porta con sé».

Una conoscenza critica della propria storia. Il Meeting ha portato la coscienza del mondo cattolico ad esprimere la propria cultura come capacità innanzitutto di conoscere la propria identità, come capacità di approfondirne criticamente la propria storia, come capacità di incontrare gli uomini di altre culture, di altre formazioni, di altri popoli. Tutto ciò ha generato un'autentica possibilità di dialogo, il quale può scaturire solo da un reale impegno culturale. Si deve parlare perciò di un grande evento di cultura e, allo stesso tempo, di un grande evento di incontro, perché la cultura affratella la gente che vive e si incontra, perché la cultura è l'espressione singolare della vita, è il «modo specifico dell'esistere e dell'essere dell'uomo», come l'ha definita Giovanni Paolo II nell'indimenticabile intervento all'Unesco del 1980.

Per dilatare l'intelligenza e il cuore. Così, mi sono passate alla mente le grandi personalità che io, appartenente a questo popolo, ho potuto incontrare. Come non ricordare, a titolo puramente esemplificativo: Giovanni Paolo II, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, monsignor Luigi Giussani, Henry de Lubac, Hans Urs von Balthasar, Julien Ries; i grandi ecclesiastici alla guida della Chiesa nelle varie stagioni delle sua esistenza; i grandi geni che in ogni campo dell'attività artistica hanno dato un contributo fondamentale; i grandi politici, soprattutto quelli la cui azione nasceva dal popolo perché rappresentavano le sue istanze, tra i quali, per fare un nome su tutti, si può citare Lech Walesa; i grandi registi, i grandi uomini di cultura come Eugène lonesco o Jean Guitton. Si è trattato di una trama di personalità che hanno fatto dilatare la nostra intelligenza e il nostro cuore, perché i grandi testimoni che danno vita ed espressione alla cultura rappresentano sempre anche una grande, straordinaria possibilità di educazione.

Mussulmani e monaci buddisti. Il Meeting ha reso di nuovo la cultura protagonista della vita della persona e quindi della vita della società. Così facendo, ha reso possibile il recupero critico della propria tradizione da parte di coloro ché vi hanno partecipato. AI Meeting ho visto mussulmani recuperare, attraverso la loro testimonianza, il senso della propria origine, della propria identità; oppure i monaci buddisti del monte Koya venire e ritornare molte volte, perché hanno percepito una certa assonanza; o ancora i figli di quella tradizione culturale latino-americana, in cui il cattolicesimo aveva contribuito a creare la nuova civiltà, riappropriarsene, per esempio attraverso la riscoperta storica della grande tradizione delle Reducciones gesuitiche del Paraguay, che troverà un posto specifico e significativo proprio nell'edizione di quest'anno in una mostra.

Dialogo e collaborazione. È stata l'epopea della vita: è stata l'epopea della mia vita ed è stata l'epopea della vita di quel popolo a cui gioiosamente appartengo da più di cinquant'anni. È stata l'epopea di tutti quei brani di popolo che lì si sono incontrati, hanno approfondito la propria identità, sono diventati capaci di dialogo, di incontro e addirittura di collaborazione. È accaduto che uomini politici abbiano trovato nell'ambito del Meeting la possibilità di una formulazione ideale con cui confrontarsi costruttivamente. È stata data espressione, attraverso la testimonianza di uomini liberi, a quell'iniziale dissenso anticomunista che ha contribuito in modo fondamentale al processo di disgregazione del grande Impero sovietico. C'è stato spazio anche per l'incontro tra arabi ed israeliani, o per le vicende dolorosissime dell'America latina e dell'Africa. In un certo senso tutto è passato dal Meeting e tutto ha potuto trovare un momento di calma riflessiva e di proposizione obiettiva. Questo è stato, questo è e sarà il Meeting.

Le canzoni di Claudio. lo credo che il Meeting appartenga ormai alla storia non solo della cultura dei cristiani, ma alla cultura tout court, intesa nella sua concezione più autentica, antica espressione di un Occidente aperto al dialogo con il mondo. Vorrei concludere questa breve, ma intensa testimonianza, evocando due nomi che, oltre a quello di Giovanni Paolo Il e don Giussani, hanno rappresentato al Meeting, secondo due modalità molto diverse, il punto di maggior e più intensa comunicazione e testimonianza di vita e di passione per l'umano: Madre Teresa di Calcutta e Claudio Chieffo. Come non ricordare le parole di Madre Teresa pronunciate davanti al popolo del Meeting: «La fame non è soltanto una fame di pane, è una fame di amore, è una fame di amore di Dio; essere ignudi non è soltanto mancare di abiti, essere ignudi vuoi dire mancare di quell'enorme dono che è la dignità dell'uomo, della purezza; il non avere una casa non significa mancare di un edificio di mattoni, significa non essere voluti, non essere amati, essere cacciati, emarginati dalla società. Dove inizia questo amore? Nelle nostre stesse famiglie, nella nostra stessa casa. Come inizia questo amore? Pregando insieme». Come, allo stesso tempo, non ricordare il modo profondo ed acuto, segnato da accenti di certezza assoluta e di tenerezza infinita, con cui Chieffo ha cantato con noi e per noi il mistero della vita, il mistero del cuore umano, della sua grandezza e della sua miseria, e il mistero dell'incontro fra Cristo e questo cuore?

Anche quest'anno darò il mio contributo, che per altro non è mai mancato in questi trent'anni, nella costruzione della grande opera che è il Meeting, nella certezza di contribuire a scrivere una grande pagina della storia della Chiesa e dell'umanità.

 
 
 
 


 

IL TIMONE  N. 85 – ANNO XI – Luglio/Agosto 2009 – pag. 14 – 15

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista