Certe odierne fandonie su Gesù ricalcano vecchie accuse di stregoneria e omosessualità. Ma sono autentiche falsità. Per la Chiesa c’è anche lo zampino del demonio
Già nell’antichità, a scopo diffamatorio, erano diffuse (sia tra gli eretici sia tra i pagani) delle descrizioni di Gesù che oggi tornano talora a presentarsi, quelle che parlano di lui come mago e stregone e come omosessuale.
Mago e omosessuale
La prima qualifica era un’accusa ereditata da quella pagana antigiudaica che definiva Mosè un mago: una delle tante imputazioni antigiudaiche del mondo antico poi rivolte al Cristianesimo. Già Giustino nella sua prima Apologia (metà II sec.) difendeva sia Gesù sia i cristiani da questa accusa. Nella seconda metà del II secolo il polemista pagano Celso, poi confutato da Origene, attribuiva a Gesù e ai cristiani la magia. Verso la fine del II secolo e agli inizi del III, Tertulliano attesta la stessa imputazione. Ci sono molte altre testimonianze antiche che riferiscono questa accusa contro Gesù e i cristiani, ad es. le Recognitiones attribuite a san Clemente Romano e a Lattanzio. Il valore giuridico dell’accusa anticristiana di magia è confermato dalla Passio Anastasiae, dove Anastasia, la santa cristiana di cui si narra il martirio, è denunciata da suo marito, pagano, precisamente con l’accusa di magia, ed è tratta in prigione, al tempo di Diocleziano (fine III – inizi IV sec.).
È anche interessante notare che questa accusa, sebbene generalmente proveniente dai pagani, che l’avevano già rivolta ai giudei, veniva rivolta anche dagli stessi giudei ai cristiani, come conferma il giudeo che Celso inserisce nel suo Discorso vero contro i cristiani. Che questo modo di fare dei giudei non si trattasse di una fantasia di Celso è confermato da fonti rabbiniche, che riportano l’accusa di magia contro Gesù.
Clemente Alessandrino, capo della Scuola Catechetica di Alessandria e vissutotra fine II sec. e inizi III secolo, ha confutato strenuamente simili fantasie relative a Gesù come mago e omosessuale. Clemente ci ha lasciato preziose testimonianze, e tra le più antiche, quelle su san Marco, che compose il suo Vangelo a Roma, durante il regno di Claudio, in base alla predicazione di san Pietro (di cui Marco era l’interprete), dopo la partenza di Pietro da Roma. Successivamente, Marco si recò ad Alessandria, la città di Clemente, e organizzò la prima comunità cristiana alessandrina. Le testimonianze di Clemente concordano con quelle dell’ancor più antico Papia di Gerapoli e sono conservate in frammenti citati per lo più dallo storico ecclesiastico Eusebio (inizi IV sec.), sulla cui autenticità non sussistono dubbi. Ora, in una lettera Clemente confuta le invenzioni degli eretici Carpocraziani (così chiamati dal loro fondatore Carpocrate), i quali presentavano Gesù come il capo di una setta esoterica, dedita a una dottrina segreta, con rituali iniziatici che avrebbero compreso perfino pratiche carnali di natura omosessuale.
La confutazione svolta da Clemente
Traduco la parte più rilevante della lettera greca in cui Clemente condanna queste assurde teorie, professate da una setta eretica che aveva connotazioni sataniche, come dice Clemente e come affermavano gli stessi Carpocraziani: «Hai fatto bene [dice Clemente ad interlocutore] a ridurre al silenzio le indicibili dottrine dei Carpocraziani. Poiché questi sono i pianeti “erranti” a cui si riferisce la profezia, i quali deviano dalla “via stretta” dei comandamenti per finire in un abisso senza fondo di peccati carnali e materiali. Infatti, orgogliosi della loro conoscenza – come essi stessi dicono – “delle profondità di Satana”, non si rendono conto che si stanno allontanando verso “il mondo inferiore della tenebra” di falsità, e, mentre si vantano di essere liberi, sono divenuti schiavi di desideri servili.
A gente del genere bisogna opporsi in tutti i modi possibili, assolutamente, e, perfino qualora dovessero dire qualcosa di vero, chi ama la verità non deve concordare con loro […]. Ora, quanto a ciò che costoro continuano a sostenere riguardo al Vangelo di Marco, alcune cose sono totali falsificazioni, e altre, anche se contengono alcuni elementi veri, tuttavia non sono espresse in maniera accurata. Infatti, le verità, essendo mescolate a invenzioni, risultano falsificate, cosicché, secondo il detto evangelico, perfino il sale perde il suo sapore.
Ma poiché i ripugnanti demoni cercano sempre di macchinare per la distruzione della stirpe umana, Carpocrate, istruito da loro e usando arti d’inganno […] interpretò il Vangelo secondo la sua dottrina blasfema e carnale […]. Così, non esiterò a rispondere alle tue domande, confutando le falsificazioni dei Carpocraziani per mezzo delle parole stesse del Vangelo […]. Le parole “un uomo nudo insieme con un uomo nudo”, e le altre che hai scritto, non si trovano affatto nel Vangelo. […] Le molte altre cose che hai scritto sembrano essere, ed effettivamente sono, falsificazioni. Piuttosto, la spiegazione vera e conforme alla vera filosofia cristiana è la seguente».
Clemente si riferisce nell’ultimo paragrafo all’episodio della resurrezione di Lazzaro e all’interpretazione distorta e arbitraria che ne dava Carpocrate. Questi, infatti, falsificando il Vangelo, sosteneva che Gesù avesse invitato il giovane Lazzaro a trascorrere una notte con lui insegnandogli una dottrina segreta e perfino avendo con lui una relazione carnale omosessuale. Clemente, naturalmente, dichiara che queste fantasie non hanno nessuna base evangelica e devono essere ricusate nel modo più assoluto. Egli è chiaro nel denunciarle come fantasie di eretici, ispirate dai demoni.
Eusebio, che riporta le notizie di Clemente su Marco, il suo Vangelo e la sua venuta da Roma ad Alessandria, non parla della sua confutazione delle bestemmie dei Carpocraziani nella lettera citata. Ciò non significa certo che Eusebio concordasse con quegli eretici, ma si spiega (credo) in base a un’attenta disamina dei fondi della biblioteca episcopale di Eusebio a Cesarea (che in gran pare si basava sui fondi di quella di Origene, il grande esegeta e teologo di Alessandria morto intorno al 255 d.C). Ora, Eusebio nella biblioteca di Cesarea aveva le Ipotiposi di Clemente (da cui traeva le sue notizie su Marco, il suo Vangelo, e la sua attività a Roma e ad Alessandria), ma non le sue lettere. Pertanto, Eusebio, pur accogliendo la tradizione di Clemente sulla venuta di Marco ad Alessandria, che si trovava nelle Ipotiposi, non poteva conoscere la lettera di Clemente contenente la confutazione degli eretici Carpocraziani.
Lo stretto nesso Roma-Alessandria che si trova in Clemente è rafforzato da Eusebio con l’interessante lista episcopale che fornisce nella Historia Ecclesiastica per Alessandria. Dopo Marco egli indica una serie di altri vescovi che si sarebbero succeduti alla guida della Chiesa alessandrina nei primi due secoli: se si osserva con attenzione, quasi tutti i nomi dati da Eusebio sono nomi romani e non greci o locali. Questo conferma il forte legame tra la Chiesa di Alessandria e Roma. Lo stesso Clemente Alessandrino si chiamava Tito Flavio Clemente e aveva i tria nomina di Roma, e precisamente gli stessi nomi del cugino di Domiziano che l’imperatore aveva fatto eliminare e che era con ogni probabilità un cristiano, così come Flavia Domitilla, l’eponima delle omonime catacombe romane.
Per concludere, certe odierne inconsistenti fandonie su Gesù non escogitano nulla di inedito: niente di nuovo sotto il sole.
Per saperne di più…
Ilaria Ramelli, Elementi comuni della polemica antigiudaica e di quella anticristiana fra I e II sec. d.C., in Studi Romani, 49 (2001), pp. 245-274.
Idem, The Birth of the Rome-Alexandria Connection: The Early Sources on Mark and Philo, and the Petrine Tradition, in The Studia Philonica Annual, 23 (2011), pp. 69-95.
IL TIMONE N. 118 – ANNO XIV – Dicembre 2012 – pag. 26 – 27
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