Mio cugino Vincenzo

Se, scorrendo i titoli in una ipotetica videoteca, dovessimo trovarci di fronte a “Mio cugino Vincenzo”, penseremmo subito ad un film sociologico diretto da qualche disadattato regista italiano (c’è una certa vena polemica…). Ma se per caso volessimo iniziare a guardarlo ci basterebbero pochi minuti per capire che ci siamo imbattuti in una delle più clamorose ed esilaranti commedie degli ultimi anni. “Mio cugino Vincenzo” è la rivisitazione aggiornata, anche nel linguaggio, della commedia sofisticata americana. È un film che nella sua semplicità e immediatezza ha un’intelligenza (senza essere intellettualistico) e una classe (nella sua costruzione formale) che nulla ha da invidiare ai classici del cinema brillante. La storia è quella di due amici che, dopo una serie di equivoci, vengono accusati d’omicidio. Uno dei due ragazzi si ricorda d’avere un cugino laureato in legge che potrebbe aiutarli. Sfortunatamente il neo-laureato non ha mai avuto modo d’affrontare un processo e impiegherà un po’ di tempo per rodare tutti i meccanismi. Joe Pesci, grazie anche ad un doppiaggio eccellente, riesce a tratteggiare il cugino avvocato in modo “eccentrico” ma perfetto. Marisa Tomei, che interpreta la fidanzata, grazie a questa parte, si aggiudicò l’Oscar come attrice non protagonista. Non stupitevi se alla fine del film vi troverete a ripetere delle battute sentite: è assolutamente normale e logico visto che come prima cosa vi verrà anche voglia di rivederlo subito. Sono costretto a risottolineare l’uso di un linguaggio a dir poco colorito che non sfocia mai nel volgare ma che è parte integrante della struttura generale di “Mio cugino Vincenzo” .