Quando uscirà questa puntata del Kattolico non so se il caso di Asia Bibi sarà risolto. La Bibi è un’operaia pakistana condannata a morte per blasfemia.
Riassumo brevemente la vicenda: la Bibi, cristiana, aveva battibeccato con alcune colleghe che intendevano convertirla all’islam. Avrebbe sbottato: Cristo è morto per noi, diversamente da Maometto. È stata picchiata da una piccola folla e denunciata in base alle leggi pakistane antiblasfemia, leggi introdotte più di vent’anni fa (nel 1986 per l’esattezza) dal dittatore militare, generale Zia ul- Haq, per accontentare la propaganda fondamentalista. Quest’ultima, lo ricordo, deve quasi tutto anche alla famosa «dottrina Brzezinski », che favorì il ritorno di Khomeini in Iran per tenere sotto scacco l’allora Urss. L’Unione Sovietica era impantanata in Afghanistan, dove sosteneva il governo comunista. Contro i sovietici era stata scatenata la jihad dei mujaheddin (cui plaudiva perfino Rambo). L’idea era di favorire la rivoluzione islamica in Iran, confinante con l’Urss e soprattut- to con gli Stati sovietici di cultura islamica. Avrebbe potuto far da detonatore su di essi e in effetti Mosca capì l’antifona. Poi, il ritiro sovietico, la perestrojka e il collasso comunista. Rimase però in piedi il fondamentalismo islamico, che, in effetti, «contagiò» tutti i Paesi di tradizione musulmana. Tra cui, appunto, il Pakistan, confinante con l’Afghanistan dei talebani e separatosi sanguinosamente dall’India, dopo la partenza degli inglesi, appunto perché musulmano.
Il Pakistan e l’India sono potenze nucleari. L’India, perché al tempo di Indira Gandhi si era avvicinata all’Urss. Il Pakistan, suo tradizionale nemico, aveva scelto il campo degli Usa. E adesso uno spettro si aggira da quelle parti, dovendo entrambi i Paesi fare i conti con i rispettivi fondamentalismi, musulmano e indù. A farne le spese, in tutti e due i casi, sono i cristiani. L’India non ha leggi antiblasfemia ma leggi anticonversione, alle quali anche il Dalai Lama, esiliato colà, ha dovuto rendere omaggio. In fondo, per lui è facile, visto che il buddismo non è «apostolico ». Ma il cristianesimo sì, e ogni tanto ci scappano gli ammazzati (sempre cristiani).
Ora, il fatto è che con queste leggi in non pochi ci vanno a nozze per motivi che, più spesso di quanto si pensi, nulla hanno a che vedere con la religione. Vuoi rovinare un cristiano che ti sta particolarmente sull’anima? Denuncialo per blasfemia o proselitismo e il gioco è fatto. In Pakistan, poi, non fa neanche problema l’eventualità che i tribunali assolvano l’accusato, dal momento che gli assolti vengono linciati o sono costretti a nascondersi per il resto della vita. Per esempio, leggendo un’intervista all’avvocato, pakistano e cristiano, Shaheryar Gill, si scopre come i furbi, da quelle parti, traggono profitto dalla legge. L’intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre. L’ha riportata l’agenzia Zenit del 20 dicembre 2010. L’avvocato dice: «ho visto molte persone in Pakistan perseguitate a causa della loro religione e discriminate per via della loro fede. Così ho iniziato ad interessarmi alle questioni legali e ho deciso di iscrivermi a giurisprudenza». Oggi lavora per l’American Center for Law and Justice, una Ong che assiste proprio i cristiani incriminati per blasfemia. La parte del leone, nella legislazione pakistana, la fa la Sezione 295 C del codice penale, secondo cui «chiunque, oralmente o per iscritto o mediante visibile rappresentazione, profana il sacro nome di Maometto, sarà punito con la morte. Altre sezioni del codice penale vietano la dissacrazione del Corano e dei luoghi religiosi, e vietano persino di pronunciare parole dispregiative su esponenti religiosi».
Si tenga presente che i cristiani in terra assoggettata all’islam, fin dal VII secolo, sono stati considerati dimmi, gente di serie B, e la norma ha seguito tutte le vicende altalenanti dell’islam nei secoli. Le costituzioni moderne, finito il colonialismo, hanno sancito, sì, l’uguaglianza sul modello occidentale, ma è durata fino al sorgere del fondamentalismo, che ha riportato l’islam al VII secolo. L’articolo 19 della Costituzione pakistana, per esempio, concede libertà di espressione e di parola «ma le assoggetta a “restrizioni ragionevoli” come quelle per motivi di “gloria all’Islam” o di ordine pubblico» (per tacere del fatto che il presidente non può essere un non musulmano). Il risultato è, dice il nostro avvocato, che «se uno decide di voler dare una lezione a un altro, può andare dalla polizia e denunciarlo per blasfemia». E racconta, a mo’ di esempio: «C’era stato un attacco ad un villaggio a Kasur da parte di una folla di musulmani. Centinaia di musulmani hanno attaccato un villaggio cristiano di 135 famiglie. L’evento scatenante era stata un’accusa di blasfemia, conseguente a un litigio tra un cristiano e un musulmano. Il cristiano stava guidando il suo trattore e ha visto una moto ferma in mezzo alla strada. Ha chiesto al motociclista di spostarsi per poter passare, ma quello gli ha risposto che un “chura” non poteva dire a lui cosa fare. Il termine “chura” indica in modo dispregiativo un cristiano. Subito è scoppiata una lite. Alcune persone sono intervenute per fermarli e poi tutti sono tornati a casa. Dopo qualche ora, una famiglia musulmana ha radunato altre persone e attaccato e percosso quella famiglia cristiana. Il giorno dopo, alla moschea, è stato annunciato che un cristiano aveva dissacrato il Corano. Allora si è radunata una folla che ha attaccato le 135 famiglie di quel villaggio. Tutto ciò solo per un futile litigio tra due persone». La legge si presta notevolmente a questo genere di abusi. «Tutto ciò che si deve fare è andare alla polizia e denunciare il fatto. Ora, se io che sono musulmano ho una discussione con te, non andrò alla polizia perché la pena potrebbe essere una mera sanzione pecuniaria. Ma se ti denuncio per blasfemia, posso rovinarti per tutta la vita». Vita? Magari. «Nel 1991, la Corte federale per la Sharìa, che è una corte islamica, ha detto che l’ergastolo non è una punizione appropriata, mentre solo la pena capitale è una punizione adeguata contro chi profana il nome del Profeta». Ecco fatto. I casi di “blasfemia”, dall’entrata in vigore della famigerata Sezione 295 C del codice penale, sono stati più di novecento: «Quindi, anziché arginare e restringere i casi di blasfemia, queste leggi li hanno aumentati». Anziché dar maggior «gloria all’islam» hanno moltiplicato le situazioni di insulto. Che, come sappiamo, sono per la maggior parte fittizie (e per la restante parte ridicole: la vicenda di Asia Bibi insegna). Ora, va dato atto ai tribunali che spesso (sì, spesso) questi assolvono i cristiani accusati falsamente. Ma, quando sei finito sui giornali perché accusato di blasfemia, la voce si è già sparsa e qualche imam in qualche moschea ti ha lanciato la sua fatwa. Come abbiamo detto, non pochi degli assolti sono finiti ammazzati a tradimento. Dice a un certo punto l’intervistatore: «Molti cristiani locali si sono arresi, hanno preso i propri beni e se ne sono andati ». Così come stanno facendo quelli irakeni, quelli palestinesi e, se continua così, quelli turchi, quelli libanesi e via elencando.
E dove vanno? Ecco, dunque, la nostra modesta proposta. Che fa il paio con quella avanzata, tempo fa, dal cardinale Biffi. Come ricorderete, il prelato aveva proposto di risolvere i nostri problemi di integrazione importando immigrati di religione cristiana. Nessuna novità: gli Usa pretendevano l’americanizzazione di tutti gli immigrati, compresi i nostri, che assumevano nomi americani per far prima. E, questo, non solo ai primi del Novecento. Ancora oggi De Niro si chiama Robert e Stallone Sylvester, per non parlare di Margherita Cansino diventata Rita Hayworth e di tanti altri. Il cardinale fu subissato dai soliti liberals nostrani, cui si aggiunsero i catto-buonisti. Il sottoscritto, tuttavia, rilancia e raddoppia: accogliamoli noi, i cristiani perseguitati, bilanciamo il nostro deficit demografico con gente che non creerà problemi di integrazione e, per giunta, faremo un’opera buona. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di affrontare i cattocomunisti o gli “utili idioti” di leniniana memoria, perché le quote sono quote e, quando le avremo raggiunte con l’infornata di cristiani perseguitati (non c’è nemmeno bisogno di modificare le leggi, in quanto il diritto di asilo è internazionalmente riconosciuto), potremo fare come fanno i Paesi cosiddetti avanzati: sordi alle strida delle prefiche, chiudere – in pratica – le frontiere per saturazione. Naturalmente non sono ingenuo e so che i catto-comunisti e gli “utili idioti” al loro seguito preferiscono importare musulmani per pura cristofobia. Ma non comandano sempre loro, per fortuna.