Maurizio Ferraris docente dell’Università di Torino sta promuovendo un ritorno alla fiducia nella capacità veritativa della ragione, liquidando il relativismo. È un fatto molto importante, considerato che egli è stato allievo del relativista Vattimo. Il limite: voler continuare a estromettere Dio
Maurizio Ferraris, professore ordinario presso l’Università di Torino, già discepolo di Gianni Vattimo, ha pubblicato sulle pagine di “Repubblica” dell’8 agosto una sorta di manifesto di un «nuovo realismo» in cui auspica, appunto, un ritorno della filosofia al realismo, mettendo con ciò in dubbio il punto essenziale del pensiero postmoderno di cui Vattimo è sostenitore.
Infatti, secondo il pensiero postmoderno, la modernità, intesa come un periodo qualificato dalla tendenza (illuminista, idealista e marxista) a costruire grandi sintesi filosofiche, a loro volta caratterizzate dalla pretesa di fornire una visione vera del mondo e di legittimare l’azione in termini di progresso, deve essere superata.
Queste grandi sintesi (chiamate anche «grandi narrazioni») della modernità vengono infatti interpretate dagli intellettuali postmoderni come manifestazioni di una (da loro) vituperata forma mentis ancora metafisica, che pensa di poter fondare la conoscenza della verità sull’evidenza della realtà. L’evidenza, invece, sarebbe il prodotto di abitudini, convenzioni sociali e di «trucchi» linguistici: ogni idea o teoria, poichè nasce all’interno di un contesto linguistico, che costituisce sia la porta di ingresso sull’essere per ogni uomo sia il suo limite, sarebbe storica e relativa; perciò ogni pretesa (ritenuta in sè impossibile dai pensatori postmodernisti) di dire qualcosa di vero sull’uomo, sul mondo e su Dio, ecc. si ridurrebbe a un esercizio violento del potere.
Da queste premesse non può che scaturire una forma di nichilismo; quest’ultimo però, nel pensiero postmoderno, assume una forma peculiare: infatti, non si traduce in semplice ratifica dell’esistente, ma, al contrario, diventa alleato del pluralismo, del multiculturalismo e di tutte le politiche volte a tradurre il relativismo in un progetto politico concreto.
La proposta di Ferraris di tornare a fondare il pensiero sull’evidenza dei fatti suona come una sfida e una liquidazione del “pensiero debole”, pertanto è un evento culturalmente importante, considerato da quale maestro provenga questo filosofo.
Le parole-chiave del New Realism sono tre: ontologia, critica e illuminismo.
La prima parola significa che esiste la realtà con una consistenza propria e che la realtà ha le sue leggi e le fa rispettare; «l’acqua bagna e il fuoco scotta [piano ontologico] sia che io lo sappia sia che io non lo sappia [piano epistemologico], indipendentemente da linguaggi e da categorie», scrive Ferraris, indicando cioè nella confusione tra piano ontologico e piano epistemologico il primo errore dei postmoderni.
La seconda parola è collegata alla prima, nel senso che solo se esiste la realtà c’è una vera possibilità di critica come discernimento del vero dal falso e del reale dall’illusorio.
I postmoderni hanno considerato l’oggettività del reale un mito da superare, affermando il primato delle interpretazioni sui fatti e, dalla decostruzione del “mito” dell’oggettività, essi si aspettavano la liberazione dai vincoli del reale. Ma l’esito inevitabile di questo percorso – denuncia Ferraris – non sarà mai la liberazione, bensì piuttosto l’irrealismo: infatti, se esistono solo interpretazioni, come facciamo a sapere che stiamo trasformando il mondo, che lo stiamo liberando e non stiamo piuttosto solo immaginando di trasformarlo e di liberarlo? Perciò, sostiene Ferraris, solo nel realismo è incorporata la critica, perchè questa richiede la possibilità previa di accertare come stanno le cose.
La terza parola chiave è illuminismo, ed esso è interpretato da Ferraris nel senso kantiano di uscita dell’uomo dalla sua infanzia. Al riguardo, il manifesto del New Realism precisa che l’illuminismo chiede ancora oggi fiducia nel sapere e nel progresso perchè «l’umanità deve salvarsi, e certo mai e poi mai potrà farlo un Dio».
È su quest’ultimo aspetto che ritengo opportuno esprimere una riserva alla proposta del New Realism, richiamando la riflessione sul tema dell’Illuminismo svolta da Benedetto XVI. Secondo il Pontefice, è necessario avviare una seria critica della ragione per dimostrare che l’opinione che vuole escludere la metafisica, e quindi il problema di Dio, non è illuminismo, ma un “falso” illuminismo. Per Benedetto XVI quello che nello sviluppo moderno dello spirito è valido va riconosciuto senza riserve: non si tratta, infatti, di rifiutare la ragione moderna, bensì di allargare i suoi ambiti di indagine, riconoscendo che il nesso tra ragione e religione è tipico della filosofia sin dalle sue origini e non può essere rimosso (cfr. Discorso previsto a “La Sapienza” il 17-01-2008).
A Ratisbona Benedetto XVI aveva difeso l’incontro tra pensiero greco e cristianesimo; nella lezione non pronunciata alla Sapienza di Roma il Papa si spinge a sostenere che il primo è servito al secondo per «dissolvere la nebbia della religione mitologica » e per «far posto alla scoperta di quel Dio che è Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore». Tale è l’importanza che il cristianesimo assegna alla ricerca razionale che è proprio in ambito cristiano che si sviluppa, nel Medioevo, l’università, la quale «deve essere legata esclusivamente all’autorità della verità». In particolare, è proprio nelle università che il sapere filosofico, grazie a Tommaso d’Aquino, diviene un sapere autonomo ed il suo rapporto con la teologia può essere definito con la formula senza confusione e senza separazione.
Ben venga perciò la proposta del «Nuovo Realismo» di Ferraris, purchè non si tratti di un pericoloso ritorno al tribunale della Ragione giacobino, ma della fine della pretesa umana di produrre la salvezza e dell’apertura onesta e coraggiosa a tutte le istanze di cui l’uomo è capace.
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«Quali siano i fatti dipende solo in parte dalle proprietà dei concetti che si è scelto di applicare: perché dipende, il più delle volte, anche da come stanno affettivamente le cose (“dipende dal mondo”, come si usa dire)».
(Diego Marconi, Per la verità, Einaudi, 2007, p. 75)
Per saperne di più…
Diego Marconi, Per la verità, Einaudi, 2007. Una bigliografia aggiornata del dibattito sul New Realism iniziato questa estate si trova sul blog di Gianni Vattimo all’indirizzo http://giannivattimo. blogspot.com/search?q=ferrars
IL TIMONE N. 107 – ANNO XIII – Novembre 2011 – pag. 32 – 33
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