Vescovi in prima linea
Per la mentalità comune sarebbe considerato un pazzo fondamentalista anche mons. Thomas J. Olmsted, da poco nominato vescovo di Phoenix, in Arizona, che ha trascorso la notte di Natale pregando in silenzio di fronte a una clinica abortista gestita dall’associa-zione Planned Parenthood. Alla stampa sconcertata per il gesto “scandaloso”, il prelato ha dichiarato: «Sono qui per pregare, non per protestare. Sono qui per pregare per le madri e i bambini non nati, specialmente per quelli che si trovano in situazioni diffcili». Spiegando ai giornalisti che «il Natale è la celebrazione di Dio che si è fatto uno di noi, entrando completamente nella nostra vita umana, specialmente come un non-nato nel ventre di sua madre», mons. Olmsted ha ricordato che, comunque, anche «questo è il Calvario, una vittima innocente sta morendo qui». Il suo dovere, dunque, è «di spiegare soprattutto ai cattolici, qualsiasi posizione occupino nella società, compresi i politici, gli insegnamenti della Chiesa e annunciare la buona novella sulla vita». I politici statunitensi, in vista delle elezioni presidenziali della prossima primavera, dovranno stare attenti. A chi promuove l’aborto e l’eutanasia sarà negata la Santa Comunione. Così ha deciso il vescovo di La Crosse, mons. Raymond Burke, ordinando ai sacerdoti della sua diocesi di ri?utare i sacramenti «a quei leader che contraddicono il Vangelo della vita attraverso i propri atti e le proprie politiche» e il provvedimento varrà «?no a quando non ritireranno pubblicamente il proprio appoggio a queste pratiche ingiuste». Alla ?ne del dicembre scorso, dopo poche settimane dalla propria nomina, il prelato aveva spedito tre lettere ad altrettanti politici del Wisconsin, avvertendoli del rischio spirituale che correvano sostenendo leggi contro la vita, avvertendoli che sarebbe stata loro negata l’Eucaristia.
Il velo sugli occhi
C’è da attendersi che anche i carri funebri circolino per le strade di Parigi inalberando, al posto della croce, il berretto frigio della Rivoluzione? Per i teofobi sarebbe un successo e così hanno colpito ancora una volta: il 28 gennaio 2004, il Consiglio dei ministri francese ha approvato un disegno di legge che impedisce di esibire simboli religiosi nelle scuole. Se l’Assemblea nazionale lo approverà, dal prossimo anno scolastico gli uomini, alunni e professori, saranno obbligati a radersi il viso e alle donne sarà vietato indossare il velo islamico. Così credono di combattere l’estremismo, ma hanno loro stessi un velo sugli occhi che impedisce di vedere che in Turchia, nonostante la proibizione sia già in vigore da settant’anni, lo scon?tto è stato proprio il laicismo. Anzi, soltanto ora che il partito islamico moderato Akp è al governo, il patriarcato ecumenico ortodosso ha ricevuto l’autorizzazione alla riapertura del proprio seminario, l’Istituto di teologia di Halki, chiuso d’autorità nel 1971.
Arafat vende il Vangelo e paga i kamikaze
C’è chi ha escogitato un’altra soluzione per ostacolare la presenza dei cristiani nella società. Non sono fondamentalisti islamici, ma l’Autorità Nazionale Palestinese, che durante le ultime festività natalizie ha deciso di far pagare alle emittenti televisive le riprese delle celebrazioni dalla Piazza della Mangiatoia. All’interno della Basilica della Natività, l’unica autorizzata a trasmettere era la televisione nazionale palestinese, che ha venduto i ?lmati della Messa della notte di Natale per 2.000 dollari alle tv straniere e per 6.000 alle agenzie di stampa. Per tutti gli altri, rimasti fuori, la quota ?ssa ammontava a 1.000 dollari, più altri 500 per ogni giorno di presenza delle troupe e dei tecnici del suono. Inoltre, il ricavato della vendita del Natale va moltiplicato per tre, visto che i cattolici e i protestanti festeggiano il 25 dicembre, gli ortodossi il 6 gennaio e gli armeni il 18 gennaio. Così cresce la fetta di bilancio che il governo controllato da Arafat può destinare alle operazioni militari degli attentatori suicidi palestinesi.
La scienza contraddice gli abortisti
Duro colpo per le teorie utilizzate ?nora per giusti?care le leggi che consentono l’“interruzione di gravidanza” come fattore di “riduzione del danno” derivante dagli aborti clandestini. Lo scienziato Michael J. New, del Massachusetts Institute of Technology (MIT), dell’Università di Harvard, in uno studio pubblicato dalla Heritage Foundation, spiega che le leggi a favore della vita approvate negli anni 1990 da diverse legislazioni statali hanno coinciso con un calo del 17,4% nelle pratiche abortive. E, nello stesso periodo, gli Stati che non le hanno adottate non hanno invece registrato una diminuzione tanto alta.
Richieste di nullità matrimoniale, il record all’Italia
Ci sono anche altri sacramenti da non distribuire “a pioggia”. Non solo in America, ma anche in Italia. I due Paesi detengono il primato delle nuove cause esaminate dal tribunale della Sacra Romana Rota, con poco meno della metà dei 250 casi complessivi del 2003. Gli italiani sono in testa a quota 93 e gli Stati Uniti ci seguono, ma a molta distanza, con 31. Così, il 29 gennaio 2004, il Santo Padre ha dovuto ricordare ai funzionari e agli avvocati rotali che il vincolo matrimoniale va considerato valido, tranne quando si dimostra il contrario. Ma proprio «la constatazione delle vere nullità dovrebbe portare ad accertare con maggior serietà, al momento delle nozze, i requisiti necessari per sposarsi, specialmente quelli concernenti il consenso e le reali disposizioni dei nubendi. I parroci e coloro che collaborano con loro in quest’ambito hanno il grave dovere di non cedere ad una visione meramente burocratica delle investigazioni prematrimoniali» ha detto il Papa, specialmente quelli riguardanti il consenso e le disposizioni reali. Ma il Ponte?ce ha accusato anche «la tendenza ad ampliare strumentalmente le nullità». Del resto, non è un panorama sconsolante quello offerto dalla generalità dei cosiddetti “corsi di preparazione al matrimonio”? In molti casi si tratta di pure formalità, in altri della proposta di una fede “light”, quella incapace di accogliere lo Spirito Santo e in seguito di sostenere un matrimonio. Dopodiché, anche quelle coppie che dimostrano chiaramente di non avere nessuna intenzione di condurre una vita cristiana “si sposano in chiesa”. Toccherà poi al Tribunale ecclesiastico constatarne il fallimento.
Eutanasia: una inaccettabile sentenza
Un giudice di Monza, Giuseppe Airò, nello scorso dicembre ha emesso una sentenza su un caso di eutanasia che costituisce una premessa per la depenalizzazione di questo crimine. Una donna di Vimodrone, da tempo malata di sclerosi multipla amiotro?ca, nel giugno scorso aveva ottenuto dalla ?glia di essere af?data ad un’associazione svizzera che realizza il “suicidio assistito” su commissione; la ?glia l’aveva accontentata, senza nemmeno informarne il marito. Denunciata dal padre, la giovane è stata condannata dal giudice al minimo della pena (un anno e mezzo di reclusione, con i bene?ci della legge), in quanto ella avrebbe agito “per motivi altruistici, di particolare valore morale e sociale”; del resto, secondo la sentenza, “questo comportamento incontra larghe fasce di consenso nella società italiana”. Dando un bell’esempio di adattamento del diritto al fatto, e di licenza nell’applicazione della legge, il giudice ha dunque stabilito che eliminare una persona incurabile costituisce un atto moralmente e socialmente valido; non si capisce quindi come possa restare punito dalla legge (Corrispondenza romana 840/08 del 10/01/04).
La Santa Sede critica l’ingresso a pagamento nelle chiese
In una intervista concessa al giornalista Andrea Tornielli (“Il Giornale”, 29 novembre 2003), il vescovo Mauro Piacenza, dall’ottobre scorso nominato presidente della Ponti?cia Commissione dei Beni Culturali della Chiesa, ha criticato l’abuso di trattare i luoghi di culto più antichi come musei, facendo pagare il biglietto d’ingresso ai visitatori, come ormai accade in molte diocesi anche italiane. «Bisognerebbe evitare di far pagare il biglietto d’ingresso per entrare in chiesa, perché ogni luogo sacro, qualsiasi sia la sua importanza storico-artistica, non può mai diventare un museo». Una cosa è annettere ad una storica cattedrale un museo ecclesiastico, come già accade in molte diocesi; un’altra è ridurre le cattedrali o le chiese storiche a musei. Il prelato critica inoltre l’uso di sottrarre al culto liturgico i più antichi e preziosi oggetti sacri, relegandoli nel museo diocesano: “io mi permetterei di suggerire di utilizzare, magari una volta all’anno, in occasione di qualche solennità, alcuni degli arredi liturgici o dei paramenti esposti, proprio per far comprendere che quelle opere d’arte non sono soltanto pezzi da museo, ma rappresentano la continuità della tradizione”(Corrispondenza Romana 840/09 del 10/01/04).
IL TIMONE – N. 31 – ANNO VI – Marzo 2004 – pag. 6 – 7