Il mistero della fede di Frère Roger
Con una pugnalata, una malata di mente romena ha ucciso il 16 agosto il novantenne frère Roger Schütz, fondatore e priore della comunità di Taizé, da molti definito “un uomo di comunione e riconciliazione”. Migliaia di persone hanno partecipato ai suoi funerali. Ma se il caso di cronaca “nera” è stato subito risolto, c’è un “giallo” sull’appartenenza religiosa della vittima. Nonostante il suo impegno per l’ecumenismo e la messa funebre celebrata dal cardinal Walter Kasper, presidente del Consiglio pontificio per la Promozione dell’unità dei cristiani, il monaco protestante svizzero non si era mai formalmente convertito al cattolicesimo, come ha confermato anche il suo successore, frère Alois, però «si comunicava regolarmente da molto tempo», secondo il portavoce di Taizé, frère Emile. Fra l’altro, l’8 aprile scorso aveva ricevuto la Santa Comunione dall’allora cardinale Joseph Ratzinger in piazza San Pietro, ai funerali di Papa Giovanni Paolo II. Per spiegarlo, il 12 luglio, il portavoce della Santa Sede Joaquín Navarro Valls aveva chiarito che il fondatore di Taizé «accedeva totalmente alla comprensione dell’Eucaristia» e perciò, «in questa situazione era praticamente impossibile rifiutargli l’accesso al Santissimo Sacramento, visto che la sua fede cattolica era nota a tutti». Nessuno ha saputo dire, comunque, dove e quando avesse abiurato al protestantesimo. Fra l’altro, lo stesso frère Roger si era opposto all’intercomunione nella sua comunità. Quel giorno in piazza San Pietro, tuttavia, si sarebbe «trovato nella fila che si era formata per ricevere la Comunione dal Cardinale Ratzinger e gli sarebbe stato impossibile uscirne», ha spiegato il portavoce vaticano, aggiungendo che comunque si è trattato di «un caso non abituale che non deve essere generalizzato». Il Santo Padre, commentando la morte di frère Roger, ha detto che «è nelle mani della bontà eterna, dell’amore eterno. È arrivato alla gioia eterna».
E tanto ci basti.
Il Sacro Cuore difenderà la libertà religiosa
Il primo venerdì di settembre, da tutta la Chiesa cattolica si sono levate preghiere al Sacro Cuore di Gesù «perché il diritto alla libertà religiosa sia riconosciuto dai governi di tutti i popoli della terra». È l’intenzione generale affidata da papa Benedetto XVI all’Apostolato della Preghiera per tutto il mese di settembre. Dunque l’urgenza del problema, legato alle violazioni patite da cristiani e non cristiani in molti Stati, è particolarmente avvertita dal Santo Padre, insieme all’intenzione missionaria che recita: «perché l’impegno di annuncio del messaggio cristiano da parte delle giovani Chiese ne favorisca l’inserimento in profondità nelle culture dei popoli». È una conferma che «la questione religiosa è inscindibilmente legata alla questione della verità», ha commentato monsignor Felix A. Machado, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, citando le parole dello scomparso Papa Giovanni Paolo II, secondo il quale compiere degli «sforzi per la promozione della pace nel mondo, della libertà di coscienza e di religione non significa relativizzare la verità oggettiva che ogni essere umano è moralmente obbligato a ricercare».
Una lettera della Passione
«Sono stato arrestato il Venerdì santo». Non capita a tutti. Ancora meno a bambini di dieci anni come Joshua Eldreth, autore della frase scritta per spiegare a un giudice il reato che ha commesso: «per aver oltrepassato la proprietà dell’ospedale. Non dare cibo e acqua alla signora Schiavo era sbagliato». Eppure un tribunale statunitense ha condannato proprio lui a svolgere 25 ore di servizi sociali e a scrivere una lettera di scuse. Così il colpevole ha spiegato il suo gesto, compiuto armato soltanto di un po’ d’acqua. Sono entrato «perché Gesù avrebbe fatto lo stesso. Mi sentivo triste sapendo che lei era così assetata e questo rendeva triste anche Gesù.
Sapevo che sarebbe morta e sono chiamato da Gesù a essere un difensore di chi non ha difese». Se non lo capiranno, pazienza, perché è accaduto sempre a chi è finito in carcere il Venerdì santo. Joshua si dice «dispiaciuto» che il giudice non abbia gradito la sua azione, ma soprattutto che «Voi non mi abbiate permesso di salvarle la vita [di Terri Schiavo, n.d.r.] e un giorno dovrete dire a Dio perché. Allora non sarò in grado di aiutarvi come ho cercato di aiutare lei. Ma pregherò per Voi ogni giorno». Terri Schiavo è stata lasciata morire di fame e sete, ma i giudici prendono di mira un bambino che voleva farla vivere. La lettera integrale, in lingua inglese, compare in Internet su
www.lifesitenews.net.
La museruola agli antiabortisti
Si combatte e ci si sacrifica per la vita in ogni angolo del mondo. In Brasile un sacerdote è stato condannato per aver definito “abortista” un’antropologa che promuove la legalizzazione dell’aborto. Don Luiz Carlos Lodi da Cruz, Presidente dell’Associazione Provita di Anápolis, dovrà pagare l’equivalente di 3mila euro per i presunti danni morali provocati a Débora Diniz Rodrigues, direttrice dell’Istituto di Bioetica, Diritti umani e Genere. Don Lodi, a cui è stato proibito di utilizzare il termine «abortista», si domanda quale «aggettivo utilizzare per chi difende l’aborto», visto che «chi difende il divorzio non si offende a essere chiamato divorzista, né i sostenitori del comunismo a essere chiamati comunisti». Sono ridotti al silenzio anche i medici obiettori di coscienza peruviani, a cui ha dato voce la presidentessa del Coordinamento nazionale Uniti per la Vita (CNUV), Sandra Távara de Quiroz, che ha spiegato come nel suo Paese schierarsi contro l’aborto possa oramai divenire causa di «suicidio professionale» per il rischio di essere presi di mira da gruppi di potere politico ed economico. La minaccia culturale proviene da «istituzioni internazionali come l’Organizzazione Panamericana della Sanità (OPS) e la Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)», a cui si debbono lavori presentati come “scientifici”, ma intesi a ingannare dicendo «che la vita non inizia quando si uniscono le due cellule dei genitori (ovulo e spermatozoo) e sostengono che la gravidanza inizi quando l’ovolo fecondato si impianta nell’utero, cioè che se non avviene nell’utero, la donna non è incinta, né esiste in lei una nuova vita». Per i medici e le cliniche abortiste e i produttori e i commercianti di farmaci legati all’aborto, invece, c’è una reale e allettante prospettiva di guadagno economico.
Dalle macerie risorge la fede
Nel quarto anniversario dell’11 settembre 2001 si è pregato per le vittime (e per gli attentatori) in una chiesetta cattolica proprio accanto al luogo dell’attentato alle Torri Gemelle di New York. Semidistrutta in seguito all’esplosione e poi restaurata alla fine del maggio scorso, la cappella dedicata a san Giuseppe è stata benedetta dall’arcivescovo della città, cardinale Edward Egan. Al suo interno, ospita ora un monumento in memoria di coloro che morirono nell’attacco terroristico di Al Qaeda. Per il porporato «con il monumento si afferma la presenza di Dio in un luogo nel quale è stata messa alla prova la fede di molti». Tra le statue che adornano il luogo di culto, trova posto anche quella di san Floriano, patrono dei pompieri.
Un divo del rap difende i non nati con la musica
C’è anche chi non ha paura e, sapendo di essere un sopravvissuto, non ritiene di aver nulla da perdere. La star della musica rap americana Nick Cannon ha da poco messo sul mercato la sua ultima canzone “Can I live?” (Posso vivere?) in cui racconta come sua madre, rinunciando a praticare un aborto, gli permise di nascere il 17 ottobre del 1979. Nel filmato appare una donna che arriva presso una clinica abortista davanti alla quale si sta svolgendo una manifestazione a favore della vita. Suo figlio, dal grembo, le dice: «Mi vedi mentre sogno, allora non puoi uccidere i tuoi sogni. 300 dollari è il prezzo della vita. Mamma, non mi piace questa clinica.
Prendi la decisione giusta. Spero che non deciderai per il cucchiaio». La vera mamma di Nick appare poi nel finale del video mentre abbraccia il figlio che canta: «Amo mia madre che mi ha dato la vita». Il filmato (in lingua inglese) è visibile sul sito Internet:
www.nickcannonmusic.com/index_main.html.
IL TIMONE – N. 46 – ANNO VII – Settembre/Ottobre 2005 – pag. 6 – 7