IL TIMONE n. 128 – anno 2013 –
PREMIO A LUIGI NEGRI
«Se si spegne il senso della verità, allora occorre chiedersi se non siamo in presenza di una trasformazione antropologica, di fronte a uomini che sembrano uomini, ma in realtà non lo sono». Ha esordito così, nella cerimonia di premiazione al Teatro Remondini di Bassano del Grappa, il presidente della Scuola di Cultura Cattolica, Andrea Mariotto, presentando il premiato della trentunesima edizione del Premio Cultura Cattolica, l’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio mons. Luigi Negri. Le parole citate da Mariotto sono di Gustavo Bontadini, filosofo neotomista, maestro dello stesso mons. Negri, che con lui discusse la sua tesi di laurea.
Intervistato dal vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli, mons. Negri ha ricordato il contesto in cui è cresciuto: «I miei genitori sono stati i miei primi maestri nella fede», ricordando il padre che «la mattina diceva di andare al lavoro per collaborare alla gloria di Dio», aggiungendo che «Nei miei genitori ho percepito la fede come qualcosa di pertinente con la vita».
Parlando dell’incontro con don Luigi Giussani e il movimento di Comunione e Liberazione, Negri ha detto: «di Giussani mi colpì la capacità di far emergere la corrispondenza tra Cristo e le domande che avevamo nel cuore, e nel movimento da lui fondato ho incontrato una possibilità di compagnia nuova ». Negri ha poi svolto considerazioni sulla difficoltà dell’uomo odierno nei confronti della Chiesa, causate dallo smarrimento del senso del peccato: «Cristo accoglieva i peccatori come oggi fa la Chiesa – ha dichiarato – ma una volta gli uomini avevano il senso del peccato, sapevano di non essere a posto con Dio». Tuttavia, oggi «la Chiesa deve parlare al cuore dell’uomo, partendo non dalla morale, ma dall’ontologia, dall’essenza costitutiva dell’uomo », che è una domanda aperta al Mistero della Rivelazione.
Negri ha anche espresso il «grande dolore» provato in occasione della rinuncia di Papa Benedetto XVI, che con questa rinuncia «ha dimostrato di voler bene più alla Chiesa che a se stesso, insegnandoci quella grande virtù che è il senso del limite. Anche Aristotele che era senza la fede – ha concluso – sosteneva che il senso del limite è alla base di ogni costruzione morale». (Giovanni Battaglia).
SENTINELLE IN PIEDI
Manifestiamo in silenzio oggi, per difendere la libertà di esprimerci domani. Con questo slogan tornano nelle piazze italiane le Sentinelle in piedi. Sulla scia dell’omonimo movimento francese, che si è battuto contro la legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, le sentinelle vegliano silenziosamente in piedi nelle piazze, con un libro in mano segno di formazione continua, per difendere la libertà d’espressione messa in discussione dal decreto legge Scalfarotto, approvato dalla Camera, che prosegue il suo iter al Senato. Il testo viene presentato come necessario per fermare episodi di violenza nei confronti di persone omosessuali, ma il nostro ordinamento giuridico prevede già allo stato attuale punizioni per chi si rende protagonista di atti di aggressione. Questo testo invece mette in pericolo le libertà fondamentali sancite anche dalla Costituzione. Con questa legge, infatti, chiunque affermi che la famiglia naturale sia fondata sull’unione tra un uomo e una donna, o sia contrario alle adozioni da parte di coppie omosessuali potrà essere denunciato per omofobia e rischiare fino ad un anno e sei mesi di carcere. Stessa sorte toccherebbe a chi divulgasse, per esempio, quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica sull’omosessualità. Di fronte a questa prospettiva le Sentinelle in piedi sono già scese in piazza a Brescia, Bergamo, Trento, Verona, Reggio Emilia e Milano, dove il 12 ottobre si sono radunati oltre 500 veglianti. E la mobilitazione continua, il 7 dicembre è prevista una nuova veglia a Brescia, e il 15 sarà nuovamente la volta di Milano. Per informazioni: info@sentinelleinpiedi. it oppure su Facebook: Sentinelle in piedi Italia.
CRISTIANOFOBIA
Due statue di Maria distrutte in pochi giorni. In Siria, dove un imam ha fatto a pezzi una statua. Si è fatto anche filmare, poi è seguita la solita affermazione «Allah è il più grande». Nel video, l’imam annuncia che «solo Allah può essere adorato nella terra del Levante e solo la legge di Allah può essere stabilita e il tiranno non sarà adorato in questa terra dopo questi giorni, con il permesso di Allah». In Angola, presso il santuario di Muxima, alcuni estremisti hanno devastato la statua della Madonna posta sull’altare. Il parroco Albino Reis ha dichiarato: «Erano fanatici religiosi, dicevano che adoriamo le immagini e che il santuario doveva essere distrutto». La polizia sta indagando e ha già fermato alcune persone. Potrebbe trattarsi di un attacco di quelle confessioni evangeliche e pentecostali, non autorizzate dal governo, che negli ultimi anni si sono moltiplicate in Angola. (www.nocristianofobia.org 30/10/22013) Nella cittadina di Bad Homburg vor der Höhe, vicino a Francoforte, il comune ha deciso che le scuole d’infanzia non dovranno più festeggiare la ricorrenza dedicata a San Martino. La festa dell’11 novembre, che si svolge abitualmente con una processione con fiaccole, dovrà essere sostituita con la politicamente corretta “Festa del sole, della luna e delle stelle”, per non discriminare i bambini di altre culture. Ma non sono d’accordo nemmeno i musulmani. Il presidente del centro locale musulmano, Aiman A. Mazyek, ha dichiarato: «La vita di San Martino è un fulgido esempio anche per i musulmani. Il pensiero della condivisione svolge un ruolo importante per l’Islam». Si tratterebbe quindi di una soluzione voluta solo da istanze laiciste. Le stesse che, nel ricercare bizzarre forme di tolleranza religiosa, hanno voluto cambiare il nome dei “Mercatini di Natale” di Berlino in “Mercati invernali”. ( www.nocristianofobia.org 7/11/2013).
GIUSTIZIA PER GOTTI TEDESCHI
Papa Ratzinger era evidentemente all’oscuro della clamorosa cacciata del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, avvenuta con modalità e circostanze del tutto inedite nella storia della Santa Sede e accompagnata dal tentativo di delegittimare personalmente e professionalmente la sua persona.
Lo attesta monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa pontificia e segretario di Papa Ratzinger, in un’intervista con Il Messaggero pubblicata oggi. Alla domanda se Benedetto XVI fosse all’oscuro della cacciata di Gotti, Gänswein risponde: «Ricordo bene quel momento, era il 24 maggio. Quel giorno vi fu anche l’arresto del nostro aiutante di camera Paolo Gabriele. Contrariamente a quello che si pensa, non vi è nessun nesso tra i due eventi, semmai solo una coincidenza sfortunata, persino diabolica…». Un accenno significativo, questo di don Georg. Nel durissimo documento con il quale Gotti venne licenziato, fatto volutamente filtrare alla stampa, tra le motivazioni veniva data anche la sua incapacità di spiegare come documenti riservati e corrispondenza interna dello Ior fosse finita sui giornali. Lasciando quasi intendere un coinvolgimento del presidente dell’Istituto per le Opere di Religione in Vatileaks. Le indagini della Gendarmeria vaticana hanno però verificato che anche gli scambi riservati di email riguardanti la legge sulla trasparenza vaticana divenuti pubblici facevano parte dell’archivio di fotocopie ritrovato in casa di Paolo Gabriele. «Benedetto XVI – continua Gänswein – che aveva chiamato Gotti allo Ior per portare avanti la politica della trasparenza restò sorpreso, molto sorpreso per l’atto di sfiducia al professore. Il Papa lo stimava e gli voleva bene, ma per il rispetto delle competenze di chi aveva responsabilità scelse di non intervenire in quel momento. Successivamente alla sfiducia – aggiunge il segretario di Ratzinger – il papa, per motivi di opportunità, anche se non ha mai ricevuto Gotti, ha mantenuto i contatti con lui in modo adatto e discreto». È probabile che proprio monsignor Gänswein sia stato il tramite di questi contatti. Secondo alcune indiscrezioni, poco prima della rinuncia di Benedetto XVI, era stata decisa una forma di “riabilitazione” del banchiere licenziato, che poi non si è verificata. (Andrea Tornielli, Vatican insider, 22/10/2013).
CINA. I PROTESTANTI SI CONVERTONO
La parrocchia di Yi Xing Fu della diocesi di Tian Jin, nella Cina continentale, ha accolto il 27 ottobre un gruppo di pellegrini “particolari”: si trattava infatti di una quarantina di fedeli provenienti dal protestantesimo che recentemente sono stati accolti nella Chiesa cattolica, e che ora fanno parte della comunità della Cattedrale di Xi Kai, della stessa diocesi, dedicata all’Immacolata Concezione. Secondo quanto riferito all’Agenzia Fides da Faith dell’He Bei, i pellegrini erano guidati dai membri del Gruppo dell’Evangelizzazione della Cattedrale di Xi Kai, e accompagnati da altri parrocchiani. Durante l’omelia della Messa, il parroco di Yi Xing Fu, don Yuan, ha espresso calorosa accoglienza a questi nuovi fratelli e sorelle, soffermandosi ad illustrare la struttura della gerarchia ecclesiastica e il significato della Chiesa “una, santa, cattolica ed apostolica”.
Quindi i pellegrini hanno potuto conoscere la realtà della vita parrocchiale e le attività pastorali, oltre a condividere la loro esperienza e il cammino di fede che stanno percorrendo. Il pellegrinaggio costituisce infatti una delle tante iniziative promosse dal Gruppo dell’Evangelizzazione della Cattedrale di Xi Kai per consolidare la formazione di questi fratelli e sorelle da poco entrati nella Chiesa cattolica. (NZ) (Fides, 6/11/2013).
FOCUS
Niente affari (Papa Francesco)
Credere che il demonio esista, sia furbo, cattivo e omicida, per certi teologi postconciliari – ovviamente “adulti” – è segno di fede immatura e superstiziosa. Non la pensa così papa Francesco, che nella Messa a S. Marta dell’11 ottobre scorso ha invitato a non fare «affari con il demonio» e a «prendere sul serio i pericoli che derivano dalla sua presenza nel mondo». Meditando il brano di Luca (11,15-26) che racconta di Gesù che scaccia i demoni, ha detto: «ci sono preti che quando leggono questo brano e altri brani del Vangelo dicono: Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica». Ma «noi non abbiamo il diritto di rendere la cosa tanto semplice, liquidandola come se si trattasse di malati psichici e non di indemoniati».
Sapienza (P. Serafino Lanzetta)
Credere nell’unica Verità che è Cristo è segno di intolleranza verso chi non ha questa fede? Falso dilemma, risponde P. Serafino Lanzetta, giovane e valente teologo dei Francescani dell’Immacolata, per il quale bisogna non separare, ma «coniugare Fede e Carità, Ragione e Amore». Solo così, un cattolico può tenere unite «la Verità della Fede e la Carità nei confronti dei fratelli, di tutti gli uomini di buona volontà». Inoltre, giova ricordare che «la Verità che è Cristo non è un calcolo matematico, non è un teorema, è una persona che ha un cuore, è una persona che ci fa amare: la fede pertanto promana dalla Carità e porta alla Carità. La Fede si compie nell’Amore e questo rapporto di Fede e Amore è possibile perché anche lo spirito dell’uomo è costituito da due dimensioni fondamentali, la ragione e l’amore». Poche parole, tanta sapienza!
Resta “poco tempo” (P. Piero Gheddo)
In vista del convegno ecclesiale previsto a Firenze nel 2015, (www.lanuovabq. it 8/11/2013), Padre Piero Gheddo chiede di alimentare la spinta missionaria della Chiesa italiana. Il perché è presto detto: «Penso si debba dare ai nostri fedeli il senso della drammaticità della situazione di abbandono della fede in cui ci troviamo». A suo sostegno, il missionario ricorda le parole di un vescovo: «Abbiamo ancora 10-20 anni per cambiare questa scivolosa deriva verso il paganesimo». Anche il Bel Paese, dunque, procede verso una società scristianizzata. Che fare? Risponde Gheddo: «Ciascun credente deve capire che l’Italia non si rievangelizza se tutti noi credenti non ci impegnano a ritornare a Cristo, il cui amore ci rende testimoni e missionari».
IL TIMONE N. 128 – ANNO XV – Dicembre 2013 – pag. 10
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