Guarisce miracolosamente, digiuna 36 anni di fila nutrendosi solo con l’Eucaristia, rivive fisicamente Passione e Resurrezione di Gesù.
Accadeva pochi anni fa. Protagonista Teresa Neumann. La scienza ha visto, indagato e non sa spiegare.
Si fa presto a dire ‘miracolo’. Succede qualcosa di strano, che la scienza non sa spiegare, e subito la fede semplice del credente grida al ‘miracolo!’. Se i laici snobbano (loro s’occupano d’altro), anche il credente “acculturato” non nasconde il suo imbarazzo. Si può parlare di miracoli nel XX secolo? E Bultmann? E la demitizzazione dei Vangeli? E la “moderna” teologia, sbriciolata all’ultima catechesi parrocchiale, rigorosamente per adulti nella fede?
Ben venga l’imbarazzo, signori miei, ma che ci prenda quando si ha il coraggio di ficcare il naso nella storia di Teresa Neumann, che definire impressionante è dir poco. Anche imbarazzante, è vero, ma solo per chi si ostina a negare Gesù Cristo.
Teresa Neumann, nasce nel 1898 a Konnersreuth (Germania) in una famiglia povera, numerosa ed assai devota. Una di quelle famiglie che oggi verrebbero tacciate di plagio e violenza sui minori, visto che papa Neumann, quando i figli disturbano o si distraggono alla Messa, per punizione, una volta a casa, fa loro recitare in ginocchio il Rosario. Teresa, non incappa mai in questa punizione, anzi! Pur godendo delle attenzioni dei ragazzi, ha già ben saldo il proposito di farsi missionaria e andare in Africa. Per il resto, ha un carattere allegro e vivace, forte senso della responsabilità, della famiglia e tutti le riconoscono una grande generosità. Si prodiga nelle faccende domestiche, accudisce i fratelli quando la madre è al lavoro e arriva persino a rimandare la sua partenza come missionaria, dal momento che il padre era appena stato chiamato come fante sul fronte occidentale. Il dramma della Prima Guerra mondiale era scoppiato.
Caso, o più semplicemente – e ragionevolmente – disegno di Dio, il giorno successivo al ritorno del padre dalla guerra, quando finalmente Teresa sarebbe stata libera di realizzare la sua vocazione missionaria, scoppia un incendio nella cascina dei vicini. Accorrono tutti ad aiutare. Nel passare i pesanti secchi colmi d’acqua, Teresa avverte un forte dolore alla schiena e pensa ad un semplice ‘strappo’ muscolare. Si tratta, invece, di una irrimediabile lesione alla spina dorsale, che di lì a breve le paralizza completamente le gambe.
Lei, che era solita aiutare tutti e non esser di peso a nessuno, si trova a dipendere per ogni cosa dalla famiglia. Oltretutto, una rovinosa caduta le fa perdere completamente la vista, disgrazia che i medici reputano irrimediabile.
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per uno di quei casi che oggi verrebbero utilizzati come cavallo di battaglia dai sostenitori dell’eutanasia.
Invece, testimonia il fratello, ancora in vita, che, ben lungi da certe idee moderne, la famiglia le si stringe vicino, materialmente e spiritualmente. Teresa, come confesserà in seguito, fa molta fatica ad accettare questa croce, continua a pregare, rivolgendosi specialmente a Teresina di Lisieux, di cui il padre le aveva procurato un’immaginetta. E qui, dicono i fatti, tutti documentati, inizia l’imponderabile. Il 29 aprile 1923, giorno della beatificazione di Teresina di Lisieux, Teresa acquista di colpo ed inspiegabilmente la vista. La madre, incredula, le mostra dei fiori bianchi e, constatato come Teresa li descrive minuziosamente, non può che gridare al miracolo.
Come se non bastasse, due anni dopo, il 17 maggio 1925, quando Papa Pio XI dichiara santa la carmelitana di Lisieux, simultaneamente Teresa si accorge di poter muovere le gambe: la paralisi è sparita. Inutile dire che nella piccola Konnersreuth, e non solo lì, la notizia fa scalpore.
Passa solo un anno e sul corpo di Teresa appaiono strane ferite: sono le stigmate. La loro comparsa segna l’inizio di un miracolo durato, senza interruzione, 36 lunghi anni. In quest’arco di tempo, ogni settimana, dalla notte del giovedì alla mattina della domenica, Teresa vive in prima persona, portandone visibilmente i segni sul corpo, la Passione del Signore, momento per momento, dall’Ultima Cena alla Resurrezione, così com’è descritta nei Vangeli.
Gli esperti accorsi da ogni dove la sentono parlare in lingue antiche, che Teresa non poteva conoscere, la osservano ripetere dialoghi in aramaico, greco e latino, la vedono sanguinare dagli occhi, dal capo e dal corpo, che sembra percosso, flagellato e crocifisso.
Increduli, la vedono cadere, ridotta in quello stato, in un sonno profondo e risvegliarsi gioiosa e serena, la domenica mattina, con le ferite chiuse ed il volto radioso. Tutto questo, giova ripeterlo, per 36 anni di fila. E sotto costante controllo. Si indaga persino sulla sua illibatezza, alla ricerca di qualche causa misteriosa. Non si scopre alcun inganno. Ma il fatto forse più strabiliante è che, dalla comparsa delle stigmate e fino alla morte, cioè per 36 anni di seguito, Teresa smette completamente di bere e di nutrirsi, assumendo solo l’Ostia consacrata. La straordinarietà dell’evento, che accade sotto gli occhi attenti e indagatori di esperti, scienziati, medici, teologi e studiosi d’altre discipline, spinge a ipotizzare ogni tipo di stratagemma per smascherarla come mistificatrice. Provano a darle ostie non consacrate: le rifiuta. La diocesi di Ratisbona istituisce una commissione composta da quattro suore e da medici incaricati di non perderla di vista nemmeno per un istante, giorno e notte. Per intere settimane, la tengono sotto osservazione, veri-ficano e constatano che Teresa non si nutre e non beve. Di più: riscontrano persino che il corpo di Teresa ha funzioni normali, ma nessuna escrezione. Tutto questo dura per 36 anni, inspiegabilmente, fino alla morte della grande mistica, nel 1962.
Si sa che persino Hitler aveva paura di lei. La precisa e minuziosa burocrazia nazista, che a quel tempo distribuisce tessere annonarie che danno diritto alle provviste, prende atto che a Teresa tale tessera non serve, gliela ritirano e si limitano a concederle una doppia razione di sapone, per via di quei suoi indumenti spesso zuppi di sangue. Quanto sopra abbiamo sintetizzato è ben documentato, e magistralmente raccontato, nel bel libro di Paola Giovetti, ricco di documentazione fotografica e segnalato in bibliografia. È un invito alla lettura.
BIBLIOGRAFIA
Paola Giovatti, Teresa Neumann, una grande mistica del nostro tempo, San Paolo, Cinisello Bal.mo (MI) 1989.
Vittorio Messori, Pensare la storia, Paoline, Cinisello Bal.mo (MI) 1992, pp.363-365.
IL TIMONE – N.6 – ANNO II – Marzo/Aprile 2000 – pag. 24-25