«Nella educazione esiste un triangolo costituito da genitori, docenti e alunni e tutte e tre le componenti sono indispensabili per la crescita dei ragazzi. Anzi, dirò di più: affermiamo pure che i genitori sono l’anello principale e più importante di questo metodo educativo». Parola di Giovanni De Marchi, notaio, papà di Giacomo, Chiara, Francesco e da due anni presidente del Faes, FAmiglia E Scuola, di Milano. A lui abbiamo chiesto se nei luoghi comuni sulla scuola paritaria c’è un fondo di verità o se invece sono miti da sfatare.
È proprio vero che la scuola paritaria è molto più costosa per lo Stato? Quali sono i costi reali e quali le famigerate sovvenzioni che lo Stato garantisce?
«Chiariamoci da subito: la scuola paritaria (anzi, per meglio dire: scuola pubblica non statale, perché di servizio pubblico si tratta) è, per lo Stato, un grande risparmio. Secondo i dati dell’anno 2012, uno studente della scuola pubblica statale costa in media allo Stato 7.300 euro, mentre uno studente della scuola pubblica non statale costa allo Stato 480 euro. Oggi le scuole pubbliche non statali sono frequentate, in Italia, da oltre un milione di studenti: se tutti questi alunni si trasferissero nello Stato si avrebbe un aggravio di costi per lo Stato annuo di circa 7 miliardi di euro. E alle scuole non statali, che svolgono un servizio pubblico medio di altissimo livello, arrivano in tutto 470 milioni di euro. Questi i numeri, nudi e crudi, spesso nascosti al grande pubblico ed estromessi dal dibattito: numeri aridi forse, ma direi molto significativi».
Nel dibattito “scuola pubblica-scuola privata” sembra serpeggiare una convinzione condivisa: la scuola privata è una scuola per ricchi. È davvero così?
«Molte scuole paritarie, soprattutto di ispirazione cristiana, hanno rette molto inferiori agli effettivi costi sostenuti per fare scuola e molte accolgono alunni di famiglie che non riescono neanche lontanamente a sostenere le rette: come è possibile? Da sempre esiste in queste scuole una rete di solidarietà tra genitori, tra famiglie, tra ex-alunni, tra nonni o donatori, fondi costituiti da amici della scuola, piccoli e grandi mecenati che desiderano “investire” nella cultura e permettono di coprire le rette che molte famiglie non possono pagare. E questo perché? Perché l’educazione dei ragazzi è prioritaria su tutto e molte persone sono disponibili a fare sacrifici e donativi (spesso non pubblicizzati) per dare un’educazione adeguata alle giovani generazioni».
Chi e perché per i propri figli oggi sceglie la scuola di ispirazione cristiana? Come mai anche in un momento difficile come questo per mandare i propri figli a una scuola paritaria è disposto a fare grandi sacrifici?
«Spesso la molla, accanto al riconosciuto alto valore didattico, è proprio l’attenzione diretta e individuale per gli studenti, che sono curati e amati individualmente e non vengono abbandonati a loro stessi, soprattutto nel delicato periodo della preadolescenza e dell’adolescenza. E poi identità culturale chiara, cura delle famiglie e relativo supporto ai genitori per aiutarli nell’educazione dei figli. La differenza a volte è sostanziale. Facciamo qualche esempio: si assiste in molte scuole pubbliche statali a vari festeggiamenti del Natale senza che mai si citi Gesù Bambino né la Sacra Famiglia. I bimbi recitano travestiti da frutta e verdura, da persone di varie etnie e nazioni, si cantano e si recitano poesie con luci, maghi e folletti, ma guai a citare Gesù, non è politicamente corretto, o ancora in altri casi si arriva al punto di non poter fare la “festa del papà” perché qualche bambino “potrebbe risentirne”. Ecco: questo è un mainstream culturale miope e debole che noi rifuggiamo. Scegliamo di trasmettere una diversa visione del mondo in primis ai nostri figli, e comunque a tutti coloro che vorranno condividere con noi dei valori. La scuola cattolica ha una bellezza in sé, che si respira, siamo noi che dobbiamo crederci».
La scuola paritaria è veramente libera? O esistono vincoli ministeriali che in qualche modo limitano la scelta educativa?
«Fortunatamente fino a oggi la libertà è un valore condiviso e difeso in Italia, almeno a parole, perché dal punto di vista economico in realtà alle parole non sono seguiti i fatti. Ci sono programmi ministeriali e didattici che anche ogni scuola non statale, proprio perché paritaria, deve rispettare. Certo la scuola cattolica ha dei valori di fondo che formano parte integrante del proprio metodo educativo: valori che non fanno male a nessuno e che credo nessuno dotato di minima onestà intellettuale e cultura moderna può permettersi di imbavagliare. Le recenti discussioni su temi caldi quali educazione all’affettività, educazione sessuale, teorie del gender, ecc., contengono spesso proposte legislative e programmi ministeriali che puntano purtroppo a imporre visioni del mondo anti- umane e anti-cristiane: se divenissero vincolanti, come viene spesso minacciato e come certe lobby non nascondono di voler fare, sarebbe un grave e luttuoso momento per la scuola e per la cultura italiana».
Tra le argomentazioni che più spesso si sentono quando si discute di scuola pubblica o privata, c’è la convinzione che la seconda sia tendenzialmente più facile da affrontare da parte di alunni o studenti, è davvero così?
«Oggi esistono parametri comuni e standard per valutare la qualità della scuola pubblica statale e non statale: ci sono gli esami di Stato e la maturità con commissioni esterne (e quindi nelle paritarie vengono mandati anche docenti dello Stato), ci sono le prove Invalsi comuni a tutti gli studenti italiani ed europei, ci sono i test universitari per gli accessi alle facoltà che vengono fatti da allievi di scuole statali e non: questo per dire che gli studenti si confrontano con prove uguali indipendentemente dalla scuola che frequentano, con risultati nella media in entrambe le tipologie di scuole, e quindi non è possibile affermare che la scuola paritaria è tendenzialmente più facile. Chi lo fa è perché non conosce l’attuale sistema scolastico italiano ed europeo. Certo, è vero che, generalmente, nella scuola non statale c’è più attenzione per il singolo ragazzo e più “spirito di squadra” dei docenti, e questo semplifica il lavoro dei docenti e l’apprendimento degli studenti: ma non è certo un male, no? È poi interessante notare che un recente famoso studio della Fondazione Agnelli ha valutato le scuole della Lombardia sulla base dei risultati universitari dei ragazzi della maturità del 2006: le migliori erano quasi tutte non statali e, addirittura, la prima in assoluto era una scuola cattolica che, al momento della pubblicazione dei risultati (2012), aveva già chiuso i battenti per la crisi economica».
È possibile parlare di metodo educativo condiviso tra scuola e famiglia in una società in cui la famiglia sembra disgregarsi di giorno in giorno? Può la scuola cercare di colmare quel vuoto insostituibile lasciato da modelli di famiglia precari e fragili?
«Che cosa può fare la scuola con famiglie disgregate, precarie e fragili? Molto, se lo sa fare, lavorando soprattutto con i genitori. Aiutandoli a crescere e a formarsi partendo dalla loro vita matrimoniale, di coppia, di adulti responsabili nella società civile e nel mondo del lavoro; sostenendoli nelle diverse tappe di crescita dei loro figli (da quando fanno i capricci a pochi mesi di vita, a quando diventano ribelli in adolescenza, a quando si sentono fragili e insicuri nelle scelte professionali e affettive); creando reti di genitori, di amicizia, per permettere di uscire dai nuclei mono-cellulari che la vita attuale propone e, direi, impone.
In tal senso credo proprio che scegliere l’ambiente giusto e la scuola giusta per i propri figli, mettendosi in gioco, permetta ai genitori di essere veri protagonisti della crescita dei loro figli. Troppo comodo pensare che debba fare tutto la scuola! La scuola è efficace solo se i genitori sono i principali protagonisti. Al tempo stesso, la scuola deve essere all’altezza delle aspettative dei genitori: buona preparazione culturale e didattica, ma soprattutto un corpo docente che condivide valori di riferimento e sistemi culturali condivisi e che sia modello di riferimento chiaro e sicuro per i ragazzi. Su questo è chiaro che il valore della scuola paritaria, in moltissimi casi, pensata e voluta da genitori che hanno a cuore l’educazione dei propri figli, ha una marcia in più. Ed è per questo che molti genitori, pur facendo sacrifici immensi, preferiscono la scuola paritaria. La vera emergenza educativa odierna non è tanto il bullismo, quanto il fatto che molti, troppi genitori sottovalutano la scelta della scuola dei figli. Una buona scuola non può supplire all’assenza del lavoro educativo dei genitori, ma una cattiva scuola può distruggere gli sforzi educativi della famiglia».
IL TIMONE – Febbraio 2014 (pag. 42-43)
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