Nella parrocchia del Duomo di un paese sul lago di Garda fioriscono preziose iniziative di evangelizzazione. Grazie anche alla bravura di sacerdoti che si stimano e si aiutano vicendevolmente. E i frutti si vedono…
Desiderate una iniezione di speranza dopo i tanti dispiaceri che notizie spesso rattristanti anche in campo ecclesiale ci hanno procurato? Volete dimenticare, almeno per qualche tempo, le storie terribili dei preti pedofili, ma anche quelle, certamente non paragonabili per gravità, ma pur sempre preoccupanti dei seminari semivuoti e dei tanti sacerdoti che faticano a trovare equilibrio e identità anche a causa della confusa e spesso scarsa preparazione ricevuta? Ebbene, credo di potervi dare una mano, almeno a giudicare dall’effetto che l’esperienza che racconterò ha avuto su di me. Sto, infatti, vivendo da qualche anno il dono di appartenere a una parrocchia – quella del Duomo di Desenzano del Garda – che ha registrato negli ultimi tempi una vitalità spirituale che penso non comune. E non è un caso, tra l’altro, che, nel maggio scorso, la Marcia nazionale per la vita sia partita proprio dal sagrato di quella bella chiesa. È una situazione che ho visto prendere corpo poco a poco sotto i miei occhi e che mi ha procurato grande conforto. Per fortuna non è unica, perché oggi sono numerosi i sacerdoti che, pur essendo in numero sempre più ridotto, si impegnano a vivere con zelo la loro vocazione, alla ricerca delle forme di evangelizzazione più efficaci per far giungere anche a quest’uomo moderno, così bisognoso ma al contempo così diffidente e distratto, il messaggio evangelico. Se tratterò, qui, di Desenzano, è perché è una situazione parrocchiale che conosco per esperienza personale e della quale, dunque, posso parlare.
Tutto ha inizio da un sacerdote don Gianni, un parroco esperto e avanti negli anni. Cosa che gli ha consentito di vivere in prima persona le novità del concilio ma anche di sopravvivere con equilibrio alle turbolenze del post-concilio. Don Gianni, giunto in questa parrocchia, storicamente la più importante della cittadina, non solo si è assunto l’onere non facile di cercare di far convivere le due anime presenti (quella, chiamiamola, “progressista” e quella più “tradizionale”) ma ha anche aperto una parte della casa parrocchiale ad un ospite un po’ strano. Ma sì, a quel don Andrea Brugnoli che aveva da poco dato vita ad un gruppo di giovani creato per l’evangelizzazione dei loro coetanei. Sono quelle “Sentinelle del mattino” che volevano raccogliere l’invito ad un impegno nuovo e vigoroso in questo campo dello stesso Giovanni Paolo II. Un prete, don Andrea, che stentava a trovare accoglienza perché un po’ scomodo; un sacerdote non sempre, sulle prime, facile da capire perché apparentemente contraddittorio: ben radicato nella Tradizione, fedele al magistero, promotore di un cristianesimo senza sconti, sia per quanto attiene la fede e la liturgia sia per quanto riguarda la morale. Ma al contempo in cerca di una evangelizzazione nuova nella forma, che sappia raggiungere i giovani là dove oggi essi si incontrano e vivono e, soprattutto, che li porti prima di ogni altra cosa a contatto con quel Gesù Cristo che è il centro di tutto.
È, in sostanza, il tentativo di fare in modo che anche oggi, pur fra mille frastuoni, qualcuno possa intendere, per bocca di un altro fratello in umanità, quell’invito di Gesù «Vieni e vedi» che il Vangelo ci ha trasmesso in tutta la sua forza. E che vuole consentire, sotto l’azione dello Spirito, un incontro così vero e profondo con la sua Persona salvatrice da portare chi ne faccia esperienza a diventare, da subito, a sua volta annunciatore.
Avviene così che, mentre le Sentinelle proseguono la loro opera in tutta Italia là dove vengono chiamate – sino ad ora già più di trenta diocesi –, inizia anche a Desenzano, una volta al mese, l’esperienza di “Una luce nella notte”. La Chiesa aperta sino a tardi, il Santissimo esposto, preghiere e canti in sottofondo, i sacerdoti pronti ad accogliere, ascoltare e confessare quei giovani che vi giungono dopo avere ascoltato, là dove cercavano di divertirsi, l’invito di loro coetanei. Sono ogni volta parecchi coloro che accettano. Poi, come nella parabola del seminatore, alcuni passano e se vanno apparentemente senza frutto. Ma altri, toccati dallo Spirito, restano e iniziano un cammino che non può che essere al contempo di approfondimento spirituale e di formazione alla evangelizzazione. Sappiamo, infatti, che la fede si approfondisce e si rafforza non tenendola gelosamente per sé, ma proprio cercando di diffonderla ad altri. D’altra parte, ugualmente ci è noto come il primo slancio alla evangelizzazione nasca come frutto spontaneo dalla gioia dell’Incontro. Come puoi, infatti, tacere quando hai sperimentato una felicità così grande? Come puoi non parlarne ad altri, quando hai scoperto il senso della vita che cercavi e che forse disperavi di trovare? Ma, al contempo, non ignoriamo che cosa avvenga dopo: la fatica di un annuncio che incontra difficoltà di tutti i tipi e che diventa possibile solo se la fede si fa sempre più piena e matura, sufficientemente forte e formata.
Ecco allora che la parrocchia del Duomo di Desenzano, affiancando l’attività delle “Sentinelle”, finisce per diventare spontaneamente un luogo di sperimentazione non solo di questo “primo annuncio” del Vangelo, ma anche di strumenti di formazione o nuovi o già sperimentati soprattutto all’estero, di cui possono usufruire tutti. Così, con il coinvolgimento e l’aiuto di altri sacerdoti – don Daniele e don Luca – ecco nascere altre iniziative di primo annuncio come le “Cene Alfa”. Sono una serie di incontri conviviali attorno a un desco imbandito per accogliere, in una forma un po’ sorprendente, chi – di ogni età e condizione – abbia il cuore colmo di domande e desideri di risposte sulla vita, la fede, su altre questioni che attengano il cristianesimo. Per garantire, invece, la formazione spirituale e teologica di coloro che l’annuncio ha risvegliato, ma anche evidentemente per tutti i parrocchiani che ne avvertano la necessità, ecco nascere ex novo, ma già imitato altrove, il “Caffè Teologico”, che sotto una veste inusuale nello stile di accoglienza è, in realtà, una vera e propria scuola di apologetica che affronta e sviscera, chiamando esperti nei singoli settori, tutti i temi più scottanti che riguardano fede e morale. E poi, tratte dall’esperienza milanese di don Pigi, le “Cellule di evangelizzazione”, piccoli focolari domestici – già una decina – in cui, attraverso il contatto personale, crescono insieme l’amicizia umana e la formazione cristiana. E, infine, utilizzando il metodo della “Scuola internazionale di evangelizzazione Sant’Andrea”, i corsi “Vita Nuova” per offrire una possibilità ulteriore, a tutti coloro che lo desiderano, di sperimentare in modo più profondo la gioia di un incontro personale con Gesù risorto. Per goderne in proprio, ma anche per apprendere, nella potenza dello Spirito, a trasmettere ad altri ciò che si è visto e udito.
Lo spazio non mi consente di approfondire meglio le varie iniziative. Anche perché evidentemente non è la loro elencazione la cosa più importante. Rilevante davvero, invece, mi è parsa una serie di aspetti che mi hanno colpito e che mi preme sottolineare. Anzitutto: tutte le iniziative si appoggiano su una certezza, quella che oggi occorre uscire dal recinto e andare incontro agli altri in forme che essi possano gradire e, nel nome di Gesù, farsi tramite affinché lo Spirito possa agire, illuminare e realizzare l’incontro. Poi, subito dopo, tutto il resto potrà seguire. Non, dunque, piani pastorali complessi, formazioni culturalmente sofisticate. Il cristianesimo o è il rapporto vero e profondo con la persona di Gesù o non è. È la freschezza all’opera negli Atti, è la semplicità di quei primi annunciatori. La capacità di portare con leggerezza sulle spalle i duemila anni di cristianesimo non come un pesante fardello, ma come una ricchezza mai esaurita alla quale attingere. E che perciò stesso produce reazioni a catena anche in quelle parrocchie a volte criticate come istituzioni superate e che invece dimostrano di potersi ben rinnovare al vento dello Spirito. Lo si è constatato anche qui sul Garda dove, accanto alle iniziative di cui sopra, altre sono fiorite, come l’Adorazione eucaristica per diverse ore mattina e sera, una pietà mariana sempre più profonda che ha visto, tra l’altro, cicli periodici di preparazione per la consacrazione solenne a Maria.
Ed io che ho ormai conosciuto un pezzo importante della storia della Chiesa ho avuto così la gioia di vedere come, dopo le ventate di speranza del Concilio e le delusioni del post-concilio, sotto la pressione di un mondo che si fa ostile ma insieme estremamente bisognoso di Verità, vecchio e nuovo possono felicemente incontrarsi e fondersi insieme. Così come possono fondersi insieme, nell’unica fede, carismi diversi. Qui, infatti, in partenza c’erano un parroco ormai veterano appartenente alla Associazione Sacerdotale della Santa Croce fondata da san Josè Maria Escrivà de Balaguer. Dunque, un seguace della spiritualità dell’Opus Dei che si è trovato a convivere con un giovane sacerdote di CL, don Daniele, e con un altro sacerdote – don Luca – che aveva trovato fede e vocazione tramite Medjugorie. Infine, un carisma nuovo come quello di don Andrea. Ebbene, tutti si sono fraternamente rispettati e aiutati. E noi fedeli abbiamo visto il nostro parroco, ormai esperto in umanità, sempre disponibile e sereno. E il nuovo venuto, don Andrea, poter sperimentare quanto lo Spirito gli suggeriva e i nostri preti più giovani sbocciare sempre più e meglio con liturgie – di rito antico e nuovo – sempre curate e rispettose della correttezza, con omelie ben preparate, con iniziative pastorali di indubbio interesse.
Come si sa, tutto su questa terra è transitorio. Dunque anche questa situazione felice non durerà di certo per sempre, perché la vita fluisce senza sosta e i sacerdoti, i giovani come i vecchi, per motivi opposti, finiranno per migrare altrove. Ma non importa. Il bene resta sempre e anche la speranza che lo accompagna.
IL TIMONE N. 105 – ANNO XIII – Luglio/Agosto 2011 – pag. 56 – 57
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