Il timone n. 15 – anno 2001 –
Scienza e fede. Lazzaro Spallanzani (1729-1799), sacerdote, professore prima di logica, metafisica e greco a Reggio Emilia e poi docente universitario di fisica e matematica, quindi di Storia naturale, è stato definito “il Galileo della biologia” per le esperienze di fisiologia che dovevano renderlo assai famoso. Tra i molti meriti di carattere scientifico, qui ricordiamo solo che dimostrò per primo l’azione del succo gastrico sugli alimenti, demolì la teoria della “generazione spontanea” e scoprì l’importanza e la funzione dei capillari. Ebbe la stima di tutti gli scienziati della sua epoca. Ecco un sacerdote scienziato, dunque, un’altra ennesima dimostrazione che scienza e fede possono benissimo camminare insieme.
Miracolo. La “ierognosi” è un termine che significa etimologicamente “conoscenza di ciò che è sacro” ed indica la capacità che alcuni santi avevano di riconoscere le cose sacre (per esempio: l’Ostia consacrata, rosari o scapolari benedetti, reliquie, etc) e di distinguerle immediatamente e infallibilmente, senza alcun esame, da oggetti profani. Questo fenomeno mistico straordinario è ben documentato nella storia della Chiesa. Basti pensare alla venerabile Caterina Emmerich, che era in grado di distinguere infallibilmente, e all’istante, gli oggetti benedetti tra i molti profani che le venivano presentati. Una volta, s. Caterina da Siena ebbe a riprendere un sacerdote che, per metterla alla prova, le offrì per la comunione un’ostia non consacrata. Si tratta di un fatto che trascende le forze della natura e non si può spiegare in modo naturale né preternaturale, scrive A. Royo Marin nel suo classico Teologia della perfezione cristiana.
Convertito. Louis Pauwels, scrittore, giornalista, carismatico direttore di “Le Figaro Magazine”, raccontò a Vittorio Messori (Inchiesta sul cristianesimo, Mondadori) come avvenne la sua conversione istantanea al cattolicesimo. Trovandosi in Sud America per partecipare ad un convegno, lo scrittore, allora pagano non del tutto alieno all’occultismo e all’esoterismo, cadde sul bordo di una piscina procurandosi una frattura. Rimasto solo, e con un dolore lancinante, dovuto alla frattura, Pauwels avvertì con chiarezza che “Qualcuno” lo aveva spinto. E lo aveva fatto per dirgli “qualcosa”: Soccorso e trasportato in barella, “era come se la nascita di Cristo avvenisse per me, in quel momento stesso: era il mio Natale. Per la prima volta in vita mia conoscevo la gioia”. Recatosi dal cardinale di Parigi Lustiger, anch’egli un converti-to, ma dall’ebraismo, per narrargli l’accaduto, questi gli donò “il libro che più gli era caro”: il Catechismo del Concilio di Trento.
Eutanasia. L’1 settembre 1939, proprio il giorno in cui le truppe tedesche davano inizio all’invasione della Polonia, scatenando la seconda guerra mondiale, Adolf Hitler scriveva una lettera indirizzata al Reichsleiter Bouhler e al Medico Generale del Reich, dottor Brandt. Nella missiva, il Fuhrer autorizzava l’eutanasia per quelli che chiamava ‘malati e deformi ritenuti irrecuperabili in base ai parametri umani’. L’ordine non trovò piena applicazione soprattutto per l’opposizione sotterranea della Chiesa cattolica. Resta il fatto, come sottolinea Vittorio Messori nel suo Pensare la storia (Paoline, Milano 1992), che “se la lotta per l’eutanasia è davvero progressista, logica e storia impongono di annoverare anche Hitler tra i campioni del progressismo (p. 119).
Nuova creazione. In Cambogia, il comunismo ha tentato di realizzare il suo progetto diabolico di “creare” un uomo nuovo, privo di sentimenti, di capacità di affetto, di amare, di gioire e di soffrire. Nei tre anni di dittatura comunista (1975-1978), costata oltre due milioni di morti su una popolazione di sette milioni di abitanti, fu condotta dalle autorità (i khmer rossi) una battaglia senza sosta per estirpare ogni sentimento umano. Troviamo un esempio ne “// libro nero del comunismo”, scritto da insospettabili storici di sinistra: “Devi liberarti dei sentimenti”, ribatté un soldato khmer rosso a Pin Yathay, che pretendeva di tenere con sé il figlio ferito. Alcuni giorni dopo, per ottenere l’autorizzazione a recarsi presso il figlio, morto, dovette dimostrare che, essendo malato, non sprecava le proprie forze “a scapito dell’Angkar” (l’organizzazione dei comunisti, n.d.r.). Accorso in aiuto di una vicina gravemente malata e dei suoi due figli ancora piccoli, si sentì dire da un khmer rosso: “Non è tuo dovere aiutarla, ciò prova che hai ancora sentimenti di pietà, di amicizia” (pp. 567-568)
Duce convertito? Stando ad un interessante e coraggioso studio del sacerdote don Ennio Innocenti, intitolato La conversione religiosa di Benito Mussolini, il Duce del fascismo italiano, battezzato ma fin da giovane fermo su posizioni decisamente anticlericali e antireligiose (durante un contraddittorio pubblico con un pastore protestante, lanciò la sua famosa e blasfema sfida all’Altissimo: “Se Dio c’è, gli do due minuti di tempo per fulminarmi”) avrebbe chiesto e ottenuto, qualche tempo prima di morire, di ricevere la confessione sacramentale. Ricordato il desiderio di Pio XII perché fosse fatto sapere al Duce la necessità di interrompere la sua relazione scandalosa con Clara Petacci, don Innocenti narra che il 23 gennaio 1944 il sacerdote don Chiot, parroco a Verona, fu convocato da Mussolini a Gargnano per un colloquio. Finita la guerra, don Chiot confidò di avere ricevuto la confessione del Duce.
Scrive, inoltre, don Innocenti: “Mussolini volle nuovamente confessarsi il 5 marzo 1945, in circostanze che P. Eusebio (Padre Eusebio Zappaterreni, nominato capo, senza averlo richiesto, dei cappellani in servizio presso le Brigate Nere, n.d.r.) non ha autorizzato a rivelare.
Questa fu, verosimilmente, l’ultima confessione di Benito Mussolini” (p.244).
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