Il Timone n. 20 – anno 2002 –
Uno dei trucchi utilizzati dai comunisti (quei pochi rimasti) per sviare l’attenzione sulle malefatte dell’ideologia marxista è quello di definire “stalinismo” e non “comunismo” l’insieme di orrori che ha causato decine di milioni di morti nell’ex Unione Sovietica. A Stalin, e solo a lui, si vorrebbero attribuire gli arresti di massa, i processi farsa, le deportazioni in Siberia, le condanne ai campi di lavoro forzato e lo sterminio di interi popoli.
La vera storia è ben diversa. Fu il predecessore di Stalin, Lenin, che diede vita al terrore a partire da quella rivoluzione bolscevica che lo portò al potere nel 1917. Nel gennaio del 1918, Lenin dichiarava la necessità di “purgare la terra russa da ogni sorta di insetti nocivi” e nell’agosto di quell’anno, quando già si stavano riempiendo i campi di concentramento, inventati da Trockij nel giugno 1918, Lenin ordinava di instaurare un “implacabile terrore di massa contro kulaki, pope (sacerdoti ortodossi) e guardie bianche; rinchiudere i sospetti in campo di concentramento fuori città”. Si noti: rinchiudere i “sospetti”, non solo i colpevoli. Come si vede, Stalin non fece altro che continuare l’opera I di Lenin, suo degno maestro.
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Manipolazione.
Il 31 dicembre 2001, il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, celebrava il tradizionale Te Deum di ringraziamento nella cattedrale di San Petronio, ricordando i 33 missionari cattolici uccisi nel corso di quell’anno nel mondo. Il coraggioso prelato metteva in guardia i 5 cattolici dal rischio di dimenticare la propria identità quando avevano a che fare con culture e religioni diverse: “Il cristiano non deve , aver paura di niente e di nessuno se non della propria insipienza, ,della sua strana propensione alla resa, della sua assurda disponibilità a sacrificare al dialogo e all’accoglienza ogni manifestazione e ogni segno della sua identità”. Si rileggano attentamente queste parole prima di confrontarle con la manipolazione delle stesse che il più grande quotidiano della sinistra, L’Unità, il 3 gennaio 2002, si permise di fare: “I cristiani devono guardarsi da quella strana propensione alla resa, da quella assurda disponibilità al dialogo e all’accoglienza”. Come si vede, il senso della frase di Biffi risulta gravemente stravolto.
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Scienza e fede.
A proposito di incompatibilità tra scienza e fede, credenza i cui fondamenti sono del tutto inconsistenti, giova c ricordare, tra le tanti possibili, la figura e l’opera del danese Niels Stensen (1638- s 1686), italianizzato Nicolò Stenone, uno dei più grandi scienziati di quel secolo, il XVII, che ne vide molti, tra i quali i celebri Galileo, Keplero e Newton. A Stenone si deve la scoperta del dotto salivare maggiore della parotide (che porta il suo nome) e studi fondamentali in campo d anatomico e fisiologico quali l’anatomia delle ghiandole secernenti e la loro funzione, i linfatici, l’anatomia e la funzione dei muscoli scheletrici e del cuore, nonché studi sui fossili e minerali. Poliglotta, conosceva, oltre alla sua lingua madre, anche l’inglese, il tedesco, il latino, il greco, l’ebraico e l’italiano. Nato nella religione luterana, Stenone si convertì al cattolicesimo (1667) e divenne prima sacerdote (1675) e poi vescovo (1677) inviato come vicario apostolico in missione nella Germania settentrionale. Uno scienziato di primissimo ordine la cui fede in Dio e appartenenza alla Chiesa cattolica non destavano problemi.
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Persecuzione.
Apprendiamo da un libro che tutti dovrebbero leggere, scritto dal coraggioso giornalista Antonio Socci e intitolato I nuovi perseguitati. Indagine sulla Intolleranza Anticristiana nel Nuovo Secolo del Martirio (Piemme, 2002) che il Novecento è stato di gran lunga il secolo che ha visto il maggior numero di martiri cristiani. Infatti, se in due millenni di storia del cristianesimo sono stati calcolati circa il 70.000.000 di cristiani uccisi a motivo della fede, ben 45.000.000, vale a dire il 65% del totale, sono martiri del XX secolo. E questa persecuzione planetaria ) del cristianesimo – denuncia Socci – è ancora in corso,anche se perlopiù ignorata dai mass media e dagli stessi cristiani occidentali. Una considerazione – forse antipatica – emerge spontanea nella nostra mente. Del tremendo Olocausto ebraico, che ha causato 6 milioni di vittime, è proibito – giustamente – dimenticarsi. Di quello cristiano, che nel secolo scorso ha causato un numero di vittime superiore di nove volte, nessuno sembra ricordarsi.
Stando all’esame dell’immagine impressa sulla santa Sindone, Gesù venne flagellato nudo da almeno due uomini. È infatti possibile contare in luce ultravioletta le ferite lacerocontuse, disposte a raggiera, di 120 colpi, causati dal flagrum (flagello) romano.
Dato che le ferite indicano due diverse zone dì provenienza, si può supporre che i flagellatori fossero due ed anche esperti. Infatti, non si notano ferite in corrispondenza della zona circostante il cuore, perché i colpi di flagello in quella zona avrebbero potuto provocare una morte precoce e rendere vana la crocifissione del condannato. Ognuno di questi colpi ha provocato sei contusioni, causate dagli altrettanti piombi (ossicini) posti alle estremità del flagrum.
Non si tratta di flagellazione ebraica perché gli ebrei, per legge, non superavano il 39° colpo. Un ipotetico falsario medievale non poteva conoscere il flagrum taxillatum romano, dimenticato per secoli, per lasciarne impronte sulla Sindone.