Il Timone n. 38 – anno 2004 –
MARTIRE
Il 4 novembre 1948, il bolognese Giuseppe Fanin, impegnato nella Fuci e nell’Azione cattolica, laureato in agraria, venne barbaramente ucciso sulla strada che da san Giovanni in Persiceto porta a Lorenzatico, da tre militanti comunisti, su mandato del segretario della sezione del Pci. Il giovane Fanin, impegnato nei sindacati liberi, considerava una grave ingiustizia le condizioni di miseria cui erano costretti allora i braccianti e, affermando il diritto dei contadini alla proprietà della terra, aveva creato con alcuni amici un gruppo di studio per cercare soluzioni diverse dalla collettivizzazione forzata delle terre voluta dai comunisti. L’impegno esemplare di Fanin, che traduceva in pratica la dottrina sociale della Chiesa, non poteva non suscitare l’odio dei comunisti, che a quel tempo speravano ancora di conquistare il potere attraverso la rivoluzione. Fu ucciso in una notte di nebbia fittissima, a colpi di spranghe di ferro. Aveva solo 24 anni.
PIETRO A ROMA
Quando furono trovate sotto la basilica vaticana a Roma le ossa attribuite a san Pietro, alcuni dubitavano. Ma che fossero quelle che all’epoca dell’imperatore Costantino tutti at-tribuivano al principe degli apostoli lo dimostra anche il fatto che erano avvolte in un tessuto di porpora tinta con la conchiglia della costa siriana, l’odierna costa libanese, e intessuto di fili d’oro. Un tessuto del genere era riservato solo all’autorità massima dell’impero, all’imperatore. Solo lui aveva questo attributo della porpora e dell’oro. L’imperatore aveva dunque fatto avvolgere le ossa venerande in quel tessuto preziosissimo. Segno che era certo che quelle ossa appartenevano al principe degli apostoli e che meritavano il massimo dell’onore e del riconoscimento di cui era capace l’impero di Roma.
CHIESA ED EBREI
Tra gli innumerevoli episodi che videro le gerarchie e i fedeli della Chiesa cattolica aiutare concretamente gli ebrei perseguitati dal nazismo, Vittorio Messori, nel suo libro Il mistero di Torino (Mondadori) ricorda quello che narra dell’arresto di mons. Barale, segretario del cardinale di Torino Fossati, e di altri sacerdoti, accusati di avere creato una rete clandestina per soccorrere gli israeliti. Nell’agosto del 1945, il Comune (alla pari della comunità ebraica) volle festeggiare il cardinale Fossati e gli consegnò la cittadinanza onoraria per l’opera svolta a favore di tutti i bisognosi. In aggiunta, ciò che restava della comunità ebraica locale consegnò al cardinale una pergamena d’onore e il rabbino capo appuntò una medaglia d’oro sulla tonaca di monsignor Barale. La riconoscenza di una volta sembra oggi essere stata dimenticata da tanti che si esercitano nell’accusare la Chiesa di allora, e il pontefice Pio XII, di avere taciuto di fronte all’Olocausto.
MIRACOLO
Nato a Scurelle (TN) il 6 febbraio 1940, Vittorio Micheli venne colpito da una malattia misteriosa durante il servizio militare, prestato nel 1962. Dalle radiografie emerse una tremenda realtà: un osteo-sarcoma, un tumore maligno che colpisce le ossa, gli aveva distrutto la metà sinistra del bacino e si stava diffondendo. Prima di recarsi a Lourdes, venne stilato un certificato medico in cui si constatava: «Non c’è più nessun elemento scheletrico (nella parte inferiore del bacino), ma solo una massa informe di consistenza pastosa. Il malato è impossibilitato a fare il minimo movimento con la gamba sinistra». Le ossa ridotte a massa pastosa, dunque, ormai “irrecuperabili”, distrutte da un tumore che non perdona. Eppure, il 10 giugno 1963, a Lourdes, Micheli venne immerso più volte nell’acqua miracolosa, subito lo sviluppo del tumore si arrestò e si sentì guarito improvvisamente. Poco tempo dopo poteva camminare. Sottoposto a innumerevoli esami clinici, si dovette constatare l’inspiegabile guarigione. Il tumore era sparito, le ossa erano ricomposte. Il miracolo venne riconosciuto dal vescovo Alessandro Gottardi il 26 maggio 1976. Si legga il bel libro di Alfred Lapple, I miracoli di Lourdes (Piemme).
RISORGIMENTO ANTICATTOLICO
Stando alla vulgata diffusa nei libri di testo ed insegnata ai nostri studenti, il Risorgimento ebbe luogo in nome della libertà e dell’indipendenza dei popoli della nostra penisola. Ma “libertà” e “indipendenza” erano solo specchietti per le allodole. Uno dei molti fatti che confermano questa interpretazione è offerto da Angela Pellicciari, nel suo bel libro I panni sporchi dei mille (liberai edizioni), quando riporta ciò che fu scritto nel 1865 nel Bollettino del Grande Oriente Italiano, organo ufficiale della risorta massoneria italiana: «le nazioni riconoscevano nell’Italia il diritto di esistere come nazione in quanto le affidavano l’altissimo ufficio di liberari e dal gioco di Roma cattolica. Non si tratta di forme di governo; non si tratta di maggiore larghezza di libertà; si tratta appunto del fine che la Massoneria si propone; al quale da secoli lavora…”. Molto chiaro: libertà, nuove forme di governo e indipendenza non c’entrano nulla. L’obiettivo dichiarato della Massoneria che promosse il Risorgimento fu quello di distruggere la Chiesa cattolica.
IL TIMONE N. 38 – ANNO VI – Dicembre 2004 – pag. 25