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3.12.2024

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Non tutti sanno che…
31 Gennaio 2014

Non tutti sanno che…

 

Il Timone n. 93 – anno 2010 –


 

L’ARCHEOLOGIA CONFERMA IL VANGELO

La basilica dell’Annunciazione, che tutti oggi possono vedere, sorge dove una volta c’era una chiesa molto modesta, costruita dai francescani nel 1730, accanto ad una grotta che i cristiani consideravano la casa dell’annunciazione a Maria. Nello stesso luogo, prima c’era una basilica costruita dai crociati nel 1099 e prima ancora di questa una chiesa molto più piccola, di epoca bizantina, distrutta dai persiani nel 614. Di questa scrisse un pellegrino italiano, l’Anonimo di Piacenza, nel 570: «La casa di santa Maria è una basilica e vi avvengono molte guarigioni grazie ai suoi vestiti». Sotto questa chiesa bizantina del IV-V secolo sono stati trovati i resti di un edificio sinagogale del III-IV secolo, trasformato e usato dai cristiani come luogo di culto. Qui è stata trovata la celebre iscrizione «Ti saluto Maria». Insomma, come scrive don Nicola Bux nell’ottimo Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi della sua venuta nella storia (Cantagalli, 2009) «l’archeologia, che ha messo in luce la casa della Madonna e il primitivo santuario, ha confermato la tradizione evangelica e storica circa la dimora e il luogo natio della Vergine Maria».

IL VERO TEMPIO
Nel suo La riforma della riforma liturgica (Fede & Cultura 2009), don Claudio Crescimanno ricorda che con l’avvento di Gesù e il sacrificio della croce il tempio di pietre, che nell’Antico Testamento era la casa di preghiera per un solo popolo, ha lasciato il posto al vero Tempio, che è Cristo. Il passaggio si è manifestato in tre momenti fondamentali: 1) nell’episodio della cacciata dei mercanti dal tempio, che «va riconosciuto come un attacco al culto stesso del tempio»; 2) quando Gesù proclama: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2,19), indicando che il vero tempio è Lui e che pertanto il vecchio non ha più ragion d’essere; 3) la lacerazione della tenda che chiude il Santo dei Santi, cioè la cella più sacra del tempio, che si verifica al momento della morte di Gesù in Croce e sta ad indicare che la funzione del tempio di pietra è esaurita.


VERA DEVOZIONE MARIANA

Secondo s. Luigi Maria Grignion de Montfort, i caratteri della vera devozione mariana sono cinque: interiore, che nasce dallo spirito e dal cuore e proviene dalla stima che abbiamo della Vergine; tenera, come quella di un bimbo per la sua mamma; santa, basata sulla fuga dal peccato e sull’imitazione delle virtù di Maria; costante, che consolida l’anima nel bene; disinteressata, che serve Maria non per proprio interesse ma perché Ella merita d’essere servita.


NO CRISTO… NO CIVILTÀ
Quando, nel 1855, giungono a Berhampur, in India, i primi quattro missionari del Pime, davanti ai loro occhi si presenta una situazione inimmaginabile. Pratiche superstiziose e disumane diffusissime, come quella di fedeli indù che si suicidavano facendosi schiacciare dalle ruote di un grande carro pieno di idoli, cadaveri portati dalla corrente del fiume e straziati dagli animali, vedove che si gettavano sui roghi accesi per incenerire i corpi dei mariti defunti, moribondi soffocati dal fango del fiume considerato sacro messo loro in bocca per guarirli dalle malattie, serpenti e alberi adorati come divinità. E non solo: uno dei
quattro missionari, padre Parietti, viene a sapere che qualche tempo prima nella cittadina di Nobodip si era svolta una festa durata dodici giorni per onorare il matrimonio di… due scimmie (!), al quale avevano partecipato le più alte autorità locali religiose e laiche. Il lungo corteo, con in testa i bramini indù, aveva accompagnato la scimmia “sposo” nella casa della scimmia “sposa”. Si legga l’ottimo libro di Piero Gheddo, (1855-2010) Missione Bengala. I 155 anni del Pime in India e Bangladesh (Emi, 2010).

TREMENDA VENDETTA

Chi, non essendoci passato, può immaginare l’orrenda realtà dei gulag siberiani? Dove fame, lavoro forzato, gelo fino a 60° sotto zero, umiliazioni, percosse, torture, isolamento hanno condotto a sfinimento, abbruttimento e morte decine di milioni di esseri umani. Un quadro agghiacciante di questa realtà è offerto da Varlam Šalamov, nel celebre I racconti della Kolyma (Gli Adelphi, 20098). Tra gli episodi raccapriccianti, quello di un prigioniero portato ad un passo dalla morte da un aguzzino, una “crudele belva umana”, che lo rinchiuse in cella d’isolamento perché non voleva testimoniare – mentendo – contro un altro detenuto. Un mese a «razione carceraria, un gotto d’acqua e 300 grammi di pane», in un gelo terribile. Non cedette, ne uscì ridotto a uno scheletro. Inabile al lavoro, fu mandato alla sezione dei bagni, dove i despoti del lager si lavavano in vasche riscaldate da vapore introdotto in acqua con un tubo. Un giorno, a fare il bagno si presentò il suo aguzzino. Che scelse una vasca stretta e profonda, dalla quale poteva uscire solo se aiutato. Non c’era nessun altro, solo loro due. La “belva” ordinò allo “scheletro” di riscaldare l’acqua. Fu obbedito. Raggiunta la temperatura, ordinò di chiudere il vapore. Questa volta non fu obbedito. «Il vapore cominciò a gorgogliare», sempre di più, sempre di più. E l’aguzzino morì bollito vivo!

 

 

 


IL TIMONE N. 93 – ANNO XII – Maggio 2010 – pag. 25

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