Il Timone n. 105 – anno 2011 –
ANGELI CADUTI
Sulla natura del peccato che ha portato il diavolo e i suoi seguaci alla dannazione eterna, si è ipotizzato molto: la teoria principale afferma che egli, originariamente, avrebbe peccato di superbia, orgoglio e invidia volendosi fare uguale a Dio. Alcuni Padri della Chiesa e diversi teologi ed esorcisti ritengono che la caduta è stata la conseguenza di una prova non superata, alla quale Dio avrebbe sottoposto gli angeli chiedendo loro un grande atto di umiltà: la seconda Persona della SS Trinità – Gesù Cristo – si sarebbe fatto uomo, ed essi (gli angeli) avrebbero dovuto adorarlo. Lucifero, superiore agli uomini per natura, al solo pensiero di doversi sottomettere dinanzi a un uomo (per quanto fosse l’Uomo-Dio) si inorgoglì tanto da rifiutarsi categoricamente di farlo. Di là la sua “caduta”. Si legga l’ottimo libro di Agostino Tommaselli, Spiriti maligni. Chi è il diavolo, qual è il suo potere, come si combatte, con Presentazione di Gabriele Amorth (EDB, 2011).
MAFIA E RISORGIMENTO
La mafia come la conosciamo oggi si sviluppò solo con l’arrivo di Garibaldi. Lo sostengono Guido Vignelli e Alessandro Romano, nell’ottimo Perché non festeggiamo l’unità d’Italia (Editoriale il giglio, 2011). Prima dello sbarco dei Mille (1860), in Sicilia le organizzazioni mafiose erano sparse a macchia di leopardo, praticamente senza contatti tra loro. Ma per favorire le conquista del Regno delle Due Sicilie, iniziata con lo sbarco garibaldino, Cavour incaricò Giuseppe La Farina, siciliano e massone, di convincere i numerosi schieramenti mafiosi a riunirsi tra loro e organizzarsi in una convenzione. A Messina, vi fu un incontro tra autorevoli rappresentanti del governo piemontese, quali Rosolino Pilo, Giovanni Corrao e Francesco Crispi, e i capimafia di tutta la Sicilia, che assicurarono il loro appoggio e realizzarono in questo modo – per la prima volta – una unità mafiosa operativa e politica. Davvero un libro ricco di sorprese, quello di Vignelli e Romano.
PECCATO MORTALE
Nemmeno si sa più che cosa sia un “peccato mortale”, oggi, purtroppo. Anche ai bambini che si preparano alla prima Confessione, spesso – e magari per “non spaventarli”! – si tace questa verità. Molti di loro non sanno distinguerlo da uno “veniale”. Ma S. Teresa d’Avila, alla quale fu concesso, per un miracolo, di vedere un’anima in quello stato, disse che se qualcuno comprendesse bene che cosa è un peccato mortale e che cosa provoca alle anime «sarebbe impossibile che potesse ancora peccare, anche se per fuggirne le occasioni dovesse soffrire i maggiori tormenti immaginabili».
AIUTO RECIPROCO
Sin dai primissimi istanti di vita di una cellula fecondata, dunque di un essere umano allo stato embrionale, si instaura – tra madre e figlio concepito – un silenzioso dialogo fatto di amorevole reciprocità. E in tale scambio, non è solo il corpo della mamma a prendersi cura del bambino, ma è anche il nascituro a svolgere un benefico effetto nei confronti di lei. Negli USA, la ricercatrice Diana Bianchi ha notato che cellule staminali dell’embrione nel grembo materno avevano circondato un follicolo tiroideo della madre che aveva avuto una tendenza neoplastica trasformandolo in cellule tiroidee. «In sostanza – spiega Lorenza Perfori nel suo Scegliere la vita. L’entusiasmante inizio di ciascuno di noi. Testimonianze eroiche femminili (Fede & Cultura, 2011) – le cellule staminali, passate nel corpo della madre attraverso la placenta, sono state in grado, prima, di individuare il tumore e, poi, di circoscriverlo e curarlo differenziandosi in cellule tiroidee». E vi è chi, contro ogni evidenza anche scientifica, continua a sostenere che l’embrione non sarebbe altro che un “grumo di cellule, senza vita relazionale biologica e psicodinamica”.
Quando l’attore Pietro Sarubbi, che ha prestato il suo volto al personaggio di Barabba nel celeberrimo film di Mel Gibson, La Passione di Cristo, lesse il copione propostogli, ci rimase piuttosto male, perché il suo personaggio non pronunciava alcuna parola. E questo, per un attore, non è certo il massimo. Ne parlò con Gibson, il quale, guardandolo fisso negli occhi, gli rispose: «Barabba non parla perché non ha più parole, ha urlato tutto il suo fiato per l’ingiustizia subita. Non è un ladrone, ma il capo degli Zeloti, gli unici ad avere la forza di opporsi ai Romani. È stato fatto prigioniero e torturato fino a trasformarsi in una bestia e come le bestie non ha parole, ma esprime tutto con gli occhi. Guarda, questo film deve passare tutto dai vostri occhi, soprattutto da quelli di Gesù…». Racconta Sarubbi nel suo bellissimo Da Barabba a Gesù. Convertito da uno sguardo (Itaca, 2011) che durante le riprese, proprio imbattendosi diverse volte nello sguardo dell’attore che impersonava Gesù, cominciò un percorso – raccontato stupendamente nel libro – che lo ha portato alla conversione.
IL TIMONE N. 105 – ANNO XIII – Luglio/Agosto 2011 – pag. 25