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11.12.2024

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Non tutti sanno che…
6 Marzo 2015

Non tutti sanno che…

 
UNICO FINE
Perché si diventa sacerdoti? Per il Servo di Dio Mons. Giuseppe Canovai (1904-1942) «per il brevissimo momento della Consacrazione eucaristica»; così leggiamo nel libretto di Florian Kolfhaus L’avventura della santità sacerdotale. La vita del Servo di Dio Mons. Giuseppe Canovai (Casa Mariana Editrice, 2014). Da “quel momento”, discende ogni apostolato sacerdotale. Nella Messa, pronunciando le parole della Consacrazione, Mons. Canovai sapeva di essere intimamente e sacramentalmente unito a Cristo: «Gioia nella Messa, comunione intensa col Maestro: alla Consacrazione gioia indicibile nel pronunciare le parole della Consacrazione: l’impressione che la vita passa nella parola… vivere solo per pronunciare quella formula: non un mezzo per santificarsi, non un mezzo per santificare, ma il fine unico, assoluto, vivere per quello: la mia ragione di essere, lo scopo e il fine stesso dell’esistenza, esistere per ridire e ripetere all’Altare
la suprema parola dell’amore». Poco prima di morire, pronunciò bellissime parole: «Prendi, o Signore, il poco che offro, il nulla che sono; dammi il molto che spero, il tutto che Sei». â–

UN SANTO MILITARE
Era considerato “la prima lama della Sicilia”, tanto era abile nell’uso della spada.
San Bernardo da Corleone (1605-1667), prima di diventare religioso cappuccino, era uomo focoso e cavalleresco, capace – spiega Rino Cammilleri nel suo I santi militari (Estrella de Oriente, 2003) – di difendere una ragazza che un gruppo di soldati spagnoli voleva oltraggiare e di sbaragliarli tutti, da solo. L’impresa suscitò invidia, fu sfidato più volte, ma dopo l’ultima, inseguito dai parenti di una vittima da lui uccisa a duello, fu costretto a invocare il diritto di asilo nel convento dei Cappuccini. E qui maturò la decisione di cambiar vita, entrò nell’Ordine e cominciò a rivolgere il suo carattere ardente e combattivo contro se stesso, tanto che i superiori dovettero intervenire a mitigarne le eccessive penitenze.
Progredì così tanto nella vita mistica che il demonio stesso intervenne a bastonarlo. Più volte, durante quelle “visite” speciali, a causa del fragore che proveniva dalla sua cella, tutti religiosi del convento rimasero scioccati e terrorizzati. â–

ALLA PRESENZA DI DIO
Vivere alla presenza di Dio, cioè considerare con la massima frequenza possibile che Dio è presente in ogni luogo, e in modo particolare nel nostro cuore, e quindi compiere tutte le azioni sotto il suo sguardo – spiega A. Royo Marin nel suo Teologia della perfezione cristiana – è esercizio straordinariamente efficace per  Diventare santi. Chi infatti è intimamente persuaso che Dio lo sta guardando, si sforzerà, da una parte, di evitare il più piccolo peccato volontario e, dall’altra, procurerà di vivere raccolto e devoto come richiede la presenza di così grande Maestà. â–

DON BOSCO “CONFESSA” UN MORTO
Un giorno, mentre don Bosco era assente, un giovane quindicenne di nome Carlo che frequentava l’oratorio si ammalò gravemente e morì. Poche ore dopo tornò don Bosco e gli fu riferito che Carlo lo avrebbe voluto vicino per l’ultima confessione. Non essendo stato possibile, Carlo si era confessato da un altro sacerdote. Don Bosco non si perse d’animo. Si avvicinò al giovane e lo chiamò dolcemente. Nello stupore generale, Carlo aprì gli occhi, vide don Bosco e gli raccontò un fatto “strabiliante”:
«Stavo facendo un sogno orribile: l’ultima volta che mi sono confessato ho taciuto un peccato e per questo ero stato condannato al fuoco dell’inferno. Ma una Signora ha impedito che io fossi gettato tra le fiamme e poi… lei mi ha svegliato». Don Bosco comprese la gravità della situazione e gli chiese di ripetere la confessione, senza tacere nulla. Dopo il perdono e l’assoluzione, gli disse: «Ora sei in grazia di Dio: il cielo è aperto per te. Vuoi andare lassù o rimanere con noi?». Carlo non ebbe dubbi: «Desidero andare in cielo». Gli disse allora don Bosco: «Arrivederci in Paradiso». Carlo chiuse gli occhi, poggiò il capo sul cuscino e morì in pace con Gesù. Si legga il bellissimo “Quaderno di JuniorT” intitolato La prima Confessione (per richieste, info@iltimone.org) â–

MASSONERIA
La Massoneria moderna, quella nata ufficialmente nel 1717 – spiega P. Paolo M. Siano FI nel suo La Massoneria tra esoterismo, ritualità e simbolismo (Casa Editrice Mariana, 2012) – indispensabile per chi voglia rendersi conto in profondità di questa misteriosa “fratellanza”, sempre condannata dalla Chiesa ha nel suo DNA alcuni elementi inscindibili: soggettivismo religioso, illuminismo, mètadogmatismo (oltrepassamento
di dogmi e autorità religiose) ed esoterismo (magia rituale “muratoria” ispirata all’alchimia, alla Cabala ebraica…).
Proprio attraverso i suoi riti e i simboli iniziatici, la Loggia Massonica si prefigge di elevare i suoi adepti al di là di ogni differenza dogmatica e al di là di ogni autorità religiosa. Il Rito Massonico pretende di avviare gli uomini in un cammino di perfezione, di porli in contatto con il “Sacro” (Grande Architetto dell’universo) e di ottenere su di loro gli effluvi spirituali del “Sacro”, ciascuno libero di intenderlo a proprio piacimento.
Si tratta dunque – afferma Siano – di vera “magia massonica”, che vuole trasmettere la “Luce divina”. Ma questa “Luce” è di carattere iniziatico e occulto, riservata a pochi eletti, che nemmeno i Massoni dei gradi inferiori conoscono. â–

 
Il Timone – Marzo 2015

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