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14.12.2024

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Odio alla famiglia. In nome di Marx
31 Gennaio 2014

Odio alla famiglia. In nome di Marx



Una volta dicevano di occuparsi solo dei lavoratori. Oggi puntano alla distruzione della famiglia e di tutti i valori morali. Sono gli eredi dei Partiti comunisti. Ancora fedeli a Marx

Perché i partiti eredi del marxismo sono così ostili alla famiglia, tanto da proporsi ormai tra i loro obiettivi irrinunciabili il “divorzio breve”, l’equiparazione delle coppie di fatto a quelle sposate, il “matrimonio gay”, ecc.? Sono coerenti con il pensiero di Marx?

Una filosofia della rivoluzione

A ben vedere, all’origine il marxismo è fondamentalmente una filosofia della rivoluzione il cui scopo è prendere il potere: pensiamo alla celeberrima XI tesi di Marx su Feuerbach: «I filosofi finora si sono variamente sforzati di interpretare il mondo; si tratta [piuttosto] di cambiarlo », cioè b i s o g n a rovesciare la situazione attuale e otte – nere i mezzi di produzione per conquistare il potere.
Ebbene, il rivoluzionario di tutti i tempi si avvale di diverse tecniche per conseguire il potere e la supremazia (in buona parte di quanto diremo siamo debitori a Emanuele Samek Lodovici, Metamorfosi della gnosi, cfr. bibliografia). E, certamente, la tecnica più efficace è una tecnica per così dire scissoria, cioè una tecnica che, invece di contrastare il nemico muro contro muro, cerca piuttosto di seminare divisione al suo interno: «divide et impera», come dicevano intelligentemente i romani. Il marxismo ha saputo proprio diffondere una mentalità scissoria (dialettica), cioè ha abituato le persone a pensare i rapporti umani e la società in termini di contrapposizione, invece che di composizione e collaborazione: per esempio tra studenti e insegnanti, tra genitori e figli, tra uomini e donne, tra clero e laicato, ecc.

Inimicizia tra marxismo e famiglia
Se questo è vero, allora il marxismo vede nella famiglia un ostacolo da abbattere per (almeno) tre motivi.
1. Il marxismo vuole sciogliere i legami affinché l’individuo trovi rifugio e riparo nel partito o nel sindacato. Rispetto a questo progetto, la famiglia rappresenta allora un ostacolo da eliminare perché è il principale luogo di comunione, è la cellula della coesione sociale e quindi (come dice già Aristotele) è la cellula fondamentale della società.
2. Il marxismo predica l’uguaglianza radicale (nella società comunista tutti saranno uguali), quindi vede ogni gerarchia e ogni autorità sempre come espressioni di dispotismo: per contro, la famiglia è proprio la dimostrazione che gerarchia e autorità possono essere non già dispotiche, bensì una forma di servizio, per il bene dei figli. Infatti, in una famiglia armonica (ovviamente ci sono anche molte famiglie patologiche) i genitori hanno sì l’autorità, ma non esercitano il dispotismo. Anzi, di più, la famiglia dimostra che l’uguaglianza radicale provoca danni, perché quando i genitori si mettono sullo stesso piano dei figli, si verificano presto o tardi esiti molto negativi.
3. Il marxismo, come tutte le filosofie rivoluzionarie, rifiuta il limite, in quanto ritiene di poter creare la società perfetta, l’uomo nuovo, la Gerusalemme mondana, il paradiso in terra. Se il marxismo rifiuta il limite, la famiglia è invece il luogo del limite per molti motivi:
a. Perché in famiglia si sperimenta il senso della dipendenza, in quanto ognuno dei figli esperisce di dover dipendere dai genitori.
b. Per la presenza dell’anziano (dove c’è ancora l’anziano ovviamente), in quanto egli è una sorta di monito: la sua stessa presenza e la sua fragilità (dovute all’età e alla non infrequente malattia) sono dei moniti chiarissimi del fatto che ciascuno di noi è destinato a deperire: così, l’anziano è un memento contro tutte le ambizioni di poter creare un uomo perfetto, senza limiti e senza fragilità.
L’anziano, inoltre, rappresenta un monito perché custodisce la memoria storica, cioè è memore del fatto che, in molti casi, le varie promesse utopiche – che ha sentito risuonare durante la sua vita – di ri-generazione della società non sono state mantenute. Quindi è in grado di raffreddare gli entusiasmi e di provocare un disincanto nei confronti di tutti quei progetti che credono di poter realizzare una palingenesi della società.

Le strategie di dissoluzione della famiglia
Se questi sono tre motivi per cui il marxismo vede nella famiglia un ostacolo da abbattere, allora esso, via via nel corso della sua storia, in modo diverso nei diversi paesi in cui si è affermato, ha articolato e individuato delle strategie di dissoluzione della famiglia. Ce ne sono almeno tre, di cui la più efficace è la terza.
La prima strategia è quella del terrore: la strategia, cioè, che adotta una politica repressiva (finanche concentrazionaria), che cerca di seminare divisione nella famiglia, di distruggerla. Per esempio, imponendo di denunciare i propri famigliari che fossero anticomunisti, mettendo quindi figli contro genitori, genitori contro figli, fratelli contro fratelli e via dicendo.
C’è poi una seconda strategia, quella legislativo- istituzionale e urbanistica, cioè quella, quasi da subito iniziata nell’Unione Sovietica, che oggi anche noi ben conosciamo, perché pervade le legislazioni europee: la strategia che promuove leggi che minano l’istituto familiare, con l’introduzione del divorzio, dell’aborto, l’equiparazione delle coppie sposate alle coppie di fatto e a quelle omosessuali, ecc.
Poi c’è, per esempio, la politica urbanistica dei piccoli alloggi, con la costruzione di case dove non può più sussistere la famiglia allargata, la famiglia dove ci sono gli anziani e diverse generazioni, dove possono vivere molti figli; invece nei piccoli alloggi, per ragioni di spazio, il nucleo familiare può essere solo ristretto.
Ma queste due strategie non sono quelle più efficaci, perché la famiglia può resistere a questi attacchi; la strategia più efficace è quella della Rivoluzione sessuale, che si compie e deflagra nel ’68, ma che è preparata già dai teorici del marxismo classico, da Marx ed Engels.

Veleno per la famiglia già in Marx
In effetti, se andiamo a vedere bene i testi di questi due autori, possiamo rilevare che Marx distingue nella sua disanima la famiglia borghese dalla famiglia proletaria.
Riguardo alla famiglia borghese Marx è estremamente critico, perché la considera una sorta di riproduzione in miniatura della società capitalista, dove si ritrovano sfruttatori e sfruttati, dove c’è un padre-marito padrone e ci sono figli e mogli sottomessi e oppressi. Quindi Marx proclama e auspica l’abolizione della famiglia borghese.
Ha, invece, un atteggiamento positivo nei riguardi della famiglia proletaria, che considera sostanzialmente sana.
Sennonché, nel marxismo c’é un principio che è decisamente corrosivo nei riguardi di qualsiasi tipo di forma e di istituto familiare (nonostante questo favore nei confronti della famiglia proletaria), un principio che è il volano della Rivoluzione sessuale che poi si compirà progressivamente: è il cosiddetto materialismo storico. Semplificando un po’, il materialismo storico è l’equivalente di ciò che oggi chiamiamo relativismo etico, cioè afferma che i valori morali sono tutti transitori, che non esistono valori morali immutabili, che i principi del bene e del male sono completamente connessi all’epoca in cui vengono sostenuti e pronunciati. Allora, già nei teorici del marxismo classico, al posto dell’affermazione dell’immutabilità per lo meno di alcuni beni e di alcuni valori morali che devono essere criterio dell’agire, si fa piuttosto strada il principio del piacere, cioè il principio per cui la regola della condotta, il criterio dell’agire morale, è quello della ricerca del proprio piacere, del proprio godimento. Citazione da Marx e da Engels: «i comunisti non predicano alcuna morale, aspirano soltanto a rendere possibile il soddisfacimento di tutti i loro bisogni». Nel marxismo, si fa progressivamente strada il principio del piacere e quindi già è chiara l’aspirazione ad una società comunista in cui scomparirà la famiglia monogamica, dove il matrimonio sarà regolato soltanto dalla durata dell’attrazione reciproca e l’educazione dei figli sarà compito dello Stato, perché l’unico principio della condotta è appunto quello del godimento. Per questo, già nel Manifesto del Partito Comunista, Marx ed Engels possono esclamare: «abolizione della famiglia!».
Quindi non c’è da stupirsi che, poi, Lenin, in Unione Sovietica, abbia promosso delle leggi per la legalizzazione del divorzio, per l’equiparazione del matrimonio alle coppie di fatto, la legge sull’aborto e così via. Scrive Lenin: «é impossibile essere socialisti, senza chiedere fin da oggi l’intera libertà di divorzio e senza proporsi di esigere l’abrogazione di tutte le leggi che vietano l’aborto, o vietano la pubblicazione di scritti medici riguardanti i contraccettivi». Ora, il Partito Comunista Italiano, all’inizio, non fu un partito relativista; così facendo era in contraddizione con Marx, ma c’erano varie motivazioni per esserlo: per esempio, i suoi dirigenti capivano di non dover entrare da subito in rotta di collisione col senso comune morale degli italiani, che allora era tutto sommato cristiano; progressivamente è diventato sempre più coerente. Oggi, ormai, i suoi eredi sono i partiti radicali, piccoli o di massa (per usare l’espressione di Augusto del Noce).

Ricorda

«Il socialismo di natura sua distrugge la famiglia».
(Viktor Cathrein S. J., La filosofia morale, tr. it., Libreria Editrice Fiorentina, 1920, Vol. II, p. 269).


Per saperne di più…

Emanuele Samek Lodovici, Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, 1979, 19912 pp. 135-157.

IL TIMONE N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 30 – 31

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