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11.12.2024

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Parlava con autorità
31 Gennaio 2014

Parlava con autorità

«Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”. La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea» (Mc 1,21-28).

L’insegnamento di Gesù colpiva, perché “parlava con autorità”; non come facevano abitualmente gli scribi. Questo può voler dire tante cose. Certamente il discorrere di Gesù aveva una forma piacevole e persuasiva, di fronte alla quale il modo di parlare dei maestri a cui i contemporanei di Gesù erano abituati poteva apparire facilmente come noioso, ripetitivo, poco interessante. È un primo livello, certamente vero, ma non ancora soddisfacente. L’autorità di Gesù non era solamente “retorica” – dando alla parola il suo senso originale e quindi buono – ma celava certamente un mistero, un qualcosa in più. Era uno “stile”, un modo di parlare che colpiva. Eugenio Zolli, il famoso rabbino di Roma convertito, anzi “arrivato” al cristianesimo, aveva scritto in qualità di docente di lingue e letterature semitiche all’università di Padova un libro allora e anche oggi molto discusso: Il Nazareno (Udine 1938), in cui avanzava l’ipotesi che il famoso e misterioso titolo si ricollegasse all’aramaico netsar, che significa “cantare”, “declamare”. La predicazione di Gesù sarebbe stata insomma come “un canto”, talmente affascinante da lasciare incantati coloro che lo ascoltavano. Sulla bocca di Gesù non troviamo mai quelle espressioni che pure – giustamente – abbondano su quelle degli uomini: forse, può darsi, potrebbe essere, penso che sia così, ecc. Il suo parlare ha un che di “autoritativo” che lo caratterizza inconfondibilmente. Parla del mistero intimo della vita di Dio e ne parla come uno che sa quello che dice: «“Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono”» (Lc 10,22-24).
Questa autorità è trasmessa da Gesù ai suoi apostoli e a Pietro in particolare: «Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16); «E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (22,32). «[…] a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato » (1Cor 2,10-12). Il miracolo che segue immediatamente il racconto sia nella versione di Marco (1,21-28) che in quella di Luca (4,31-37) è un esorcismo: la parola di Gesù ha dunque “autorità” perché è in grado di dominare e di comandare alle potenze di questo mondo, cioè alle forze demoniache. Si tratta dunque di un’autorità da prendersi in qualche mondo anche alla lettera. Non è soltanto un potere di soggiogare le passioni umane, ma un concreto potere di comandare alle “potenze” di questo mondo destinato a finire e a lasciare “presto” il campo all’altro mondo, al mondo reale, al mondo in cui il Regno di Dio in Cristo diventerà realtà. In “questo” mondo la Chiesa è come il germe e l’inizio del Regno di Dio.
Si tratta di una verità importante per ciascuno di noi. Sappiamo che questa “autorità” il Signore l’ha lasciata alla sua Chiesa. Essa si concretizza nel potere trasmesso al collegio apostolico e da questi trasmesso al collegio dei vescovi. Il “magistero” ne è un aspetto non secondario. Ma è importante per ciascuno di noi in quanto deve crescere in noi la fiducia nel potere della parola a noi affidata per il tramite della Chiesa. La prima qualità del “nuovo evangelizzatore” è la fiducia nei propri mezzi. È il superamento di quel terribile complesso di inferiorità che troppe volte blocca in partenza l’efficacia del nostro apostolato. «Mai un uomo ha parlato così» (Gv 7,46). Ma anche noi, se accogliamo con fede la sua Parola con quella autorità con cui ci è trasmessa dalla Chiesa, possiamo parlare come nessuno ha mai parlato, in modo tale che «Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi » (Rm 16,20).

IL TIMONE N. 111 – ANNO XIV – Marzo 2012 – pag. 60

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