Abbiamo osservato che il nostro antico Credo attinge le sue verità dalla Sacra Scrittura. Ora, proprio all’inizio del Vangelo di Giovanni, è affrontato in modo stupendo il mistero del Verbo, e si legge: «Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto» (Gv 1,3). Anzi, l’apostolo sente la necessità, in questo stesso prologo, di ripetere tale verità una seconda volta: «…e il mondo fu fatto per mezzo di Lui…» (Gv 1,10). Anche San Paolo, nella sua lettera ai Colossesi, la conclama curiosamente due volte: “Per mezzo di Lui sono state create tutte le cose… Tutte le cose sono state create per mezzo di lui” (Col 1,16).
Due volte nello stesso versetto: sembra che emerga in entrambi gli apostoli la necessità di rimarcare vividamente che Cristo non è creatura, che precede tutta la creazione, che possiede natura divina. È un punto chiave della professione di Fede, e viene ripetuto due volte come per dire ai lettori: guardate che è così, non mi sono espresso male, è una verità nuova, difficile da comprendere, ma è questo che c’è stato rivelato. Del resto conosciamo bene le resistenze psicologiche dei giudei ad accettare tale dato, che per la loro cultura meritava la lapidazione (Gv 8,57-59). Ma Paolo, che da Fariseo perseguitava i cristiani proprio su questo argomento, da cristiano convertito non nascondeva la verità sull’età spirituale di Gesù: «Egli è prima di tutte le cose, e tutte sussistono in lui» (Col 1,17). In fondo, potremmo considerare questo gruppo di versetti della lettera ai Colossesi (da 1,15 a 1,20) come una sorta di Credo paolino che fa da matrice al Simbolo del Credo di Nicea. Qui è racchiuso il testo della primitiva professione di fede.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica può perciò con serenità affermare: «Il Nuovo Testamento rivela che Dio ha creato tutto per mezzo del Verbo eterno, il Figlio suo diletto» (CCC 291). Notare l’aggettivo “eterno”. Del resto si tratta di una logica conseguenza: se “tutto” è stato fatto attraverso il Figlio, anche “il tempo” è stato fatto attraverso di lui. Quindi il Verbo è nell’eternità. Il tempo non è altro che dimensione appartenente alla materia, come del resto confermato dalla fisica moderna: prima della materia il tempo non è!
Pertanto se tutta quanta la creazione, incluso il tempo, è stata fatta attraverso il Verbo, questi è eterno. Ed è eterno in quanto Dio.
Per diversi decenni il materialismo ha sostituito Dio con la materia, conferendo ad essa caratteristiche divine quali l’eternità. Esso sosteneva, infatti, che la materia esistesse da sempre, che l’universo ci fosse sempre stato. La menzogna però non durò molto perché la scienza scoprì presto la non-eternità della materia, asserendo già nella prima metà del ventesimo secolo che anche l’universo ha avuto un suo preciso inizio nel tempo, e che perfino lo stesso scorrere del tempo ha avuto un principio.
Ma ciò che più c’interessa a livello teologico è la stretta connessione tra l’opera della creazione e quella redenzione, cui quest’articolo del Credo sembra rimandare. Nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica è presentata questa domanda: «Che relazione c’è fra l’opera della creazione e quella della redenzione?». Ed il Compendio risponde: «L’opera della creazione culmina nell’opera ancora più grande della redenzione. Infatti questa dà inizio alla nuova creazione, nella quale tutto ritroverà il suo pieno senso e il suo compimento» (n. 65). I sette giorni della creazione, avvenuta tramite il Figlio, sono da lui completati con l’ottavo giorno della Resurrezione, la domenica del Signore con la quale la Redenzione è pienamente attuata. Gli antichi battisteri ottagonali riprendono proprio questa simbologia: il compimento della creazione avviene col Battesimo. E la veste bianca che il catecumeno indossa prima d’immergersi indica la ricreata vita di grazia, il ritorno allo stato originario, secondo quanto era nel disegno iniziale di Dio, ed ora finalmente realizzato tramite il Figlio. Per mezzo di lui tutto è stato creato, per mezzo di lui tutto è stato salvato.
IL TIMONE – N. 47 – ANNO VII – Novembre 2005 – pag. 61