Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

9.12.2024

/
Per un’Europa che non deluda
31 Gennaio 2014

Per un’Europa che non deluda

 



 

Un ideale annebbiato
Quando a metà del secolo ventesimo il nostro continente ha intrapreso in concreto il cammino della sua integrazione, istituendo la Comunità del carbone e dell'acciaio (CECA), l'Europa unita era percepita un po' da tutti come un ideale e un'affascinante speranza. Uomini come SChuman, De Gasperi e Adenauer (che avevano in comune la convinta adesione alla concezione cattolica e ai principi inviolabili della libertà) con il loro prestigio e la loro autorevolezza ne erano stati gli ispiratori.
A quasi sessant'anni di distanza pare che quell'impeto appassionato e quell'entusiasmo si stiano estenuando. Ma è un declino a cui non ci si può rassegnare.

Per un rilancio dell'ideale
L'Europa è nata senza dubbio anche sotto la spinta di motivazioni prevalentemente funzionali ed economiche. Ma essa potrà reggersi a lungo e progredire solo se al suo "corpo" di regolamenti nell'attività produttiva, di organismi dirigenziali, di attuazioni monetarie, di strutture politiche, sarà data anche un"'anima", vale a dire (fuor di metafora) un patrimonio di principi riconosciuti e rispettati, di convinci menti primari, di concezioni generali comuni.

Senza illusioni
L'identità storica e la matrice prevalente della nostra cultura e della nostra civiltà sono senza dubbio cristiane. Ma non illudiamoci che l'esperienza del Sacro Romano Impero (cioè del primo tentativo di unificazione e di ordinamento del nostro mondo occidentale) possa essere ripetuta, neppure in maniera lontanamente analogica, perché da allora l'Europa ha conosciuto due profonde lacerazioni spirituali, con le quali, piaccia o non piaccia, bisogna fare i conti.
Nel secolo XVI la Riforma protestante e lo strappo della "chiesa" anglicana hanno spezzato il legame più forte che connetteva le diverse genti e le diverse mentalità, quello dell'appartenenza ecclesiale. E nel secolo XVIII la rivoluzione culturale illuministica, propagandata dalle imprese napoleoniche, ha scavato un solco praticamente incolmabile tra la visione del mondo dei credenti e quella dei non credenti. Senza dubbio si può e si deve auspicare che queste divisioni non si esasperino e non impediscano le giuste collaborazioni, purché il risultato della nostra volontà di concordia e di dialogo non sia alla fine il prevalere dello scetticismo e della totale scristianizzazione. Ma non si può ignorare che queste spaccature ci sono; e sarebbe ingannevole ritenere che esse siano insignificanti e senza effetti.

CINQUE PRINCIPI PER UNA SPERANZA
Cosi come stanno le cose, crederei che la cosa più utile e meno utopistica sia ricercare quanto, dell'eredità umanistica, illuministica e cristiana che è retaggio comune dei nostri popoli, possa essere proposto come un livello minimo di comune filosofia operativa e quasi un'ideale comproprietà morale di tutte le coscienze europee.

1° il principio del primato dell'uomo
Il primo principio si riferisce all'uomo, al suo primato sulle cose, alla sua inalienabile dignità.
«Credenti e non credenti – nota il Concilio Vaticano 11- sono press'a poco concordi nel ritenere che quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo, come a suo centro e suo vertice…
L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutte le cose, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio» (Gaudium et Spes 12-15).
Si può ravvisare l'attuazione giuridica di questa persuasione nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il1 O dicembre 1948. È ovvio che i diritti degli altri fondano ed esigono i doveri di ciascuno.

2° il principio di solidarietà
L'appartenenza di ogni persona e di ogni legittima aggregazione alla stessa necessaria organizzazione sociale – e in ultima analisi alla stessa famiglia umana – fa sì che non si possa mai consentire che un singolo o una comunità per il gioco dei fattori economici e politici siano privati dei mezzi elementari di decorosa sussistenza.
In virtù di questo principio, lo Stato potrà e dovrà intervenire a salvaguardare l'uomo nelle sue concrete dimensioni di vita individuale, familiare, associativa, anche correggendo le eventuali deviazioni dei comportamenti e sbloccando i meccanismi inceppati (cf Centesimus Annus 48).
In particolare, la difesa del più debole potrà comportare anche qualche limitazione dell'autonomia delle diverse parti in gioco (cf Centesimus Annus 15).
Ispirati al principio solidaristico sono, per esempio, alcuni asserti della nostra Costituzione laddove si dichiara che bisogna avere un particolare riguardo per le famiglie numerose (art. 31), si garantiscono «cure gratuite agli indigenti» (art. 32), si dice che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al sostentamento e all'assistenza sociale» (art. 38).

3° il principio di sussidiarietà
«Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privando la delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune» (Centesimus Annus 8).
Questa dottrina – che è di assoluta rilevanza per l'attuazione di una democrazia sostanziale – è stata enunciata da Pio XI fin dal 1931: «Come non è lecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. E questo è insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società: perché oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le assemblee del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle» (Quadragesimo Anno).
Oggi questo principio è stato riscoperto e rivalutato proprio a proposito dei rapporti corretti da istituire tra la comunità europea e gli Stati membri. Ad esso si appellano anche i comuni e le regioni per rivendicare le loro autonomie. Ma non bisogna dimenticare che il principio ha una valenza universale e va applicato anche e soprattutto a proposito di tutte le aggregazioni, contro le molte prevaricazioni stataliste (il caso tipico è, in Italia, quello della scuola).

 
4° il principio della laicità dello Stato
Lo stato è davvero laico quando non impone a nessuno una particolare concezione filosofica, teologica o culturale e quando non identifica il suo ordinamento giuridico con le prescrizioni di una determinata aggregazione.
Lo Stato moderno non può essere "confessionale" in nessun senso: non in senso religioso (per esempio cattolico, ebraico, musulmano); non in senso scientistico o materialistico; non in senso laicistico, se per laicismo si intende – come spesso è dato di riscontrare – una particolare concezione, immanentisticamente ispirata, che rifiuta i valori trascendenti o li vuole confinati nel segreto dei cuori. Ovviamente, secondo questo principio, non ci potranno essere "religioni di Stato". Questo però non vuoi dire che si possa contestare o anche solo ignorare il fatto che il cattolicesimo è la religione storica del popolo italiano e la fonte preponderante della sua identità nazionale.

5° il principio della libertà effettiva delle persone e delle aggregazioni
La libertà dei singoli cittadini è analiticamente descritta e minuziosamente tutelata dagli articoli 15-28 della Costituzione italiana. Ma è indispensabile che anche alle varie aggregazioni sia garantita la concreta possibilità di esistere con pienezza nella identità prescelta; di proporre agli altri le proprie convinzioni di educare secondo il proprio "credo"; dì fare esperienza di vita associata in coerenza con la loro matrice ideale e le loro tradizioni, sempre nell'ambito del bene comune e nel rispetto delle libertà altrui.

INDEROGABILIT À DI QUESTI PRINCIPI
L'accettazione leale di questi princìpi da parte di tutti e la loro volonterosa applicazione nella vita sociale e politica darà all'Europa quell'''anima'' che le è indispensabile perché possa avviare con un po' di fortuna questa sua nuova storia.
Che cosa dire di quelli che da altri continenti vogliono entrare in Europa?
Non c'è per nessun popolo il "diritto di invasione" nei confronti di un altro popolo:
questo va ribadito con chiarezza e senza ambiguità. Tuttavia potranno essere accolte e integrate nella Comunità europea – non a caso, ma secondo un disegno anche genti di lontana provenienza etnica e culturale, purché col rifiuto delle sopraddette regole fondamentali non costituiscano un corpo estraneo in questo nascente organismo.

L'APPORTO DEI CRISTIANI
Quale potrà e dovrà essere l'apporto specifico dei cristiani nella costruzione della nuova Europa? Essi saranno tanto più utili alla causa comune quanto più resteranno se stessi e irradieranno con umile e gioiosa semplicità la luce delle certezze che il Signore, nella sua misericordia, ha rivelato all'uomo perché l'esistenza sulla terra fosse plausibile e ricca di senso.
AI relativismo scettico, che tutto vanifica e tutto inaridisce, i cristiani opporranno la forza intrinseca della verità salvifica e la passione per la sua ricerca instancabile.
All'eclissi della ragione risponderanno con l'intelligenza illuminata dalla fede, che ci consente di distinguere l'autenticità dell'essere dalle ideologie, dai sofismi, dal primato dato alle apparenze. Dimostreranno così che si può ancora – e si deve – distinguere il vero dal falso, il bene dal male, ciò che è conforme e ciò che è contrario alla natura dell'uomo, che non è deformabile e non è manipolabile da parte di nessuno.
Davanti all'assurdità di un pellegrinaggio terreno che si conclude nel niente, i cristiani faranno brillare la speranza ragionevole e bella di un destino di vita senza fine. Nel campo più specificamente etico e comportamentale, il mondo cattolico è chiamato a tener deste e a rendere sempre più beneficamente influenti, entro la comunità di popoli che sta faticosamente compaginandosi, le antiche verità esistenziali insegnateci dal Vangelo, circa l'istituto del matrimonio, la realtà fondamentale della famiglia, il principio della sacralità e della intangibilità della vita umana innocente.

 

IL TIMONE  N. 85 – ANNO XI – Luglio/Agosto 2009 – pag. 48 – 49

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista