"Ad Jesum per Mariam". Pregare la Madre di Dio è la strada più facile per arrivare al cuore di Cristo.
Così il Rosario ci aiuta a contemplare il volto di Gesù.
Prima di fare riferimento al Rosario, il quale a ragione viene considerato come la preghiera tipicamente mariana, sembra doveroso premettere che, fin dalle origini del cristianesimo, sia in Oriente che in Occidente, tutti i secoli sono stracolmi di preghiere rivolte alla Madonna. Basti pensare, ad esempio, ai graffiti che si trovano sui muri di un edificio giudeo-cristiano a Nazareth in Palestina. Sostanzialmente si tratta di preghiere rivolte alla Madonna.
La più antica testimonianza di preghiera rivolta a Maria resta, comunque, il Sub tuum praesidium, un'antifona mariana, la quale, al più tardi, risale al III secolo. Si è, quindi, di fronte a una enorme ricchezza di preghiere mariane, naturalmente scandite con differenti accentuazioni, a seconda della evoluzione dei tempi e della storia degli uomini di ogni epoca.
In ogni modo, si è cercato sempre di evitare che le preghiere rivolte alla Vergine si trasformassero in un assoluto, senza un richiamo, cioè, alla comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, secondo quelle linee che successivamente sarebbero state tracciate dall'esortazione apostolica Marialis cultus (2 febbraio 1974) di Paolo VI: «esprimere chiaramente, nel culto mariano, la nota trinitaria e cristologica» (1 e 23).
È doveroso accennare inoltre a un fatto incontestabile nel mondo di oggi: la necessità di conoscere le vere ragioni per cui bisogna pregare la Madonna e soprattutto capirne il senso. Ecco perché non si può fare a meno di sottolineare alcuni imprescindibili aspetti del culto mariano: apertura al piano di Dio, raggiungimento del cuore di Dio attraverso mediatori, comunione con la Chiesa dei Santi, relazione fiduciosa con Dio, pedagogia di vita evangelica.
Accogliendo Maria come dono del Cristo morente sulla Croce, ci si apre al piano di Dio; servirsi di Maria per arrivare ancor meglio al cuore del Figlio costituisce un grande "atto di fede"; apertura alla comunione con il Cielo e la Terra e cioè con Dio e con i fratelli; abbandono mistico specialmente nei momenti di depressione che, purtroppo, attanagliano crudelmente l'uomo di oggi ed infine l'accettazione di Maria come la più completa risposta alle attese del Cristo, attraverso una perfetta imitazione di Maria nel suo cammino di fede sulla terra.
Non è chi non veda, pertanto, come la preghiera mariana debba essere veramente piena di valori. Proprio in riferimento a questi ultimi, a modo di esempio, riportiamo per intero la prima preghiera liturgica mariana, cui già è stato fatto cenno: «Sub tuum praesidium confùgimus,/ sancta Dei Génetrix;/ nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus;/ sed a periculis cunctis libera nos semper,/ Virgo gloriosa et benedica» (Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o vergine gloriosa e benedetta).
Altre preghiere liturgiche mariane molto belle sono: la Salve Regina, l'Alma Redemptoris Mater, l'Ave Regina Caelorum e la Virgo parens Christi. Senza dimenticare la recita dell'Angelus e del Regina Coeli.
Il Rosario, contemplazione con Maria del volto di Cristo
Il Rosario non è sorto tutto d'un colpo. Tale preghiera mariana ha avuto, anzi, un lungo periodo di gestazione. Sappiamo che è apparso dapprima come Salterio della Beata Vergine Maria verso l'anno Mille, quando ancora molti laici erano illetterati o addirittura analfabeti e, quindi, non erano in grado di recitare i 150 salmi del Breviario. Anche l'attuale struttura: la seconda parte dell'Ave Maria (Santa Maria, ecc.), il Gloria e la divisione in decadi sarebbero venute gradualmente.
A parte il grande interesse che ebbero per il Rosario Paolo VI e molti altri pontefici prima di lui, spetta a Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002, l'iniziativa non di cambiare il Rosario, ma di rinnovarlo, migliorarlo e renderlo più attraente, passando dall'aspetto fenomenico della recita alla sua forma profonda di contemplazione. «Con esso il popolo cristiano – egli ha scritto – si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all'esperienza della profondità del suo amore».
Le decine, invece di 15 diventano 20: alla contemplazione dei misteri della gioia, del dolore, e della gloria si aggiungono quelli della luce o luminosi. Da allora, il tempo per sgranare le venti decine del rosario lo avremmo occupato meditando le grandi verità della nostra fede e soprattutto estasiandoci del volto di Cristo, e quindi, seguendo passo passo questa magnifica epopea cristiana.
È vero che, quando si ha tra le mani la corona del rosario, il passaggio da un grano all'altro sembra un gioco di bambini, ma questo non deve assolutamente turbarci. Viene subito alla mente il «Se non diventerete come bambini…»; senza considerare il fatto che proprio ai bambini piace non poco, quando sono educati nella fede, la recita del Rosario.
In effetti, se si riesce a comprendere l'invito a contemplare il volto di Cristo, recitando le "Ave Maria", si è colto veramente il metodo più efficace e più attraente di recitare il Rosario, perché soltanto allora Dio parla dentro di noi, mentre le labbra si muovono. Ed anche noi ci rendiamo conto di essere avvolti e coinvolti nel mistero che si impadronisce della nostra anima e di tutta la nostra vita.
Ben presto ci accorgeremo che anche la ripetizione dell'Ave Maria costituisce l'ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri; il volto di Gesù che contempliamo è quello stesso volto che la successione dei misteri ci propone: il Volto del Figlio di Dio, nato a Betlemme dalla Vergine Maria. Anche la recita del rosario costituisce, quindi, un tipo di culto rivolto a Maria, una preghiera per eccellenza, che, secondo quanto viene affermato nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 198), differisce essenzialmente dal culto di adorazione prestato soltanto alla Santissima Trinità, ma è certamente particolare espressione di venerazione. È per questo che la Chiesa, con la luce della fede che illumina il popolo cristiano, raccomanda moltissimo tale pratica specialmente nell'ambito delle famiglie, come autentica manifestazione della pietà popolare e come momento più indicato per la preghiera destinata ad alimentare la vita stessa dei fedeli.
Ed allora, rivolgendo la nostra preghiera alla Madonna, non si manchi mai di fissare i suoi occhi splendenti, dicendole: «Non volere, o Madre del Verbo, disprezzare le nostre preghiere, ma ascoltaci propizia ed esaudiscici» possibilmente ripetendo a memoria il «Memorare, o piissima Virgo Maria, non esse auditum a speculo, quemquam ad tua currentem praesidia, tua implorantem auxilia, tua petentem suffragia, esse derelictum» (Ricordati, o piissima Vergine Maria, non essersi mai udito al mondo che alcuno abbia ricorso al tuo patrocinio, implorato il Tuo aiuto, chiesto la Tua protezione e sia stato da te abbandonato)!
Quel che di più è importante, però, è il rivolgersi a Maria con grande umiltà e devozione, ma soprattutto con confidenza, portando sulle labbra il saluto dell'angelo, possibilmente, almeno talvolta, a mani aperte e a capo chino, con gioia. È un saluto povero di parole, ma ricco di misteri, quello che le si rivolge; breve come formula, ma profondo come contenuto.
Ecco il valore immenso dell'Ave Maria, la quale, tra le preghiere rivolte alla Vergine, rifulge come preziosissima perla o come il fiore più profumato e più bello che le si possa offrire.
BIBLIOGRAFIA
Stefano De Fiores, Maria. Nuovissimo Dizionario, 2 voli., EDB, 2006.
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 963-976.
Dossier: La preghiera
IL TIMONE N. 79 – ANNO XI – Gennaio 2009 – pag. 44-45