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5.12.2024

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Più “buoni” di Gesù?
31 Gennaio 2014

Più “buoni” di Gesù?

 

 

 

 

 

Pericolosa e sottile tentazione, travestita da Cristianesimo: abrogare la pena, non punire il colpevole. Sempre, per qualsiasi delitto.
Un nuovo “buonismo” alletta anche i cristiani. Attenti a non essere più buoni di Cristo.

Nessuno tocchi Caino” è il nome di un’associazione che si oppone alla pena di morte, non solo: che esige l’abolizione dell’ergastolo, e in genere non vuole pene “afflittive”; anzi contesta il diritto dello Stato a far soffrire i criminali. Il riferimento biblico (nella Bibbia è Dio che ingiunge “nessuno tocchi Caino”, il fratricida, già punito da Lui con l’esilio) può far credere a un’associazione cristiana. Di fatto, è formata da radicali. Tuttavia non pochi cattolici aderiscono alle sue idealità, perché le credono buone. Non è forse “buono” perdonare il criminale? Non è cristiano?
Attenti a non essere più buoni di Cristo. Gesù è stato crocifisso, come dice la Chiesa, a espiazione dei nostri peccati. Non so se comprendiamo le terribili implicazioni di questo fatto. Noi, tutti noi, meritiamo rigorosamente quella pena – la crocifissione -, condanna capitale romana, e la più afflittiva che esista. Gesù vi si è sottoposto al posto nostro. Capite che cosa significa? Che la pena per il male fatto è indispensabile. “Deve” essere comminata. Il male compiuto “deve” essere pagato. Può pagarlo un altro al posto del vero colpevole, per amore e liberamente; ma in sé la pena non può essere condonata.
Strano e terribile. Gesù moltiplica i pani, resuscita i morti. Ma un miracolo non può fare: abolire la pena. Quando dice all’adultera: “Nemmeno io ti condanno”, la purifica, e la donna, per i meriti del sangue di Cristo, torna in grazia di Dio. Ma è inteso (la Chiesa lo insegna) che essa dovrà ancora scontare un’afflizione, per il male fatto e perdonato, nel Purgatorio. Gesù lava il peccato, ma non l’espiazione. Al massimo, può prendere la pena nostra su di sé; non ne esenta nemmeno se stesso. Perché non può? Piuttosto, non vuole. Perché Gesù ci ama, e ci ama precisamente per quel che siamo: esseri liberi. “Libero” significa “responsabile”. E responsabile significa: che risponde delle sue azioni. Una tigre che ammazza un bambino allo zoo non è responsabile, non è libera di non fare quello che ha fatto. Non ha senso punirla. La si abbatte magari, ma senza processo, come “misura cautelativa”. L’uomo invece è responsabile. Lasciarlo senza punizione se uccide, o viola una persona (o i suoi beni), non significa amarlo: al contrario, lo si considera un essere incapace di responsabilità. Significa trattarlo alla stregua di una tigre, insomma: negare la sua dignità di uomo.
Il diritto penale è il sistema che reintegra l’omicida, lo stupratore, il ladro, nella sua dignità di essere libero, a cui è venuto meno agendo come una belva. Il sistema della giustizia penale – come tutti i “sistemi”, anche il sistema della fisica, o l’astronomia – si basa su una legge impersonale. Che al delitto debba essere comminata una pena equivalente, è la legge oggettiva del diritto: la libera volontà di chi ha abusato di essa, a danno di altri uomini liberi, deve essere coartata in modo equivalente. Non a caso si parla di “bilancia della giustizia”: la legge del diritto (come le leggi della fisica) si basa su una simmetria. “Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”. Se lo fai, ti sarà fatto ciò che tu non vuoi.
Pochi oggi lo capiscono. I più, credono che la punizione giudiziaria sia un residuo dell’antica vendetta privata. Per questo, quando un delinquente uccide un orefice, tutti chiedono ai familiari dell’ucciso: perdonate? I poveri familiari insistono: vogliamo giustizia. Spesso con imbarazzo, perché non sembrano “buoni”. Invece, hanno ragione loro. Il perdono degli offesi non estingue l’azione penale sul colpevole. Né il pentimento del criminale lo esenta dal dovere di “riparare” scontando la pena. Persino in quel mite “giudizio penale” spirituale che è la Confessione, il pentimento del peccatore non basta. Per essere assolto, deve anche scontare una “penitenza”. Tanto più lo Stato ha il dovere di punire.
Perché punire non è un diritto, ma un dovere. La pena è “dovuta” al reo, per reintegrarlo nella società e tornare a rispettarlo come uomo. La distinzione è essenziale: ai diritti si può rinunciare, al dovere no.
Persino i magistrati, ormai, non lo capiscono. Credono di avere il diritto di punire, mentre ne hanno il dovere. Peggio: credono che il diritto penale esista per difendere lo Stato. È vero il contrario: lo Stato esiste per difendere il diritto penale, ossia quel sistema che garantisce la libertà e la dignità di ciascuno. Per questo, le statue della Giustizia tengono con una mano la bilancia, e con l’altra una spada: la spada è la forza pubblica, la forza coercitiva necessaria per esercitare il dovere di punire. In questo senso san Paolo dice: “Non invano Cesare porta la spada”. Il perché è chiaro. Cristo stesso non ha abolito, ma confermato il diritto penale: ha accettato, lui innocente e al posto nostro, che la forza atroce del diritto penale di Roma fosse applicata a lui stesso. Difatti, nel “sistema” cristiano esiste l’Inferno, l’eterna punizione, la suprema condanna a morte. Per due millenni, la Chiesa ha confermato la “legge dell’amore”, ma nello stesso tempo aderisce al diritto romano. Al diritto naturale presidiato dalla spada, dalla forza pubblica. Anche per questo motivo la Chiesa si chiama cattolica e “romana”.
Sembra una contraddizione. Se vige la “legge dell’amore”, se tutti gli uomini si amano, le leggi penali non servono. Ma la Chiesa, e Cristo, sanno che il male esiste. Che la legge dell’amore c’è già, ma anche “non ancora”, perché il Regno promesso “non è di questo mondo”.
In questo mondo resta il dovere cristiano di difendere i deboli contro i forti e i prepotenti. Lo Stato deve far argine al male: “frenare l’Anticristo”, nelle parole cristiane di San Tommaso, col diritto presidiato dalla forza pubblica.
Uno Stato che rinuncia al suo dovere penale è una manifestazione dell’Anticristo. S’è visto nella storia recente. Uno dei primi atti di Lenin fu di abolire, nella Russia sovietica, la pena di morte. Mao Tse-Tung abolì l’intero diritto penale. Da comunisti, erano convinti che nessun uomo è colpevole, perché nessuno è libero, bensì condizionato dalle sue condizioni economiche; inoltre, il comunismo auspicava la fine dello Stato, cioè dell’imperio del diritto, per sostituirlo con una specie di nuova “legge dell’amore”: date “a ciascuno secondo i suoi bisogni”; e automaticamente tutti gli uomini vivranno in armonia.
Non è stato così. Urss e Cina hanno mandato a morte milioni di uomini, e per lo più (essendo stato abolito il diritto) senza processo e senza difesa. Le condanne (milioni) non erano comminate dal sistema giudiziario, ma “per via amministrativa”, ossia dalla polizia politica. Così s’è visto che uno Stato che spregia il diritto, diventa uno Stato satanico. Usa la spada di Cesare per sterminare innocenti.
Può accadere anche a noi, oggi, nello Stato Italia. Il “buonismo” può essere la forma estrema dell’Anticristo, proprio di quell’Iniquità che, previde San Paolo, si atteggerà a Bontà assoluta, e dirà di essere il Vero Bene, il vero Dio. (anche Giuda era “più buono” di Cristo, voleva dare ai poveri il costoso profumo destinato a Dio). Perciò non facciamoci prendere da complessi di colpa verso chi ci ingiunge: “Nessuno tocchi Caino”. Ci ingiungono di lasciare i deboli, i poveri e gli innocenti alla mercé dei forti e dei prevaricatori.
Ci chiedono di collaborare con l’Anticristo. Invece, è cristiano esigere che ogni colpevole sia, se possibile, punito giustamente.
Come cittadini cristiani di uno Stato, non è un nostro diritto. È nostro dovere.
RICORDA
“Per riconoscere l’Anticristo nella sua vera natura, l’elemento decisivo è il suo rapporto con la persona dell’Uomo-Dio crocifisso e risorto. Su tutti gli argomenti egli può parlare quasi come un autentico discepolo del Signore, anzi come il Signore stesso di cui assumerà le sembianze e il linguaggio; ma a proposito dell’evento salvifico dell’incarnazione e della redenzione non gli è consentito di assimilarsi. Si sa che il cristianesimo non è primariamente un sistema di idee, è un fatto: può dirsi cristiano senza ambiguità non chi condivide in qualche misura e per qualche aspetto la dottrina evangelica, ma chi accoglie il fatto cristiano”.
(Giacomo Biffi, Attenti all’Anticristo! L’ammonimento profetico di V. S. Solovev, Piemme, Casale Mon.to 1991, p. 9).

BIBLIOGRAFIA

Giacomo Biffi, Attenti all’Anticristo! L’ammonimento profetico di V. S. Solovev, Piemme, Casale Mon.to 1991.
Robert Benson, Il padrone del mondo, Romanzo, Jaca Book, Milano 1987.
Vladimir Soloviev, Il racconto dell’Anticristo, in I tre dialoghi, Marietti, Milano 1975.

 

IL TIMONE N. 12 – ANNO III – Marzo/Aprile 2001 – pag. 4-5

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