Molti ritengono che le emozioni siano forze impetuose che sottomettono completamente l’uomo togliendogli la libertà. Invece siamo in grado di intervenire su di esse. Ecco alcune strategie
1) Posso cercare di verificare e correggere le credenze che stanno alla base delle mie emozioni (ad esempio, posso rendermi conto che l’offesa che credevo di aver ricevuto non è stata un vero torto; posso cercare di tener presente che ho sì subito un torto, ma che anche io non mi sono comportato in modo cristallino; posso cercare di tener presente che chi mi ha offeso sta passando un brutto periodo, ha trascorso una vita infelice, ecc.).
2) Posso (almeno a volte) cercare di rimuovere/indebolire certe emozioni distogliendo l’attenzione dalle cose e/o persone che me le suscitano (per esempio, se sono colto dall’odio, che mi divora, posso cercare, almeno in parte, di non stare a pensare a colui che mi suscita odio, focalizzando il mio pensiero su altre cose, attività, interessi).
3) Posso cercare di produrre certe emozioni industriandomi di incontrare la persona, di vedere il luogo, di ascoltare la musica, compiere l’attività, il lavoro ecc., che me le suscitano.
Per esempio un’emozione estetica, prodotta dalla fruizione di un’opera d’arte, può provocare in una situazione emotiva un’interruzione e talvolta un’inversione di tendenza.
È altresì importante sottolineare la capacità di alcune persone di contagiare le altre: nella relazione con l’altro, se egli, per esempio, «è traboccante di forza e freschezza, qualcosa passa in me, sperimento un influsso “vivificante”» (Edith Stein), cioè ci sono alcune persone che hanno «qualcosa di simile alla luce e al calore che a primavera fanno sì che la natura si risvegli» (De Monticelli).
Da rilevare anche l’efficacia del lavoro, non solo per distogliere la propria attenzione dall’esperienza, persona, evento, ecc. che mi suscita certe emozioni, ma anche perchè il lavoro efficace (come ha sottolineato Hegel) conferisce il sentimento positivo della propria abilità e del proprio valore.
4) Posso cercare, almeno in parte, di rimuovere/indebolire certe emozioni cercando (se e quando è possibile) di non vedere le persone («occhio non vede, cuore non duole», come dice la saggezza popolare), di non passare per il luogo, di non ascoltare la musica, ecc., che me le suscitano.
Posso cercare di non farle sorgere anche compiendo attività simili a quelle del punto 3, mediante cioè una strategia in cui certe emozioni occupano la scena della psiche, togliendo spazio ad altre, a quelle che non voglio provare.
5) Posso anche (come ha dettagliatamente mostrato von Hildebrand) influenzare indirettamente le emozioni mediante la volontà. In effetti, è vero che non sono in grado di produrre direttamente una mia emozione con un semplice atto del volere (mentre invece, sono in grado di voler volere), ma posso voler cercare di compiere attività come quelle menzionate al punto 3, attività che producono certe emozioni.
Inoltre, posso approvarle-identificarmi con esse oppure disapprovarledissociarmi da esse. Spesso si pensa che, per esempio, un uomo in collera debba solo reprimere gli atti a cui la collera lo inclinerebbe e le altre espressioni esterne di questa emozione.
Ma la volontà può anche, in una certa misura, plasmare questa ed altre emozioni, «dal di dentro», appunto disapprovandole/approvandole. L’approvazione e la disapprovazione non hanno per oggetto la nascita o la sparizione di un’emozione, non la possono far sorgere o far tramontare, bensì la presuppongono. Però la possono modificare. Se provo gioia per un incidente subito da un uomo verso cui provo odio, posso almeno condannarla come negativa, posso dissociarmi.
Ciò è possibile grazie alla trascendenza della coscienza rispetto ad esse (che si vede anche dal fatto che siamo in grado di descriverle): «le emozioni accadono nell’uomo, ma […] egli ne è cosciente e grazie a questa consapevolezza in un certo senso le controlla» (Wojtyla).
La disapprovazione-dissociazione dell’emozione non la sradica, però la modifica: lo stesso avviene se io acconsento ad un’emozione e mi «crogiolo» in essa. La disapprovazione indebolisce l’emozione, mentre l’approvazione la alimenta.
E l’approvazione/disapprovazione dipende dalla volontà e attiva un nucleo molto profondo della libertà.
Se poi distinguiamo le emozioni dai sentimenti, possiamo forse dire che questi ultimi sono più radicati in noi, e ricadono molto più delle emozioni sotto il nostro potere, perché la volontà può consentire loro di radicarsi o meno: una cosa è l’emozione immediata della collera, un’altra cosa il sentimento permanente dell’odio, una cosa è l’amore-emozione, un’altra cosa è l’amore-sentimento.
Riprendiamo qualche esempio di messa in atto di queste strategie da Daniel Goleman.
Ad esempio, la collera può essere disinnescata vagliando criticamente i pensieri che la alimentano: di solito lo scoppio di ira iniziale viene incoraggiato e confermato dal nostro primo iniziale giudizio, mentre le successive rivalutazioni possono spegnere o smorzare le fiamme. Anche la tempestività dell’intervento conta: quanto più presto si discutono le proprie credenze, tanto più esso può risultare efficace.
Sempre per disinnescare la collera, può essere utile raffreddarsi fisiologicamente, aspettando che l’ondata di adrenalina si estingua, spostandosi in un posto dove ci siano scarse probabilità di imbattersi in fattori che scatenano l’ira. Nel corso di una lite, ad esempio, è utile allontanarsi qualche tempo dagli altri, cercando nel frattempo di distrarsi. Ci sono poi attività fisiche e tecniche di rilassamento e respirazione.
Per ciò che concerne la preoccupazione-ansia, non serve quasi a nulla limitarsi a dire «non preoccuparti» alle persone che ne soffrono.
Piuttosto, è utile cercare di riconoscere quanto prima i fattori che la scatenano, le immagini ed i pensieri che la producono, in modo sia da monitorarli e da esercitare delle tecniche di rilassamento, sia da analizzarli criticamente.
Infatti, i pensieri che generano ansia possono essere messi talvolta efficacemente in discussione («l’evento che io temo è molto probabile che si verifichi?», «ci sono delle misure per contrastarlo?», «è veramente utile indugiare su questi pensieri ansiogeni?»). Quando si concede ad un pensiero ansiogeno di ripetersi all’infinito senza cercare di metterlo in discussione, a poco a poco il suo potere persuasivo aumenta; mentre quando lo si mette in discussione è possibile che la sua potenza diminuisca.
Ovviamente, come dice già Aristotele, le emozioni radicate in età precoce sono molto inveterate e, qualora siano negative, liberarsene è molto difficile. Ciò evidenzia quanto siano influenti l’educazione infantile, gli incontri e le persone che ci hanno fatto crescere, fermo restando che l’uomo conserva la libertà umana e la capacità di trascendere sia i condizionamenti culturali, sia quelli delle figure di riferimento dell’infanzia.
BIBLIOGRAFIA
IL TIMONE N. 87 – ANNO XI – Novembre 2009 – pag. 54 – 55
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