MONDO REAOLE E/O IDEALE
Il mese scorso, trattando a Radio Maria delle apparizioni di Fatima, ho accennato alla visione dell’inferno. Come è noto, ai tre piccoli che ebbero il privilegio di vedere la Madre di Dio nel 1917 fu mostrato l’inferno. Una visione terrificante, che sarebbe stata insopportabile senza un aiuto soprannaturale.
Una ascoltatrice, pacatamente, mi fece notare che era sbagliato parlare di queste cose, che il Cristianesimo è una religione d’amore e non di terrore, che la fede deve condurre a Dio Padre e non a Dio “castigatore”, che la Chiesa non ha niente da guadagnare richiamando il pericolo che tutti corriamo di dannarci l’anima per l’eternità.
Le ho risposto che aveva torto. Con una considerazione che spero l’abbia convinta.
In una famiglia ideale, quella che esiste solo nei nostri sogni, i figli obbediscono ai genitori spontaneamente, convinti che i genitori esigano rispetto e obbedienza per il loro bene. In tale famiglia, padre e madre non ripetono due volte la stessa cosa e non alzano mai la voce; anzi, si sorprendono della celerità con la quale i figli intuiscono i loro desideri e li mettono felicemente in pratica, appagati soltanto per il dovere compiuto.
In una scuola ideale – aggiungevo – gli alunni non studiano per il voto né per timore di ripetere l’anno, ma perché aspirano ad apprendere il sapere per gustare il bello, il vero e il bene.
Invece, nella famiglia reale, quella che fa i conti con la nostra concretezza di uomini e donne – e di bambini – così come siamo e non come ci piacerebbe che fossimo, le cose vanno diversamente. Così, accade che i genitori si vedono costretti talvolta a minacciare punizioni nel caso i piccoli disobbediscano. O, altrettanto spesso, promettano una ricompensa per incoraggiarli a compiere il loro dovere.
Lo stesso dicasi nella scuola reale, dove – lo abbiamo fatto tutti – si studia a fatica e si studia di più quanto più forte è la mira di un bel voto o la paura di non passare l’esame. Poi, ma soltanto poi, constatiamo che le ore rubate al tempo libero e alla compagnia degli amici per studiare ci hanno fatto bene. Ma ce ne accorgiamo dopo, quando tutto è passato e il risultato è stato raggiunto.
Ora, per tornare alla gentile ascoltatrice, va detto che lo stesso succede nella vita cristiana reale.
Gesù sapeva bene che il cristianesimo è una religione d’amore, anzi: che lo stesso Dio cristiano è amore. Ma sa altrettanto bene che nel campo della fede siamo dei “bambini” capricciosi e testardi, che capiamo le cose sempre troppo tardi e che anche dopo averle capite facciamo fatica a viverle coerentemente. Così, ha pensato bene di ricordarci, ad ogni pagina del Vangelo, che vi è un premio da conquistare (il Paradiso) ed un castigo da evitare (l’Inferno).
Naturalmente, nessuno mette in dubbio l’amore di Gesù per ciascuno di noi. Invece, molti dubitano della nostra miseria spirituale, e non ammettono che, immaturi nella fede come siamo realmente, il desiderio di un premio e la minaccia di un castigo possono spronarci ad operare secondo la volontà del nostro Creatore.
Dunque, non deve stupirci il fatto che, per il nostro bene, Dio ci ricordi di aver preparato per noi una meta inimmaginabile, indescrivibile e infinitamente bella. Ci tratta – e fa bene – come bambini, sapendo che matureremo sempre tardi, ma volendo, ciononostante, giunti alla fine del nostro cammino terreno, accoglierci nel suo regno, in un abbraccio tenerissimo e gioioso. Un volere – il Suo – così forte che non teme di avvertirci dei danni irreversibili e irrimediabili causati dal nostro fallimento.
Non è questo l’ideale di una relazione d’amore tra Dio e le sue creature, dirà qualcuno. Ma noi – si risponderà – non viviamo in un mondo ideale, bensì reale.
E la realtà del Vangelo – e di Fatima – ci parlano di un itinerario di conversione che attraverso il biblico “timore” di Dio culmina nell’amore, attraverso la riparazione prepara il trionfo del Cuore Immacolato della Madre di Dio.
IL TIMONE – N. 54 – ANNO VIII – Giugno 2006 – pag. 3