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10.12.2024

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Preti, pedofilia e celibato tra realtà e mistificazione
31 Gennaio 2014

Preti, pedofilia e celibato tra realtà e mistificazione

 

 

 

Il celibato dei sacerdoti dà fastidio ai laicisti. Che si inventano migliaia di casi di preti pedofili. In USA accusare è un affare economico. Sarà così anche in Italia?

 

 

Sul Corriere della Sera del 26 settembre 1999 lndro Montanelli, in un articolo dove confonde ripetutamente il celibato dei sacerdoti e il voto di castità dei religiosi – forse per dimostrare che, come afferma, “di laicismo non ho bisogno di prendere lezioni da nessuno, perché il mio è a prova di bomba” -, sostiene che “essendo del tutto contro natura, l’astinenza provoca degli sgarri che la Chiesa, finché può, ignora”. Di qui, secondo il noto giornalista, la piaga dei preti “dediti alla pedofilia”. Montanelli, beninteso, non inventa nulla. Ripete un luogo comune assai diffuso – grazie anche a film e romanzi – in tema di preti e pedofilia. Chi pensa che di queste cose “non sta bene parlare” in ambiente cattolico non può poi lamentarsi se i luoghi comuni del “laicismo a prova di bomba” proliferano: e non segue l’esempio del Papa, che sul tema è tornato ripetutamente nel corso dei suoi viaggi in Nord America. Purtroppo come il Papa in questi interventi ha riconosciuto, chiedendo perdono a nome della Chiesa alle vittime e alle loro famiglie -la pedofilia clericale non è un’invenzione dei laicisti. Alcuni casi statunitensi e canadesi hanno avuto grande risonanza, e hanno persuaso singole diocesi e le conferenze episcopali nord americane ad avviare inchieste e a proporre misure preventive. Prima di discutere le statistiche sul punto, e le relative esagerazioni, si deve essere chiari: anche un solo caso di pedofilia nel clero sarebbe un caso di troppo, nei confronti del quale le autorità civili e religiose hanno non solo il diritto ma il dovere di intervenire energicamente. Tuttavia stabilire quanti sono i preti e religiosi cattolici pedofili non è irrilevante. Le tragedie individuali sono difficilmente descritte dalle statistiche, ma il quadro statistico può aiutare a capire se si tratta di casi isolati o di epidemie, e se c’è qualche cosa nello stile di vita del clero cattolico che rende questi episodi più facili a verificarsi di quanto non avvenga, per esempio, fra i pastori protestanti o fra i maestri di scuola laici debitamente sposati.
È proprio vero che si tratta di un’epidemia dalle proporzioni ormai incontrollabili? Si legge spesso che la Chiesa cattolica – almeno in Nord America, dal momento che i casi denunciati sono in numero molto minore in Europa e altrove – ospita una percentuale di pedofili elevata e unica rispetto a tutti i gruppi religiosi dotati di ministri ordinati o di attività educative. Le statistiche che sono fatte circolare – spesso senza troppo preoccuparsi delle fonti – parlano di migliaia o anche di decine di migliaia di casi. Si è sentito dire per esempio ripetutamente in talk show televisivi americani che il cinque o il sei per cento dei preti statunitensi sono “pedofili”. Alcuni talk show – studiati dal sociologo Philip Jenkins in due sue opere sul tema – hanno citato a ruota libera pseudo-statistiche e cifre da cui emergerebbe che il numero dei “preti pedofili” americani è superiore al numero totale di sacerdoti cattolici degli Stati Uniti. Almeno queste statistiche sono certamente false, e devono insegnare a non prendere per oro colato tutti i dati presentati come “statistici” o “scientifici” alla televisione. Negli ultimi trent’anni i casi di sacerdoti cattolici o religiosi condannati per abusi sessuali su minori negli Stati Uniti e in Canada sono di poco superiori al centinaio. Un autore molto critico sul punto nei confronti della Chiesa cattolica, il sociologo Anson D. Shupe ritiene che, sempre nell’ultimo trentennio, i casi di preti nordamericani pedofili possano essere superiori al migliaio e raggiungere forse alcune migliaia. Shupe ammette che le statistiche sono difficili perché, a partire da poche condanne, occorre estrapolare e speculare sulla base di sondaggi su quanti casi non sono denunciati (oggi, certo, meno di ieri) perché oggetto di immediate transazioni, ovvero per malintesa lealtà verso la Chiesa, vergogna o timore di conseguenze negative. Su queste estrapolazioni è in corso un’ accesa discussione: ma in ogni caso siamo lontani dalle “decine di migliaia” di casi evocati dai talk show.
Sulla base dei pochi dati certi – e, molto di più, di quelli ipotetici – si è diffusa l’idea che non è solo di Montanelli – secondo cui responsabile del problema sia il celibato (o il voto di castità dei religiosi), non più tollerabile nella società contemporanea. Attivisti contro il celibato, a una riunione del 1996 della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, protestavano per la presunta esplosione della pedofilia in clergyman con slogan come “È la Chiesa il vero pedofilo”. In realtà, tuttavia, se si usano statistiche omogenee, cioè prodotte dagli stessi ricercatori o istituti o con gli stessi criteri, si scopre che negli Stati Uniti alcune denominazioni ai cui ministri di culto non viene richiesto il celibato (episcopaliani, avventisti) o che non hanno neppure una figura di “ministro” (mormoni) hanno percentuali di condannati e incriminati per pedofilia tra i loro ministri o educa tori simili a quelle della Chiesa cattolica, e lo stesso vale per i maestri laici delle scuole pubbliche. Se l’elemento decisivo fosse il celibato, i ministri e pastori a cui è permesso sposarsi – per tacere dei maestri di scuola laici – dovrebbero avere percentuali di rischio decisamente minori rispetto alla Chiesa cattolica.
È vero che comunità religiose più piccole o che non hanno una struttura gerarchica organizzata su base nazionale – per esempio le denominazioni pentecostali – sono state percentualmente meno coinvolte nel problema della pedofilia dei ministri e pastori, anche se non sono mancati singoli incidenti clamorosi. Questo dato fa riflettere sul fatto che decisivo non è il celibato: sono piuttosto aspetti strutturali e economici. Da una parte, è possibile che un vero pedofilo si “nasconda” meglio ed eluda più facilmente la vigilanza all’interno di una grande struttura. Ma è anche vero che gli studi legali specializzati in questo campo – che negli Stati Uniti non mancano – e le grandi società di assicurazioni che spesso determinano l’esito delle cause (talora preferendo pagare e alzare il premio della polizza, anche quando l’accusato è presumibilmente innocente) attaccano più volentieri lo Stato, nel caso dei maestri delle scuole pubbliche, ovvero la Chiesa cattolica o altre comunità religiose con una organizzazione nazionale e gerarchica. Qui si può attingere per i danni alle ricche casse delle diocesi, al di là delle parrocchie, mentre nelle denominazioni più piccole o dove manca una struttura gerarchica, e ogni comunità locale è indipendente, non si può sperare di ottenere più di quanto è sufficiente a vuotare le casse, spesso magre, di una congregazione locale.
Il fatto che fare causa alla Chiesa cattolica chiedendo risarcimenti per le presunte molestie di preti “pedofili” sia anche un potenziale buon affare nulla toglie, evidentemente, alla gravità dei casi di pedofilia reali e accertati. Ma deve rendere vigilanti nei confronti di casi montati ad arte o fasulli, tutt’altro che infrequenti negli Stati Uniti e di cui qualche segnale fa temere l’«importazione» anche in Italia. Un anticattolicesimo latente in settori importanti della società, ambienti di psicologici e terapisti convinti che tutto quanto i loro pazienti raccontano, specie se sono bambini, sia sempre e necessariamente vero – molti episodi decisi dai tribunali mostrano che non sempre è così: i bambini assorbono facilmente le idee dei loro terapisti – e una mentalità liberai per cui il celibato o i voti non sono politicamente corretti fanno sì che accuse poi dimostrate come false in tribunale siano prese inizialmente sul serio. Tutto questo – ripetiamolo ancora una volta – non nega certamente la presenza di casi dolorosi, sulle cui cause la Chiesa giustamente indaga e si interroga. Ci si può chiedere, per esempio, perché proprio negli Stati Uniti – il paese dove è più forte la contestazione nei confronti del Magistero in tema di morale sessuale anche da parte di teologi che insegnano nei seminari – il problema dei preti pedofili, al di là delle esagerazioni statistiche, sia più diffuso che in Europa.
Il celibato, naturalmente, c’è anche in Europa, e anche questo conferma che non è la causa del problema. La vigilanza in questo delicatissimo campo deve certamente continuare: ma non può essere disgiunta da una parallela vigilanza contro forme di disinformazione laicista e dall’esame attento di ogni singolo caso. Se per i colpevoli in un campo come questo è giusto parlare di “tolleranza zero”, la severità non può essere disgiunta dalla ferma difesa di chi è ingiustamente accusato, ricordando che ogni accusa, tanto più quando è grave e infamante, deve essere adeguatamente provata.

IL TIMONE – N. 4 – ANNO I – Novembre/Dicembre 1999 – pag. 6 – 7

 

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