Che cosa è il protestantesimo? Le origine di un’eresia nata per opporsi al cattolicesimo e una lettura critica di questo fenomeno religioso che ha spaccato l’unità della cristianità europea.
Sotto il nome di «protestantesimo» sono rubricate molte denominazioni e comunità. Nel 1991 lo storico americano Martin Marty scriveva che nel mondo si contavano 21.104 diverse denominazioni «protestanti» e che il numero si accresceva in ragione di cinque alla settimana. Di fronte a tale grande varietà, alcuni negano che sia possibile dare una definizione precisa del protestantesimo. Ma il sociologo francese Jean-Paul Willaime richiama l’attenzione sul fatto che il protestantesimo nasce e si definisce – anche al di là delle intenzioni soggettive dei suoi primi fondatori – in opposizione al cattolicesimo. In particolare:
a) il modo di elaborazione della verità religiosa è diverso da quello cattolico, in quanto insiste sulla sola Scriptura, cioè sulla Bibbia come sola autorità in materia di fede e di vita ecclesiale;
b) dal punto di vista dell’esperienza religiosa il protestantesimo privilegia l’esperienza individuale del credente rispetto all’inserimento in una comunità strutturata e gerarchica;
c) infine, dal punto di vista della concezione dell’autorità, il luogo della verità non è più nell’istituzione in quanto tale, ma nel messaggio proclamato da questa istituzione. Per giudicare se il messaggio è proclamato «correttamente», è costruita socialmente la figura del «pastore» come «specialista» della Bibbia, persona che conosce meglio la Sacra Scrittura di quanto non la conoscano i singoli fedeli, in virtù dei suoi studi e della sua erudizione o in virtù della sua esperienza di fede particolarmente intensa e del suo carisma. Anche se alcune confessioni protestanti hanno istituito il ministero dei vescovi, in ogni caso l’autorità non è istituzionale ma personale; non deriva da un’impostazione gerarchica, ma dalla competenza teologica o carismatica.
Secondo categorie proposte dai sociologi americani Rodney Stark e Roger Finke, nella versione precisata da Massimo Introvigne nel suo I protestanti, è possibile distinguere fra tre protestantesimi:
1) il primo protestantesimo «storico») è costituito dalle comunità nate direttamente dalla Riforma storica anche se in seguito frammentate da numerosi scismi: comprende luterani e calvinisti (presbiteriani), cui si possono per molti versi avvicinare le comunità della Comunione anglicana (chiamate «episcopaliane» negli Stati Uniti);
2) il secondo protestantesimo (chiamato originariamente «evangelico») è costituito dai movimenti di risveglio (o revival) che protestano contro la mancanza di fervore non di rado attribuita al legame troppo stretto con gli Stati europei del protestantesimo storico;
3) il terzo protestantesimo è costituito dai movimenti che considerano ormai troppo «istituzionalizzate» e fredde le stesse comunità del secondo protestantesimo. Rientrano in questa terza ondata protestante vari tipi di «Chiese libere», i cosiddetti movimenti «di santità», le correnti perfezioniste, e anche il fondamentalismo, che è una tendenza che attraversa tutte le comunità protestanti, più antiche o più recenti.
A questi tre tipi si aggiungono il protestantesimo pentecostale, il filone che deriva dalla Riforma radicale e il filone avventista; una posizione particolare occupa poi la cosiddetta «corrente metafisica».
La storia
La figura che è alle origini della Riforma è quella Martin Lutero (1483-1546). L’itinerario di questo monaco agostiniano tedesco e dei suoi seguaci vede molti episodi significativi su cui si soffermano i testi di storia; fra questi vale la pena di citarne alcuni, che consideriamo come le principali tappe di fondazio¬ne della confessione luterana.
-1513-1514: con l’«esperienza della torre» Lutero comprende che l’uomo non ha, dal punto di vista naturale, alcuna speranza ma è salvato gratuitamente dalla grazia di Dio in virtù della sola fede;
– 1517: con l’affissione di novantacinque tesi alla porta della chiesa del castello di Wittenberg, Lutero denuncia la pratica cattolica delle indulgenze e la teolo¬gia «delle opere» che, a suo avviso, la sostiene.
– 1519: durante una durissima disputa a Lipsia con il teologo Giovanni Eck (1486-1543), Lutero afferma che la sola autorità in seno alla Chiesa è la Scrit¬tura mentre il Papa, i vescovi e i Concili ecumenici non sono necessari alla Chiesa;
– 1520: Lutero brucia pubblicamente la bolla Exurge, Domine (del 15 giugno dello stesso anno), con cui il Papa Leone X (1475-1521) lo dichiara eretico;
– 1530: per quanto l’iniziale itinerario spirituale di Lutero e dei primi seguaci comprenda anche tentativi di evitare una rottura all’interno della cristianità – pur contestando fermamente l’autorità del Papa – con la Confessione di Augusta, in cui vengono esposti i punti cruciali del credo luterano, diventa ormai chiaro che il movimento luterano costituisce una realtà separata dal cattolicesimo.
Dopo la condanna papale, Lutero si allea, contro l’imperatore Carlo V (1500-1558), con un certo numero di principi e di città tedesche, che vedono nel suo movimento di riforma religiosa anche l’occasione per contestare l’egemonia imperiale. Intanto comunità «luterane» si formano in diversi paesi europei, con un successo completo nei paesi scandinavi (Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia) che fra il 1527 e il 1536, con i loro sovrani, passano alla Riforma. A conclusione di un’epoca di guerre, la pace di Augusta del 1555, con il principio cuius regio, eius et religio (con cui si sancisce che il principe o il governo della città avevano il diritto di stabilire quale dovesse essere la confessione religiosa da fare valere nel proprio territorio), determina una situazione tedesca dove coesistono territori cattolici e territori protestanti.
Una lettura critica
Il tema della Riforma protestante apre un amplissimo scenario di possibili considerazioni.
Innanzitutto, notiamo come la grande azione della Chiesa cattolica nel periodo storico della Riforma venga il più delle volte, in molti testi, semplicemente catalogata come «Controriforma». Questo termine starebbe ad indicare il fatto che la Chiesa cattolica, a fronte della Riforma protestante, mette in atto una serie di misure per combatterla e limitarne l’influenza. Tuttavia, l’opera della Chiesa cattolica nel periodo contemporaneo e seguente la Riforma protestante può essere definito «Controriforma” solo in maniera limitativa e parziale, ed è per questo che a partire soprattutto dagli studi di Hubert Jedin (1900-1980) è stata proposta la categoria sostitutiva o – almeno – complementare di «Riforma cattolica”. La scelta, ovviamente, non è di tipo meramente stilistico, in quanto la terminologia veicola in questo caso – la reale comprensione di buona parte dell’opera della Chiesa cattolica in almeno tre secoli. In effetti, la lettura dello stesso Concilio di Trento (1545-1563) nella sola ottica di riaffermazione della fede cattolica contro il protestantesimo è di fatto riduttiva, in quanto tale Concilio è – prima e innanzitutto un profondo momento di rinnovamento ecclesiale e di rielaborazione teologica della dottrina cattolica in seno alla stessa Chiesa. Inoltre, il considerare unicamente l’azione di opposizione alla Riforma protestante non rende adeguata ragione di tutta la portata e il valore – anche dal punto di vista prettamente spirituale – di alcuni grandi eventi, quali ad esempio la fondazione di varie congregazioni di chierici regolari, come quella dei Chierici regolari di San Paolo decollato (detti più tardi Barnabiti) nata nel 1530 ad opera di sant’Antonio Maria Zaccaria (1502-1539), dell’ordine dei Cappuccini ad opera di Matteo da Bascio (1495-1552) e di alcuni frati staccatisi dai Francescani osservanti nel 1525 con l’intento di tornare all’osservanza integrale della Regola di San Francesco d’Assisi (1181-1226), e della Compagnia di Gesù per iniziativa di sant’lgnazio di Loyola (1491-1556). I Cappuccini furono approvati con la bolla Religionis zelus di Papa Clemente VII (1478-1534) nel 1528, mentre l’approvazione dei Gesuiti è legata alla bolla Regimi militantis ecclesiae (1540) di Papa Paolo 111 (1468-1549). Il parlare semplicemente di «Controriforma” non rende poi conto dell’ampio anelito al rinnovamento interno alla Chiesa cattolica e presente già a partire dal tardo Medioevo. Tale anelito ha condotto, verso la fine del XIV secolo – e quindi prima della Riforma di Lutero – alla nascita di movimenti laicali come quello della Devotio moderna, nel cui ambiente è nato quel capolavoro di spiritualità cattolica che è l’Imitazione di Cristo.
Entrando nell’ambito della teologia della storia, una seconda considerazione di carattere generale circa il protestantesimo ci è offerta dal pensatore cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira (1908-1995), all’origine di un importante filone della scuola di pensiero cattolico contro-rivoluzionario, le cui concezioni sono state spesso riprese dal Magistero pontificio, ma non mancano neppure significative convergenze con autori non cattolici. Nel suo classico Rivoluzione e Contro-Rivoluzione egli scrive: «L’orgoglio e la sensualità, nel cui soddisfacimento consiste il piacere della vita pagana, suscitarono il protestantesimo. L’orgoglio diede origine allo spirito di dubbio, al libero esame, alla interpretazione naturalistica della Scrittura. Produsse la rivolta contro l’autorità ecclesiastica […] con la negazione del carattere monarchico della Chiesa universale, cioè la rivolta contro il papato. […] Sul piano morale il trionfo della sensualità nel protestantesimo si affermò con la soppressione del celibato ecclesiastico e con l’introduzione del divorzio» (3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, p. 73).
Un’ultima considerazione può essere ricavata dal lavoro di un autore non «accusabile” di cattolicesimo come Rodney Stark. Nel suo Far the Glory of God. How Monotheism Led to Reformation, Science, Witch-Hunts, and the End of Siavery (Princeton University Press, Princeton 2003) il sociologo statunitense – in base all’analisi accurata di molti dati storici nota come il protestantesimo abbia avuto particolare successo in alcune zone del continente europeo e non in altre. L’interpretazione proposta da Stark va oltre le questioni prettamente politiche (l’interesse dei sovrani, il tipo di governo…): il fattore decisivo è rappresentato dall’assenza di un’opposizione popolare cattolica al protestantesimo, che è tanto più forte quanto più ogni singola area geografica è stata cristianizzata più in profondità e da più antica data. Così, nell’Europa del Nord scandinava, cristianizzata piuttosto tardi e in maniera non troppo accurata, l’opposizione alle scelte protestanti dei sovrani è molto limitata, mentre nell’Europa mediterranea un cattolicesimo popolare forte si oppone (spesso anche in armi) alla protestantizzazione.
Quest’ultima considerazione storica ha il merito di essere attualissima anche per l’uomo d’oggi, che nell’ambito della Nuova Evangelizzazione – risposta e prevenzione alle tante eresie post-moderne – non è quindi solo chiamato a proclamare il Vangelo, ma è spronato a radicare in profondità il messaggio di Cristo e della Chiesa cattolica nella società che lo circonda e nel cuore di ogni uomo.
BIBLIOGRAFIA
Massimo Introvigne, I protestanti, Elledici, Leu. mann (Torino) 1998.
Heiko A. Obermnan, Martin Lutero. Un uomo tra Dio e il Diavolo, Laterza, Roma-Bari 1987.
Erwin Iserloh, Josef Glazik, Hubert Jedin, Riforma e Controriforma. Crisi – Consolidamento – Diffusione missionaria (XVI-XVIII secolo), vol. VI della Storia della Chiesa diretta da Hubert Jedin, Jaca Book, Milano 1975 (5a ristampa: 2001).
IL TIMONE – N. 34 – ANNO VI – Giugno 2004 – pag. 22 – 24