Una riflessione sulla morte, tanto presente spesso a sproposito sui nostri media, eppure tanto relegata fra le cose da dimenticare. invece, l’unione con le anime dei defunti è consolidata in una stupenda comunione di beni spirituali.
Il culto dei defunti nel mondo ebraico
Come è risaputo, secondo il racconto biblico, la morte è subentrata nella vita dell’uomo in seguito al peccato. Dio non ha creato la morte, né la vuole; essa è opera di Satana (Sapienza 1,13).
Si ritiene utile ricordare, inoltre, che successivamente nel mondo biblico sarà molto diffusa la pratica negromantica, cioè il mettersi a contatto con i defunti, mediante la loro evocazione. Così si ha modo di leggere che il re Saul evoca lo spirito di Samuele per conoscere in anticipo quale sarà l’esito della guerra da lui condotta contro i filistei (Samuele 28,7). Tutto questo, per la stessa Bibbia è una cosa illecita, assurda e arrogante: ecco perché i negromanti dovranno addirittura essere messi a morte (Levitico 20,27).
È doveroso riconoscere, comunque, che, nella Bibbia, si è sempre mantenuto il contatto con l’aldilà, anche se non sempre in maniera consentita. La ferma condanna della negromanzia non voleva indicare la necessità di dimenticare i propri defunti. Basti ricordare che nel secondo Libro dei Maccabei, testo riconosciuto canonico dagli Ebrei ed accolto nel Canone della Chiesa Cattolica, vengono raccomandati vivamente i sacrifici espiatori e le preghiere al Signore per le anime dei defunti e per la remissione dei loro peccati (cfr. 2 Maccabei 12,38-45).
La memoria dei defunti nel pensiero cristiano
Sinteticamente se ne parla in uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II, la Costituzione dogmatica Lumen gentium (n. 50): «La Chiesa dei “viatori”, dai primi tempi della religione cristiana, coltivò con grande pietà la memoria dei Defunti, e, poiché santo e salutare è il suo pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati, ha offerto per loro anche dei suffragi».
La Chiesa, cioè, ha tradotto in pratica la raccomandazione contenuta nel secondo Libro dei Maccabei, nella piena convinzione che i sacrifici offerti a Dio per la remissione dei peccati di coloro che, morendo, avrebbero avuto ancora bisogno di purificazione, sarebbero stati efficaci e doverosi.
Si tratta della ben nota dottrina circa l’esistenza del Purgatorio, sintetizzata successivamente nei numeri 1030-1031-1054 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
I fedeli cattolici, infatti, sono tenuti a credere nell’esistenza del Purgatorio, cioè nello stato di quanti muoiono nell’amicizia di Dio, ma benché sicuri della loro salvezza eterna hanno ancora bisogno di purificazione per entrare nella beatitudine celeste. Si entra, così, nel circuito della Comunione dei Santi, che è una delle verità contenute nel Credo e cioè la partecipazione di tutti i membri della Chiesa, cioè di quanti per la grazia so-no uniti al Cristo morto e risorto (Chiesa pellegrinante, Chiesa purgante e Chiesa dei Beati), ai carismi e ai doni spirituali derivanti dalla reciproca carità.
«Così in virtù della comunione dei santi, i fedeli ancora pellegrini sulla terra possono aiutare le anime del purgatorio offrendo per loro preghiere di suffragio, in particolare il Sacrificio eucaristico, ma anche elemosine, indulgenze e opere di penitenza».
Ecco perché la giornata in cui si fa particolare memoria dei nostri cari defunti è molto importante: proprio perché ci ricorda questo aspetto della nostra fede, di non lieve entità teologica e antropologica. Si è convinti, infatti, che il vincolo che ci unisce con i defunti è profondamente radicato nella comunanza della partecipazione alla vita di grazia che scaturisce da Gesù Cristo. Solo le anime dell’inferno, a motivo della loro piena consapevolezza di avversione volontaria di Dio, non rientrano in questa comunione. Ma, poiché il Signore dà a tutti la possibilità di pentirsi fino all’ultimo istante della vita (cfr. Pietro 3,9), noi dobbiamo pregare per tutti i defunti, anche per quanti di loro, durante la propria esistenza sulla terra, si fossero resi colpevoli di orrendi delitti.
Quando un giorno conosceremo il mistero adorabile della vita divina, ci renderemo conto anche del valore sconfinato di questa nostra comunione d’amore. Saremo una sola cosa tutti insieme e avremo la felicità di cantare gloria a Dio con tutte le voci alle quali la nostra sarà unita: «Canterò in eterno le misericordie del Signore». Ricordiamoci, quindi, frequentemente, che la nostra unione con le anime dei defunti non è affatto spezzata, ma è fortemente consolidata in una stupenda comunione di beni spirituali.
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