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11.12.2024

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Ricordo di un maestro
31 Gennaio 2014

Ricordo di un maestro

 

 


 

L'eredità di don Giussani: Cristo è la sola, vera, esauriente risposta alle domande del cuore dell'uomo. La testimonianza di chi lo ha conosciuto bene.

 
 

Ho conosciuto mons. Luigi Giussani nell’autunno del 1957 quando, frequentando la prima classe del corso liceale del liceo Berchet, l’ho avuto come insegnante di religione. E’ nata tra di noi una amicizia intensissima, umanissima e cristianissima che è durata sino al giorno della sua morte, e che continua e si compie quotidianamente in modo nuovo e ancor più definitivo nel mistero quotidiano della grande ed unica comunione dei santi.
L’incontro con lui è stato per me, ma insieme per la mia generazione, la scoperta piena di stupore che la grande tradizione cattolica di cui eravamo figli e che sembrava destinata ad un inesorabile declino, non solo nella vita della società, ma anche nella nostra vita personale, assumeva invece il volto di una proposta di vita concreta, reale, singolarmente pertinente a tutti gli interessi della nostra giovinezza. Il nome stesso con cui mi ha consentito di chiamarlo fin dai tempi della mia università “don Giuss”, raccoglie e sintetizza il livello più profondo e più misterioso della mia vita, là dove la sua presenza e la sua testimonianza hanno agito in profondità sulla mia personalità, innanzitutto preparandola all'incontro con Cristo nel mistero della Chiesa. L'unica preparazione che l'uomo può fare per un incontro con Cristo, che accade solo per Grazia, è l'approfondimento della propria esperienza umana. Come ricordava sempre Kierkegaard «si diventa sensibili al cristianesimo, non approfondendo le grandi questioni cosmologiche o sociali, ma approfondendo il senso della propria personale esistenza». Così siamo stati alimentati dalla grande lezione agostiniana, quella relativa alla inquietudine del cuore e dalle grandi lezioni della grandissima letteratura. E tutto questo innanzitutto ci ha formato come uomini: come senso religioso vissuto, come domanda di verità permanentemente recuperata, come desiderio di una dedizione totale agli uomini e alla storia. Non sento strano ripetere la convinzione tante volte testimoniata da S. Paolo: «lo vi ho generati a Cristo».
Cristo è la grande risposta che Dio dà alla domanda umana; ma se non ci si immedesima in questa domanda, se non si diventa a se stessi una grande questione (S.Agostino: «Factus sum mihi magna questio»), allora la risposta può rimanere assolutamente enigmatica, ultimamente incomprensibile o, addirittura, assolutamente inincidente. Questa cura a formulare e a riformulare nell'esperienza umana nella sua integralità («esperienza elementare» così la definiva) diveniva poi cura per farci «incontrare» Cristo, si poneva di fronte a noi come testimone qualificato di Cristo che, in qualche modo ma realmente, nel gran mistero della Chiesa cui egli apparteneva e di era innamorato, diveniva una presenza carica di accoglienza e di verità.
Cristo all'origine di un modo nuovo di vivere la vita, in tutti i suoi aspetti, nelle sue dimensioni, nella sua innegabile ed inevitabile problematicità.
Nella compagnia ecclesiale che dalla sua testimonianza cristiana nasceva e ci coinvolgeva, è stata possibile una esperienza di compagnia ecclesiale che ha maturato la mia vita alla consapevole critica della fede cattolica, all'energia della carità cristiana, all'impeto della missione.
Per merito e per opera sua, la Chiesa mi ha potentemente educato a sperimentare, nella varietà dei tempi della mia vita, nella dialettica delle circostanze, nelle gioie e nei dolori, nella passione dell'impegno culturale come nella carità pastorale, la straordinaria corrispondenza avvertita fin dal primo momento e progressivamente incrementata fra Cristo e il cuore dell'uomo.
L'esperienza del cattolicesimo come esperienza di una umanità piena: questa è l'esperienza che ho fatto in questi cinquant'anni con don Giussani: ma è propriamente questa esperienza di integrale cattolicità, come esito di un metodo educativo da lui vissuto e comunicato, è propriamente questo il suo dono alla Chiesa. Un dono che si identifica con la vita del popolo che la sua fede ha generato e che, nella memoria di lui, maturerà la sua appartenenza al mistero di Cristo nella Chiesa e la sua volontà di collaborare alla grande missione evangelizzatrice del terzo millennio.

 

 

Confine


parole e musica di Claudio Chieffo
luglio 1994
A Luigi Giussani
cd DI PIÙ 1996

L'uomo fermo davanti al mare aveva occhi di bambino,
ma la faccia segnata dal tempo raccontava il suo cammino.
Era già sera quando i marinai
ritornano col cuore nelle case,
era già sera e cercava un segno:
una vela all'orizzonte che non c'era.
E venne un angelo dal cielo: tra le nuvole una vela…
“Cosa porti viaggiatore? Non ti accorgi che è ormai sera?"
Era già sera quando i viaggiatori
raccontano le storie più segrete,
era già sera… "lo ti porto il cuore, il cuore
e una canzone sempre vera:
ho combattuto la mia guerra , la mia corsa finirò
e conservo la tua Luce come il dono più prezioso!".
L'uomo fermo davanti al cielo vide che non era solo:
mille angeli di Dio accompagnavano il suo volo.
Era già sera e i poeti e i santi
cantavano la gloria del Signore,
era già sera e scendeva il sole
nel mare che accoglieva il suo respiro.

«Mi voleva così bene che ogni volta che riuscivo a fargli sentire una canzone diceva: "Questa è la più bella che hai scritto!" e lo ha detto di tante in questi quarantatre anni di amicizia!
Quando gli cantai la prima volta "Ave Maria, Splendore del Mattino" ero nel suo studio con mia moglie e, al verso "Fa' in modo che nessuno se ne vada", pianse…
Quando gli feci sentire "Confine", dicendo che era dedicata a lui, come alcune altre, mi guardò a lungo, senza parlare, ma parlavano i suoi occhi in un silenzio che era Musica». (Claudio Chieffo)

IL TIMONE – N. 42 – ANNO VII -Aprile 2005 pag. 50 – 51

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