Il cardinale Ratzinger chiede di mettere fine agli abusi odierni in campo liturgico, per riscoprire la bellezza di partecipare al Mistero Sacro. E invita a comprendere le ragioni dei fedeli che chiedono di celebrare la S. Messa secondo il rito di san Pio V. Ultimo libro intervista.
Ne aveva già parlato più volte, aveva persino dedicato un libro intero all'argomento. Ma ora fa accenni ancora più espliciti invitando i confratelli vescovi a essere più "tolleranti" verso quei fedeli che desiderano partecipare alla Messa celebrata secondo il rito di San Pio V.
Joseph Ratzinger, cardinale bavarese, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, custode dell'ortodossia cattolica e più importante collaboratore di Giovanni Paolo II, non ama certo passare per "lefebvriano".
Eppure ormai da anni va dicendo che è necessario un nuovo movimento liturgico e una riscoperta del profondo significato della liturgia: un cammino fatto di piccoli passi, di crescita comunitaria, non di nuove riforme o di improbabili restaurazioni. Da sinistra, Ratzinger viene visto come un rigido e inflessibile "carabiniere", che mantiene una rotta conservatrice al pontificato di Wojtyla e quindi indulge a nostalgie di un passato ormai superato. Da destra viene visto come un custode troppo blando, che parla senza agire e senza raddrizzare le storture della Chiesa. Vale la pena, invece, di conoscere il suo pensiero in materia liturgica e lasciarsi interrogare dalle sue provocazioni. L'ultima occasione è un libro appena arrivato in libreria: s'intitola "Dio e il mondo" (edizioni San Paolo, 426 pagine 42mila lire) e riporta i colloqui del cardinale con un intervistatore, il giornalista tedesco Peter Seewaid. Un capitoletto importante è dedicato proprio alla liturgia: "II Concilio Vaticano II – dice Ratzinger – si proponeva indubbiamente di sostenere le prospettive di crescita e di rinnovamento organico di una Chiesa intesa come soggetto vivo. Non possiamo però fare a meno di constatare oggi l'esistenza di forti tendenze che concepiscono la liturgia come un meccanismo smontabile e rimontabile arbitrariamente, il che è incompatibile con l'essenza della liturgia. L'evoluzione della liturgia non può essere progettata a tavolino da dotte commissioni che valutano l'utilità pastorale e la praticità dei singoli aggiustamenti; bisogna procedere con il dovuto rispetto per ciò che reca in sé il peso dei secoli e valutare con cautela se sia possibile, opportuno e sensato apportare tagli o inserire dei complementi".
Ratzinger critica che si sia giunti al punto che "dei gruppi liturgici imbastiscono da se stessi la liturgia domenicale", perché in questo modo "viene meno il luogo in cui mi si fa incontro il totalmente Altro, in cui il sacro ci offre se stesso in dono". La prima cosa da fare, oggi, per il cardinale è quella di "sconfiggere la tentazione di un fare dispotico, che concepisce la liturgia come oggetto di proprietà dell'uomo, e risvegliare il senso interiore del sacro. Il secondo passo consisterà nel valutare dove siano stati apportati tagli troppo drastici per ripristinare in modo chiaro e organico le connessioni con la storia passata, lo stesso ho parlato in questo senso di riforma della riforma. Ma a mio avviso tutto ciò deve essere preceduto da un processo educativo che argini la tendenza a mortificare la liturgia con invenzioni personali". Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede spiega inoltre che "per una retta presa di coscienza in materia liturgica è importante che venga meno l'atteggiamento di sufficienza per la forma liturgica in vigore fino al 1970. Chi oggi sostiene la continuazione di questa liturgia – dice il cardinale – o partecipa direttamente a celebrazioni di questa natura, viene messo all'indice; ogni tolleranza viene meno a questo riguardo. Nella storia non è mai accaduto niente del genere; così è l'intero passato della Chiesa ad essere disprezzato. Come si può confidare nel suo presente se le cose stanno così?". "Non capisco nemmeno, ad essere franco – ammette Ratinzger – perché tanta soggezione, da parte di molti confratelli vescovi, nei confronti di questa intolleranza, che pare essere un tributo obbligato allo spirito dei tempi". Ratzinger non desidera certo che si ritorni tutti al messale di San Pio V, ma chiede che i vescovi concedano più facilmente la possibilità di celebrare secondo il rito antico per quei fedeli che ne fanno richiesta. Quanto alla lingua della liturgia, osserva: "Tornare a celebrare in latino? In generale, questo non sarà possibile e forse non è nemmeno auspicabile. Direi che quanto meno il servizio della parola deve essere tenuto nella lingua materna. In ogni caso sarei a favore di una maggiore apertura nei confronti del latino. Oggi il latino nella Messa ci pare quasi un peccato. Ma così ci si preclude la possibilità di comunicare tra parlanti di lingue diverse". È appena finito il Giubileo: che bello sarebbe stato se tra le mille iniziative si fosse introdotta per tutti anche quella di recitare o di cantare il Pater noster, l'Ave Maria, il Gloria, il Sanctus e l'Agnus Dei in latino! Che bello se si fossero insegnati a tutti, compresi ragazzi e bambini, secondo l'antica melodia! Sarebbe stato un modo di significare l'unità senza provocare sconvolgimenti nella liturgia riformata dopo il Concilio. La via indicata da Ratzinger è quella giusta: non battaglie di retrovia, non la difesa schematica di una forma liturgica, ma un vero e proprio movimento dal basso per riscoprire la bellezza di partecipare al mistero sacro, a un dono che ci arriva dall'alto e non è frutto della bravura o dell'inventiva del celebrante.
RICORDA
“La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese 'simpatiche', di trovate 'accattivanti', ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l'attualità e il suo effimero, ma il mistero del Sacro. Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere 'fatta' da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne il 'successo' in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade Qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare”.
(Joseph Ratzinger, in Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, Paoline, Cinisello Balsamo 1985, p. 130).
BIBLIOGRAFIA
Joseph Ratzinger (in colloquio con Peter Seewald), Dio e il mondo, Edizioni San Paolo, Milano 2001.
Joseph Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Milano 2001.
Joseph Ratzinger, La mia vita, San Paolo, Milano 1997
IL TIMONE N. 16 – ANNO III – Novembre/Dicembre 2001 – pag. 44-45