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14.12.2024

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Ritorno in Canaan
31 Gennaio 2014

Ritorno in Canaan

 

 

 

 

In tutta la casa del faraone si era ormai diffusa quella straordinaria notizia della venuta dei fratelli di Giuseppe.
Il faraone avrebbe potuto rallegrarsi di quell'incontro e non fare altro. Invece, è sorprendente il fatto che egli disponga che tutta la famiglia di Giuseppe lasci la terra di Canaan e si trasferisca in Egitto. Questo, Giuseppe, non l'aveva chiesto, né avrebbe osato chiederlo. Fu quindi causa di gioioso stupore, per lui, che il faraone stesso disponesse tutto per un trasferimento in Egitto di suo padre e di tutte le famiglie dei suoi figli, dando loro carri, abiti, provviste, asini carichi dei migliori prodotti d'Egitto e di grano, pane e viveri per il viaggio del padre.
È significativa poi l'esortazione di non litigare durante il viaggio che Giuseppe fa ai fratelli nel congedarli. Era facile immaginare che essi si accusassero a vicenda: «voi volevate ucciderlo… siamo stati noi a volerlo vendere a quei mercanti…». Lo stupore, lo smacco, la trepidazione per quel grande pericolo che li aveva terrorizzati, tutto poteva riemergere in quel lungo viaggio di ritorno. E la nobiltà di Giuseppe era stata tanto grande da far risultare ancora di più la bassezza, la malizia, l'invidia e la crudeltà di almeno otto di loro, perché solo Ruben e Giuda volevano salvarlo dalle loro mani.
È difficile, però, che chi ha l'animo malvagio riesca a riconoscersi tale. Se in lui non vi è amore, fruirà del perdono e del bene che gliene deriva dicendo fra sé: «Mi è andata bene.
È spaventosa la situazione spirituale dei figli delle tenebre, ma Gesù dirà che Dio fa splendere il suo sole «sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti».
Quel viaggio di ritorno in Canaan fu certo per tutti particolarmente gioioso. Giunti dal loro padre, gli dicono: «Giuseppe è ancora vivo, anzi governa tutto il paese d'Egitto». Giacobbe, a tutta prima, non crede alle loro parole, ma quando vede i carri che Giuseppe gli aveva mandato per farlo andare in Egitto dice: «Basta! Giuseppe, mio figlio, è vivo. Andrò a vederlo prima di morire».
Non possiamo immaginare quanto siano stati febbrili i preparativi per quel viaggio. Bisognava radunare e condurre anche tutto il bestiame, i greggi e gli armenti, molto numerosi. La gioia dei bambini per quella meravigliosa esperienza dovette essere grande. Sarà corsa voce tra i servi e i pastori che Giuseppe era il re dell'Egitto, confondendo un po' le cose. Quindi niente più fame e sacrifici. Non dovevano esservi rimpianti per una terra che, per quella tremenda carestia, si era resa sempre più inospitale. Finalmente Giacobbe giunse a Bersabea e lì offrì sacrifici a Dio. Di notte il Signore gli apparve e gli parlò: «"Giacobbe, Giacobbe!". Rispose: "Eccomi". Riprese: "lo sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te un grande popolo. lo scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi"».
Queste parole sembrano voler rassicurare Giacobbe. Il Signore gli dice: «Non temere». Giacobbe, infatti, avrà ricordato le parole del Signore quando tornava da Paddan-Aram: «Il paese (cioè la terra di Canaan) che ho concesso ad Abramo e ad Isacco, darò a te e alla tua stirpe dopo di te». Ed ecco che ora il Signore gli dice: «Io certo ti farò tornare», indicando in quel ti non la per-sona di Giacobbe, ma tutti i suoi discendenti.
Il lungo silenzio di Dio era dunque finito. La fede di Giacobbe era stata messa, in quei lunghi tredici anni dalla scomparsa di Giuseppe, a durissima prova. Egli avrebbe potuto pensare: «Perché Dio non mi parla ancora? Perché non mi conforta? Perché mi ha abbandonato?».
Quante volte avrà ripensato al sogno di quella scala che saliva dalla terra al cielo, nel luogo che egli chiamò Betel e alle parole del Signore: «lo sono con te… non ti abbandonerò.. .», e a quella misteriosa lotta con lui che gli aveva lasciato, a ricordo perenne, quella zoppia che gli rendeva penoso ogni passo; e a quelle altre solenni parole: «Israele sarà il tuo nome… popolo e assemblea di popoli verranno a te». Quelle visioni, quelle parole non gli avranno dato forza in quegli anni in cui la cattiva condotta dei suoi figli, la morte di Rachele e la perdita di Giuseppe gli erano stati causa di tanto dolore? In certi momenti di buio per lo spirito umano ci si può chiedere: «Signore, dove sei?». Anche Gesù griderà: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato». Ma ora era venuto per Giacobbe il momento di rialzare il capo. Il Signore, ancora una volta, gli aveva parlato. E la sua gioia era grande.

 

 

 

 

IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 60

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